La garanzia per vizi nei contratti di vendita
La compravendita (o vendita) è quel contratto con cui si realizza il trasferimento di proprietà di un bene, mobile o immobile, o di un altro diritto dietro il corrispettivo di un prezzo, secondo quanto previsto dagli articoli 1470 e seguenti del codice civile.
Tra le principali obbligazioni poste in capo al venditore vi è quella di garantire l’acquirente dai vizi della cosa venduta, che la rendano inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, avendo riguardo alla sua funzione economico-sociale o alla particolare funzione prevista nel contratto (articolo 1490 c.c.).
La garanzia prevista dall’articolo 1490 del codice civile può essere esclusa o limitata su accordo delle parti, ad eccezione del caso in cui il venditore abbia taciuto in mala fede all’acquirente i vizi della cosa.
Caratteristiche
Con riferimento alla tipologia di vizi idonei a legittimare l’operatività della garanzia prevista dall’articolo 1490 del codice civile, vengono in considerazione i cd. vizi redibitori ovvero tutte quelle imperfezioni e/o difetti della cosa inerenti al processo di produzione, di fabbricazione e di formazione che la rendano inidonea all’uso cui la stessa è destinata.
Dai vizi redibitori va distinta la mancanza di qualità della merce venduta, che concerne tutti quegli elementi essenziali e sostanziali che influiscono sulla classificazione della cosa in una determinata specie piuttosto che in un’altra.
Entrambe tali tipologie di vizi si distinguono, a loro volta, dall’ipotesi di consegna aliud pro alio, che ricorre quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso da quello pattuito dalle parti o presenti difetti tali da impedire alla stessa di assolvere alla sua funzione naturale o a quella essenziale dedotta in contratto.
Tale distinzione è di fondamentale importanza, stante che in caso di consegna aliud pro alio non si applica la normativa sui vizi o sulla mancanza di qualità ex art. 1495 c.c., bensì quella sull’azione generale di risoluzione soggetta alla prescrizione decennale ai sensi dell’art. 2946 c.c.
Termini e condizioni
In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, incombe sull’acquirente l’onere di denunziare i vizi redibitori e/o la mancanza di qualità della cosa entro il termine di decadenza previsto dall’articolo 1495 del codice civile.
È questo il principio ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione con la recentissima ordinanza n. 12337 del 9 maggio 2023, in una fattispecie in cui il venditore aveva eccepito la tardività della denunzia rispetto alla data di consegna della cosa all’acquirente.
La Corte di Cassazione, in particolare, ha affermato che “…trattandosi di condizione necessaria per l’esercizio dell’azione…” incombe sull’acquirente “…l’onere della prova di aver denunziato i vizi nel termine di legge ex art. 1495 c.c…”.
Il termine entro cui l’acquirente deve, a pena di decadenza, denunziare eventuali vizi della cosa è di 8 giorni che decorrono dalla scoperta del vizio, non potendo il medesimo, in caso contrario, avvalersi della garanzia ex articolo 1490 c.c., salvo che le stesse parti o la legge prevedano un termine diverso.
L’azione, in ogni caso, si prescrive in 1 anno dalla consegna della cosa.
L’acquirente rimane esonerato dalla necessità di denunziare i vizi della cosa solamente nell’ipotesi in cui il venditore ne abbia riconosciuto l’esistenza o li abbia consapevolmente occultati.
Rimedi
Ci si chiede, dunque, quali siano i rimedi previsti dall’ordinamento a tutela dell’acquirente nell’ipotesi in cui la cosa venduta presenti dei vizi che la rendano inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano il valore in modo apprezzabile.
In tal caso, l’acquirente gode di un doppio rimedio.
Egli, infatti, potrà agire per la risoluzione del contratto o per la riduzione del prezzo, purché abbia denunziato i vizi entro il termine di 8 giorni previsto a pena di decadenza dall’articolo 1495 c.c.
Nel caso in cui la cosa venduta, invece, non abbia le qualità promesse o essenziali per l’uso a cui è destinata, l’acquirente – il quale abbia adempiuto alle prescrizioni imposte dal citato articolo 1495 c.c. – ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto, purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi, come previsto dall’articolo 1497 c.c.
Il venditore, dal canto suo, deve restituire il prezzo e rimborsare all’acquirente le spese e i pagamenti legittimamente fatti in occasione della vendita, incombendo su quest’ultimo, invece, l’onere di restituire la cosa viziata a meno che la stessa non sia perita in conseguenza dei vizi.
In ogni caso, il venditore è tenuto al risarcimento dei danni in favore dell’acquirente se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa.
Il Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005)
È d’obbligo, infine, un cenno al Decreto Legislativo n. 206 del 6 settembre 2005 (c.d. Codice del consumo), che prevede una disciplina speciale in materia di contratti di vendita e garanzia dei beni che si affianca a quella generale prevista dagli articoli 1490 e ss. del codice civile.
A tal riguardo, se l’acquirente è un consumatore ovvero una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta e la vendita ha ad oggetto beni di consumo, si applica la normativa speciale prevista dal codice del consumo, potendo ricorrere alla normativa generale prevista dal codice civile solamente in via residuale per gli aspetti non espressamente disciplinati dallo stesso.