Interdittiva antimafia a carico dell’amministratore o del socio (persona fisica)
La Terza Sezione del Consiglio di Stato, con la recente decisione n. 5350 del 14 giugno 2024, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza di prime cure, si è espressa sulla vexata quaestio della interdicibilità o meno della persona fisica, priva della qualità di imprenditore, che ricopre la carica di amministratore sociale o di socio in varie compagini societarie a loro volta attinte da interdittive prefettizie.
La fattispecie e i motivi di ricorso di prime cure e d’appello
L’amministratore unico di una società raggiunta da interdittiva prefettizia, è stato attinto anche in proprio da informazione interdittiva antimafia ai sensi degli artt. 84, commi 3 e 4, 89-bis, 91, comma 6, e 94 d.lgs. n. 159/2011.
Pertanto, dapprima, è stato impugnato il provvedimento dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale competente deducendo, fra l’altro: a) la violazione degli artt. 83, co. 3, lett. d), e 85, commi 1 e 2, d.lgs. n. 159/2011, sul rilievo per cui la persona fisica non possa essere destinataria di un’interdittiva antimafia, se non riveste la qualità di impresa o società); b) la violazione dell’art. 92, co. 2-bis, d.lgs. n. 159/2011, in combinato disposto con l’art.10-bis l. n. 241/1990, relativamente alle garanzie partecipative; c) il vizio istruttorio e motivazionale per insufficienza del quadro indiziario che giustifichi il tentativo di infiltrazione mafiosa; d) la violazione dell’art. 94-bis d.lgs. 159/2011 per mancata valutazione in alternativa di misure di prevenzione collaborativa.
Il Giudice adito in prime cure, nel respingere il ricorso, ha ritenuto che, “…pur tenendo conto del condivisibile orientamento giurisprudenziale, ai sensi del quale l’informativa antimafia di tipo interdittivo non può essere applicata alle persone fisiche, che non sono titolari o direttori tecnici di imprese individuali oppure legali rappresentanti, direttori tecnici, componenti dell’organo di amministrazione, soci unici o soci di maggioranza ..delle società di capitali, soci di società di persone, soci accomandatari ..e componenti del collegio sindacale, va rilevato che dal provvedimento impugnato risulta che il ricorrente è tuttora amministratore unico…”.
Il successivo appello, proposto dall’amministratore, accompagnato anche da istanza cautelare, è stato affidato ai seguenti profili censori: 1) con la prima doglianza, si è ribadita la tesi per cui il provvedimento interdittivo non potrebbe colpire sia la società che la persona fisica ex se (socio o amministratore) priva della qualità di imprenditore o libero professionista, in quanto “…il novero dei soggetti destinatari delle misure interdittive sarebbe tassativo e insuscettibile di estensione analogica se non in spregio del principio di legalità..”; 2) col secondo ordine di censure, seguendo il medesimo “fil rouge”, sono stati rimarcati gli aspetti logico-sistematici che escludono emanazione di interdittiva a carico di persona fisica priva della qualità di imprenditore (anche alla luce dei più recenti indirizzi giurisprudenziali); 3) col terzo nucleo censorio, si è rilevato l’error in iudicando del primo Giudice in violazione dell’art. 92, co. 2-bis, d.lgs 159/2011 (equiparabile all’art. 10-bis l. n. 241/1990); 4) da ultimo, si è censurato il difetto istruttorio e motivazionale del provvedimento per aver trascurato gli sviluppi più recenti e favorevoli al ricorrente.
In sede cautelare, il Collegio ha accolto l’istanza di sospensione degli atti impugnati, in adesione a “… quell’indirizzo pretorio secondo cui la persona fisica, priva della qualità di imprenditore, pur rivestendo cariche sociali, non è direttamente attingibile da informazione antimafia, atteso che la ratio di tale misura è strettamente di natura preventivo-cautelare e mira a scongiurare che l’impresa esposta a tentativi di infiltrazione mafiosa entri in contatto col circuito economico pubblico ritraendone affidamenti, commesse, erogazioni e altri vantaggi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 2marzo 2023, n. 2212; Cons. Stato, sez. III, 6 dicembre 2022, n. 10674; TAR Valle d’Aosta, 29 settembre 2022, n. 46; TAR Reggio Calabria, 3 gennaio2022, n. 3)…”.
