“Nuove prove in appello”: sull’applicazione delle preclusioni in materia di contenzioso tributario

Published On: 17 Ottobre 2024Categories: Diritto tributario

Con la recente sentenza n. 5321 dell’11 settembre 2024 la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania ha riconosciuto l’immediata operatività del principio sancito dal novellato art. 58 del D. Lgs. 546/1992, intitolato “Nuove prove in appello”, per i giudizi instaurati dal 5 gennaio 2024, che preclude la possibilità sia di ammettere nuovi mezzi di prova, sia di produrre nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.

La vicenda traeva origine dall’impugnazione di un’intimazione di pagamento, afferente a diverse cartelle di pagamento, con cui veniva eccepita la mancata notifica delle stesse e, in ogni caso, il maturare della prescrizione successiva.

La Regione non si costituiva in giudizio, mentre resisteva in giudizio l’Agenzia delle Entrate, rilevando che solo una cartella di pagamento, avente ad oggetto controllo automatizzato ex artt. 36 bis DPR 600/73 e 54 bis DPR 633/72 sulla dichiarazione Mod. Unico anno imposta 2011, fosse ad essa riferibile in qualità di Ente impositore.

I Giudici di Primo Grado accoglievano le ragioni del contribuente rilevando che l’Agenzia delle Entrate “si era limitata a produrre una videata dalla quale risultava la consegna della cartella in data 15.05.2015. Pertanto, poiché la cartella afferiva al pagamento dell’IRPEF 2011, risultava maturato il termine ordinario di prescrizione decennale, mancando la prova della notifica della cartella”.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, assumendo che “…la cartella era stata notificata nel 2015, così che, come anche si ricavava solo dalla schermata prodotta in primo grado, il termine decennale di prescrizione non era maturato alla data della notifica dell’intimazione di pagamento”; inoltre l’Agenzia delle Entrate produceva, per la prima volta in appello, la prova della notifica della cartella.

La Corte non solo ha ritenuto che la mera annotazione nel sistema interno dell’Ufficio fosse inidonea ad offrire la prova della notifica della cartella di pagamento, in quanto non permetteva di rilevare in che modo la notifica fosse stata effettivamente operata, ma ha ritenuto, altresì, inammissibile la prova della notifica prodotta per la prima volta in secondo grado.

La Corte ha evidenziato come risultasse chiaro che la voluntas legis fosse quella di rendere immediatamente operativa la riforma dell’art. 58, sempre che il giudizio di appello fosse introdotto in data successiva all’entrata in vigore della norma.

Nel caso di specie, trattandosi di appello notificato in data 29 gennaio 2024, la Corte ha dato immediata applicazione alla preclusione della produzione in appello della prova della notifica della cartella costituente presupposto di legittimità dell’intimazione di pagamento impugnata, rigettando, pertanto, l’appello proposto dall’Ufficio.

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La vicenda traeva origine dall’impugnazione di un’intimazione di pagamento, afferente a diverse cartelle di pagamento, con cui veniva eccepita la mancata notifica delle stesse e, in ogni caso, il maturare della prescrizione successiva.

La Regione non si costituiva in giudizio, mentre resisteva in giudizio l’Agenzia delle Entrate, rilevando che solo una cartella di pagamento, avente ad oggetto controllo automatizzato ex artt. 36 bis DPR 600/73 e 54 bis DPR 633/72 sulla dichiarazione Mod. Unico anno imposta 2011, fosse ad essa riferibile in qualità di Ente impositore.

I Giudici di Primo Grado accoglievano le ragioni del contribuente rilevando che l’Agenzia delle Entrate “si era limitata a produrre una videata dalla quale risultava la consegna della cartella in data 15.05.2015. Pertanto, poiché la cartella afferiva al pagamento dell’IRPEF 2011, risultava maturato il termine ordinario di prescrizione decennale, mancando la prova della notifica della cartella”.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, assumendo che “…la cartella era stata notificata nel 2015, così che, come anche si ricavava solo dalla schermata prodotta in primo grado, il termine decennale di prescrizione non era maturato alla data della notifica dell’intimazione di pagamento”; inoltre l’Agenzia delle Entrate produceva, per la prima volta in appello, la prova della notifica della cartella.

La Corte non solo ha ritenuto che la mera annotazione nel sistema interno dell’Ufficio fosse inidonea ad offrire la prova della notifica della cartella di pagamento, in quanto non permetteva di rilevare in che modo la notifica fosse stata effettivamente operata, ma ha ritenuto, altresì, inammissibile la prova della notifica prodotta per la prima volta in secondo grado.

La Corte ha evidenziato come risultasse chiaro che la voluntas legis fosse quella di rendere immediatamente operativa la riforma dell’art. 58, sempre che il giudizio di appello fosse introdotto in data successiva all’entrata in vigore della norma.

Nel caso di specie, trattandosi di appello notificato in data 29 gennaio 2024, la Corte ha dato immediata applicazione alla preclusione della produzione in appello della prova della notifica della cartella costituente presupposto di legittimità dell’intimazione di pagamento impugnata, rigettando, pertanto, l’appello proposto dall’Ufficio.

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