Giurisdizione ordinaria in materia di quantificazione dell'indennizzo per acquisizione sanante
“In tema di espropriazione per pubblica utilità, la controversia relativa alla determinazione e alla corresponsione dell’indennizzo, globalmente inteso, previsto per la c.d. acquisizione sanante di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42-bis, è devoluta, in unico grado, alla Corte di appello, secondo una regola generale dell’ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità dovute, nell’ambito di un procedimento espropriativo, a fronte della privazione o compressione del diritto dominicale dell’espropriato, dovendosi interpretare in via estensiva il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, tanto più che tale norma non avrebbe potuto fare espresso riferimento a un istituto – quale quello della acquisizione sanante – introdotto nell’ordinamento solo in epoca successiva”.
È quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza del 12 giugno 2018 n.15343, in una vicenda in cui si denunziava un’incongrua liquidazione degli indennizzi dovuti al privato per effetto d’un provvedimento di acquisizione sanante adottato da un’amministrazione comunale, a seguito di un giudicato amministrativo che si limitava ad ordinare al Comune, in alternativa alla restituzione dei beni occupati ai legittimi proprietari e al risarcimento del danno per l’occupazione illegittima, l’acquisizione di uno o più dei beni occupati e il risarcimento del danno ai sensi e per gli effetti di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42-bis, senza nulla statuire in ordine al concreto valore venale dei beni e alle modalità della relativa stima.
In siffatti casi, secondo le Sezioni Unite, non può dirsi che l’incongrua liquidazione degli indennizzi dovuti in relazione alle delibere di acquisizione sanante costituisca di per sè una sostanziale elusione della cosa giudicata amministrativa, tale da radicare la giurisdizione in capo al Giudice Amministrativo (in sede di ottemperanza).