Immatricolazione senza test d'ingresso per laureati italiani
La Prima Sezione del TAR Sicilia di Catania, con la decisione n. 516 dell’11 marzo 2019, ha respinto, ritenendolo infondato, il ricorso proposto avverso il protratto silenzio serbato dall’Università degli Studi dinanzi all’istanza che il ricorrente (già in possesso della laurea triennale in Igiene Dentale) aveva presentato per essere ammesso, senza il previo superamento del test d’ingresso, al corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria, “con valutazione della carriera pregressa“.
Il Giudice Amministrativo etneo, in particolare, prescindendo – in punto di rito – dalla circostanza che l’istanza del ricorrente era stata in effetti “evasa” dall’Università (mediante una nota che comunque indicava un diverso iter per conseguire il trasferimento di sede e ribadiva che l’iscrizione ad anni successivi al primo era in ogni caso subordinata all’esistenza di posti vacanti), è entrato nel merito delle pretese di parte ricorrente, ritenendole infondate.
E ciò, sulla scorta di alcuni propri precedenti (cfr. Sezione I, 9 marzo 2018, n. 518; Sezione I, 23 febbraio 2018, n. 412; sez. I, 31 ottobre 2018, n.2076), nei quali la questione della possibilità (o meno) per il laureato di essere ammesso alla frequenza di anni anche successivi al primo senza sottoporsi al test di ingresso previsto per le ammissioni al primo anno a determinate condizioni, è stata affrontata e risolta “coerentemente a quanto stabilito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.1/2015″.
Con detta decisione – rammenta il TAR etneo – l’Adunanza Plenaria ha invero chiarito come “…in virtù del principio comunitario di libera circolazione, l’accesso agli studi di insegnamento superiore da parte di studenti provenienti da altri Stati membri deve essere sempre garantito, e può subire restrizioni solamente limitatamente a quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dagli Stati membri. Pertanto, atteso che la ratio del sistema introdotto dall’art. 4 l. n. 264 del 1999 (che prevede un test di ammissione per i corsi di laurea a numero programmato) è quella di garantire un’elevata qualità dell’istruzione universitaria nazionale, non risulta strettamente necessario al raggiungimento dei fini perseguiti la previsione di un test di ammissione anche nel caso di trasferimenti presso l’Università italiana di studenti provenienti da Università straniere, considerato che la capacità di tali studenti può essere utilmente accertata (così come avviene per i candidati al trasferimento provenienti da Università nazionali) mediante una rigorosa valutazione della qualificazione dello studente, effettuata in sede di riconoscimento dei crediti formativi acquisiti dai candidati”.
Secondo l’Adunanza Plenaria, infatti, “il trasferimento interviene, sia per lo studente che eserciti la sua “mobilità” in àmbito nazionale che per lo studente proveniente da università straniere, non più sulla base di un requisito pregresso di ammissione agli studi universitari ormai del tutto irrilevante perché superato dal percorso formativo-didattico già seguito in àmbito universitario, ma esclusivamente sulla base della valutazione dei crediti formativi affidata alla autonomia universitaria, in conformità con i rispettivi ordinamenti, sulla base del principio di autonomia didattica di ciascun ateneo”.
Tali principi, espressamente affermati dall’Adunanza Plenaria con riferimento agli studenti stranieri che intendano iscriversi presso un’università italiana facendo valere i titoli conseguiti in altro stato membro dell’Unione, non valgono tuttavia anche per gli studenti italiani che siano già in possesso di laurea conseguita presso altra università italiana e chiedano la valutazione del titolo ai fini dell’iscrizione ad un corso universitario a “numero chiuso” (in tal senso, oltre ai precedenti sopra citati, anche T.A.R. Campania, Napoli, sezione IV, n. 2489/2017).
Piuttosto, osserva ancora il TAR etneo, richiamandosi ancora ai propri precedenti (cfr. anche Sezione I, 10 maggio 2018, n.942; 3 marzo 2018, n. 677), “..laddove … lo studente provenga da altro corso di laurea, il problema si sposta sulla necessità di verificare se e quanto il corso di laurea seguito dallo studente fino a quel momento sia oppure no “affine” a quello presso il quale intende iscriversi, al fine del riconoscimento dei c.d. crediti formativi”.
In ultimo, la richiamata sentenza di questo T.A.R. n. 412/18, riferendosi sempre alla A.P. 1/2015, rispetto all’effetto elusivo alla partecipazione ai test di ingresso, ha rammentato che <<… il problema “elusione”, e quello connesso “intransigenza/lassismo”, si risolvono invero non con la creazione di percorsi ad ostacoli volti ad inibire la regolare fruizione di diritti riconosciuti dall’ordinamento, ma predisponendo ed attuando un rigido e serio controllo, affidato alla preventiva regolamentazione degli Atenei, sul percorso formativo compiuto dallo studente che chieda il trasferimento provenendo da altro Ateneo; controllo che abbia riguardo, con specifico riferimento alle peculiarità del corso di laurea di cui di volta in volta si tratta, agli esami sostenuti, agli studi teorici compiuti, alle esperienze pratiche acquisite (ad es., per quanto riguarda il corso di laurea in medicina, attraverso attività cliniche), all’idoneità delle strutture e delle strumentazioni necessarie utilizzate dallo studente durante quel percorso, in confronto agli standards dell’università di nuova accoglienza.
<<…Peraltro, una generalizzata prassi migratoria (prima in uscita da parte degli studenti che non abbiano inteso sottoporsi o che non abbiano superato la prova nazionale di ammissione e poi in ingresso da parte degli stessi studenti che abbiano compiuto uno o più anni di studi all’estero) in qualche modo elusiva nel senso di cui sopra è da escludersi sulla base dell’indefettibile limite dei posti disponibili per il trasferimento, da stabilirsi in via preventiva per ogni accademico e per ciascun anno di corso dalle singole Università sulla base del dato concernente la concreta potenzialità formativa di ciascuna, alla stregua del numero di posti rimasti per ciascun anno di corso scoperti rispetto al numero massimo di studenti immatricolabili ( non superiore alla offerta potenziale ch’esse possono sostenere ) per ciascuno di quegli anni ad esse assegnato>>.
Da ciò, il rigetto del ricorso ex art. 117 CPA.