La legge elettorale e i sistemi elettorali
La legge elettorale è di fondamentale importanza, dettando le regole con cui i cittadini eleggono i rappresentanti nelle istituzioni.
Si stabiliscono infatti le modalità di svolgimento delle elezioni, i requisiti per la presentazione delle liste dei candidati, le opzioni di scelta disponibili agli elettori, la suddivisione in collegi elettorali dei territori, l’assegnazione dei seggi.
Incide quindi sull’effettiva applicazione dei princìpi democratici, in quanto è in grado di alterare la rappresentatività degli organi collegiali.
Può influenzare la governabilità, favorendo le aggregazioni tra partiti politici e di conseguenza la possibilità che si formi una maggioranza parlamentare coesa (in grado di garantire la stabilità del Governo).
Influisce altresì, sulla rappresentatività degli organi collegiali, soprattutto attraverso la scelta del meccanismo di assegnazione dei seggi – il cosiddetto sistema elettorale – e la definizione delle soglie minime di voti necessari per ottenere tale assegnazione (le cosiddette soglie di sbarramento).
La legge elettorale è tuttavia priva di copertura costituzionale, salvo il rispetto del principio democratico.
Ciò in quanto le leggi costituzionali devono essere approvate con un procedimento che necessita di una maggiore condivisione in Parlamento, sicché una legge elettorale di tipo costituzionale sarebbe più difficile da cambiare e meno soggetta a eventuali tentativi di modifica a uso della maggioranza di turno.
Le leggi elettorali devono, infatti, necessariamente includere un elevato livello di dettaglio e regolamentare aspetti che possono mutare nel tempo; sicché l’orientamento prevalente è quello di includere in Costituzione i princìpi generali (e rimandare a una legge ordinaria, la disciplina del procedimento elettorale).
Inoltre, la maggiore flessibilità di una legge elettorale di tipo ordinario consente di rimediare più agevolmente agli effetti negativi non previsti di un cambiamento del sistema elettorale, nonché di sottoporla al vaglio di legittimità costituzionale.
La necessità di cambiare il sistema elettorale è emersa nei primi anni ’90 durante la c.d. “Seconda Repubblica”, ma le varie riforme che si sono succedute nel tempo, non hanno raggiunto l’obiettivo di migliorare la stabilità delle maggioranze parlamentari e delle attività di Governo (generando spesso delle incongruenze evidenziate dagli interventi della Corte Costituzionale).
Il nodo cruciale delle discussioni politiche sul tema della legge elettorale invero, non riguarda la necessità di modificarla o cambiarla, ma “il come” modificarla o cambiarla.
Poiché nelle democrazie che adottano la forma di Governo parlamentare l’elezione dell’assemblea legislativa determina anche l’indirizzo politico e la composizione del Governo, eventuali modifiche alla legge elettorale presentano un elevato grado di criticità che, generalmente, si riflette in una forte conflittualità tra partiti politici sulle proposte di modifica.
In linea di massima, i sistemi elettorali maggioritari favoriscono le aggregazioni tra partiti politici e la formazione di coalizioni politiche oltre che elettorali, stimolando le forze politiche a organizzarsi in un sistema politico incentrato sul bipolarismo, mentre i sistemi elettorali proporzionali tendono a favorire la più ampia rappresentanza parlamentare a tutte le diverse idee o correnti politiche anch’esse minoritarie nel paese.
Nei sistemi elettorali maggioritari i seggi dell’organo collegiale rappresentativo vengono messi in palio in collegi (circoscrizioni territoriali) uninominali (un seggio per ogni collegio elettorale), quindi l’assegnazione dei seggi complessivi è proporzionale al numero di collegi vinti e non al numero di voti ottenuti dai partiti politici alle elezioni.
Nel sistema elettorale proporzionale, invece, l’assegnazione dei seggi disponibili è effettuata attraverso l’applicazione di formule matematiche in modo da rispettare la proporzionalità tra il numero di seggi complessivi e il numero di voti ottenuti dai partiti politici alle elezioni.
Nel tentativo di risolvere i contrasti tra le due diverse impostazioni, sono stati adottati dei “sistemi elettorali misti”, nei quali i seggi elettorali vengono attribuiti in parte col metodo maggioritario e in parte col metodo proporzionale.
I sistemi elettorali misti adottati in Italia per l’elezione del Parlamento sono stati: la legge Mattarella, detta anche “Mattarellum” (leggi 4 agosto 1993 n. 276 e n. 277) e la legge Calderoli, poi soprannominata “Porcellum” (legge n. 270 del 21 dicembre 2005), che nel gennaio 2014 la Corte Costituzionale ha parzialmente dichiarato illegittima.
Il Parlamento, a seguito di alcune censure della Corte Costituzionale, ha approvato una nuova legge elettorale, detta “Italicum” (legge 6 maggio 2015 n. 52), valida solamente per l’elezione della Camera dei Deputati in quanto la riforma costituzionale, poi bocciata dal referendum confermativo, avrebbe dovuto nel frattempo sancire la trasformazione del Senato in camera delle Autonomie Territoriali.
Anche tale legge, è stata ritenuta in parte illegittima dalla Corte Costituzionale.
Il travagliato percorso della “legge elettorale” – su cui è certamente opportuno ritornare con maggiori dettagli – è in definitiva la riprova delle difficoltà del nostro sistema e della necessità che vi sia un più deciso impegno delle forze politiche nella direzione di una più solida stabilità democratica.