Il “decisum”
In sede di definizione, nel merito, del giudizio d’appello, il Consiglio di Stato, con la sentenza in rassegna, ha ritenuto di dare “…continuità all’indirizzo interpretativo seguito dalla Sezione e suggellato a più riprese dalla giurisprudenza nomofilattica dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato secondo cui la persona fisica priva della qualità di imprenditore o il semplice professionista non possono essere attinti da una informativa antimafia…”.
Tanto, militando in tal senso una pluralità di indici interpretativi che il Collegio decidente ha ritenuto di compendiare e mettere a sistema, “…nell’ottica della composizione del quadro ermeneutico…”, come segue.
In primo luogo, ha osservato il Collegio, “… il tenore letterale del microsistema della disciplina antimafia individua come riferimento soggettivo costante degli effetti dei provvedimenti inibitori prefettizi l’impresa, sia in forma individuale, sia in forma societaria…”, tant’è che ai sensi del citato articolo 84 “…l’interdittiva viene definita come “attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67, nonché, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 91, comma 6, nell’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”…” (come confermano tutte le successive disposizioni secondo cui “…il fulcro del corpus della documentazione antimafia è l’impresa…”).
Difatti “…l’art. 85, nel delimitare i soggetti sottoposti alla verifica antimafia, opera una summa divisio tra impresa individuale e compagini a base collettiva (associazioni, società, consorzi, raggruppamenti temporanei) declinando la sfera soggettiva di rilievo in relazione alla governance dei vari soggetti economici…”; poi “…a livello istruttorio, i poteri prefettizi di accesso e accertamento (art. 93 cit.) si esplicano expressis verbis presso i cantieri o comunque a carico di tutti “i soggetti che intervengono a qualunque titolo …a riprova della natura intrinsecamente imprenditoriale dei soggetti interessati a mente nozione civilistica di imprenditore ..ex art. 2082 cod. civ…”; da ultimo, “…il cono degli effetti generati dal provvedimento prefettizio si dispiega sul terreno squisitamente economico in termini di inibitoria alla stipula di contratti, recessi e revoche di contratti, autorizzazioni e concessioni (art. 94 cit.)…” ed invece “…la misura di nuovo conio della prevenzione collaborativa, di segno più gradualista e temperato, postula una serie di prescrizioni dirette significativamente all’impresa tout court (art. 94-bis cit.)…”.
In altre parole. “…il denominatore comune del corpus normativo antimafia è la sua focalizzazione verso gli operatori economici e i loro rapporti con la pubblica amministrazione in termini di affidabilità e serietà…”.
Ciò posto, il Collegio prosegue la propria disamina, sul piano logico-sistematico, affermando come “…la peculiare struttura logica del sillogismo inferenziale messo in campo dall’Autorità prefettizia, delineato dagli artt. 84, co. 4 e 91, co. 6 d.lgs. 159/2011, prende l’abbrivio dall’apprezzamento di situazioni sintomatiche (provvedimenti cautelari o di condanna per cd. “reati spia”, provvedimenti di prevenzione; etc.) e, più in generale, dai “concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”…”; sicché “…il Prefetto inferisce dalla sussistenza di tale coacervo di elementi un giudizio a base probabilistica di permeabilità mafiosa che si estrinseca nel rischio che la criminalità organizzata tenti di “condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese”…”.
Tali situazioni in particolare “…si riferiscono giocoforza alle persone fisiche (come comprovato dal disposto dell’art. 85 che enuclea i soggetti apicali da sottoporre a verifica), mentre il giudizio infiltrativo è centrato sull’impresa, vuoi che sia a base individuale o societaria…”, con la conseguenza che “…ribaltare tale costrutto argomentativo incentrando… il giudizio prognostico sulla persona fisica tout court non solo contrasta col dettato normativo, ma collide con l’impianto logico-inferenziale che sottende – o dovrebbe sottendere – l’iter motivazionale del provvedimento prefettizio…”.
In tal modo infatti, nota ancora il Collegio, si finisce per desumere “…elementi concreti di contiguità o permeabilità mafiosa da cui non si evince alcunché a carico dell’impresa o dei soggetti societari di cui la persona fisica sia socio o amministratore…”, circoscrivendosi tale giudizio “…alla stessa persona fisica, in una vera e propria petitio principi” (“parafrasabile”, continua il Collegio, “a mo’ di esempio in asserti lapalissiani del tipo: se il soggetto ha commesso reati spia sintomatici di mafiosità, è da ritenersi contiguo o permeabile alla criminalità organizzata”).
Infine, per l’aspetto teleologico, il Collegio ha rimarcato come “…la ratio legis delle misure interdittive è di indole autenticamente preventivo-cautelare mirando a prevenire tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese…” e scongiurare l’ipotesi che “…la pubblica amministrazione si trovi a contrattare, rilasciare titoli abilitativi o erogare provvidenze, comunque denominate, a favore di soggetti immeritevoli di fiducia per via di situazioni opache di contiguità con la criminalità organizzata…”. Ciò, laddove i referenti di principio della disciplina, vanno individuati, “…da un lato, nella tutela dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost., e dall’altro nella salvaguardia sia del corretto dispiegarsi di una concorrenza leale tra le stesse imprese nel mercato, sia, infine, del corretto utilizzo delle risorse pubbliche…”.
Ne deriva quindi, ad avviso del Collegio, che “…l’allargamento della platea soggettiva dei soggetti suscettibili di essere attinti da interdittiva sino a ricomprendervi le persone fisiche slegate dal contesto imprenditoriale distorce gli obiettivi perseguiti dal legislatore…”, trasformandosi in uno “…strumento di capitis deminutio del privato che si cumula impropriamente con le pene accessorie, le misure di prevenzione e altre misure a carattere afflittivo-sanzionatorio previste dall’ordinamento…”.
Il Collegio, a tal punto, con la pronuncia in commento, ha richiamato a sostegno di suddetta esegesi, l’inquadramento della figura offerto dall’Adunanza Plenaria, con la decisione n. 3 del 2018, ove il “peculiare cono di effetti inibitori sortito dall’interdittiva prefettizia” viene ricostruito come “una particolare forma di incapacità ex lege, parziale (in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione) e tendenzialmente temporanea” tale da escludere che “un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni…”. Ciò precisando anche come sia “… evidente che, nella specie, il giudice della nomofilachia abbia fatto riferimento pur sempre alla persona fisica che rivestisse qualità di imprenditore individuale…”.
Inoltre, ha richiamato la più recente sentenza n. 3 del 2022 dell’Adunanza Plenaria, con cui, il Supremo Consesso, “…dopo un’accurata disamina dello statuto del potere prefettizio di interdittiva, ha escluso la legittimazione attiva di soci e amministratori all’impugnativa del provvedimento prefettizio potendo lo stesso essere impugnato solo dal soggetto che ne patisce gli effetti diretti — la società — in virtù della propria posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo…” (ed essendo “…ogni altro tipo di rapporto, estraneo alla relazione intersoggettiva tra il destinatario dell’atto e la pubblica Amministrazione…” inidoneo a far sorgere situazioni di interesse legittimo e – sul piano processuale – di legittimazione ad agire).
Secondo il Collegio, con tale ulteriore e più recente arresto, “…l’organo nomofilattico ha avuto modo di enunciare una ratio decidendi che calza particolarmente alla fattispecie ..di persona fisica ricoprente incarichi sociali”, in particolare nel passaggio argomentativo ove si riferisce che “appare evidente come gli amministratori e/o i soci non siano destinatari diretti dell’esercizio del potere amministrativo, essendovi relazione diretta solo tra potere amministrativo e persona giuridica, ma essi emergono con un proprio (possibile e riflesso) pregiudizio solo per effetto di un diverso rapporto (di natura contrattuale o di altro tipo) che li lega al destinatario diretto (la società)”…”.
Ed in tal senso, d’altronde, si è pronunciata anche “…la giurisprudenza amministrativa nei più recenti arresti per cui “la persona fisica che non riveste la qualità di titolare di impresa o di società non può essere destinataria di una informativa antimafia di tipo interdittivo” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 marzo 2023, n. 2212;Consiglio di Stato, sez. III, 6 dicembre 2022, n. 10674; TAR Valle d’Aosta, 29settembre 2022, n. 46; TAR Reggio Calabria, 3 gennaio 2022, n. 3)…”.
Sulla scorta di tali coordinate e degli autorevoli indirizzi della Plenaria, il Collegio, con la decisione in rassegna, ha confermato come, nelle fattispecie analoghe a quelle in vertenza la “relazione diretta” si instaura tra il potere amministrativo e la persona giuridica (laddove la posizione giuridica di soci e amministratori resta mediata e riflessa). E per l’effetto, ha accolto il ricorso in appello dell’amministratore della società raggiunta di interdittiva, annullando il provvedimento impugnato.