Obblighi dichiarativi e poteri sanzionatori dell’Anac
La Sezione Prima del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio di Roma, con la recente sentenza dell’1 aprile 2022 n. 3786, si è pronunciata in materia di poteri sanzionatori dell’Anac rispetto agli obblighi dichiarativi e informativi dell’operatore economico in sede di gara, precisandone i presupposti e i limiti, e riconfermando – tra l’altro – gli importanti principi già dettati dalla giurisprudenza sulla materia.
La vicenda da cui è scaturito il contenzioso
Nella fattispecie esaminata dal TAR Lazio, l’operatore economico aveva impugnato il provvedimento con il quale l’Anac le comminava la sanzione pecuniaria di cui all’art. 213, comma 13, del d.l.gs. n. 50/2016 (prevista nel caso di rifiuto o omissione di informazioni o documenti richiesti dall’Autorità; o nel caso di inottemperanza alla richiesta espressa della stazione appaltante di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento; o ancora nel caso di informazioni o presentazione di documenti non veritieri a fronte di esplicita richiesta da parte dell’Autorità o della stazione appaltante), e disponeva altresì l’annotazione interdittiva nel casellario informatico degli operatori economici ai sensi dell’art. 80, comma 12, del d.lgs. 50/2016 (prevista, a seguito di segnalazione della stazione appaltante, per il caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione resa con dolo o colpa grave nelle procedure di gara, e comportante la esclusione da quest’ultime e dagli affidamenti di subappalto fino a due anni).
In particolare, l’Anac aveva emesso il suddetto provvedimento sanzionatorio, a seguito d’una esclusione comminata dalla Stazione appaltante nei confronti dell’operatore economico il quale aveva omesso di dichiarare in gara un precedente penale – una sentenza di condanna, a carico del suo legale rappresentante – per un reato non rientrante fra quelli previsti dall’art. 80, comma 1, del D. lgs. 50/2016, ma per il quale la dichiarazione era espressamente richiesta dal disciplinare di gara. Ciò, avendo ANAC ritenuto sussistente la colpa grave dell’operatore, consistente nella “scarsa diligenza nella predisposizione degli atti di gara” (in contrasto con l’obbligo dichiarativo espressamente contemplato dalla lex di gara).
I motivi dedotti con il ricorso
L’operatore economico ricorrente, dunque, nell’impugnare tale provvedimento sanzionatorio dinanzi al Tar Lazio, ne ha dedotto l’illegittimità per carenza dei presupposti, difetto istruttorio e della motivazione, rilevando in particolare come Anac avesse: 1) sanzionato il ricorrente quale “diretta ed automatica conseguenza dell’esclusione comminata” dalla Stazione appaltante, “senza però svolgere alcuna autonoma valutazione sulla configurabilità o meno di tale condotta in termini di falsa dichiarazione, presupposto indispensabile per poter radicare il potere interdittivo di cui all’art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016“; e 2) disposto la sanzione pecuniaria, “senza effettuare alcuna istruttoria circa la riconducibilità o meno dell’omissione dichiarativa all’illecito sanzionato dalla norma“.
La decisione del TAR
Il Tar, dopo aver respinto le prospettazioni e le censure del ricorrente nella fase cautelare, al momento di decidere nel merito dell’impugnazione, ha mutato avviso, ritenendola fondata.
A tal fine, in primo luogo ha rilevato che nel peculiare caso oggetto del suo scrutinio la ricorrente aveva semplicemente “barrato la casella «NO» con riferimento alla domanda avente ad oggetto le condanne richiamate dall’art. 80 del Codice dei contratti”, mentre, avuto riguardo al precedente contestato, “non è stata fornita alcuna informazione alla stazione appaltante”.
Dunque, a parere del Collegio, ANAC aveva in specie “sanzionato l’omessa dichiarazione in violazione dell’art. 80, comma 12 e dell’art. 213, comma 13, del d.lgs. 50/2016”.
Sennonchè, ad avviso del Collegio, la condotta posta in essere dall’operatore economico non meritava una tale qualificazione (e non poteva pertanto essere sanzionata da ANAC).
Ciò, alla stregua dell’ormai prevalente orientamento giurisprudenziale, espresso da ultimo dal Consiglio di Stato nella sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 16/2020, in tema obblighi dichiarativi, e per il quale:
– la falsità di informazioni rese al riguardo dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti;
– in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo;
– alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico;
– la lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) [ora c-bis)] della medesima disposizione.
Ciò, fermo restando che “l’operatore è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, è stata contestata una condotta contraria a norma o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti (Cons. Stato, sez. III, 9 dicembre 2020, n.7831; 4 marzo 2020, n.1603; nn. 1174/2020, 3331/2019; id., sez. V, nn. 70/2020, 1644/2019; 1649/2019; sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; Consiglio di Stato, sez. V, 4 febbraio 2019, n. 827) ”, non essendo in particolare “… configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, sussistendo l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di sua competenza» (C.d.S., sez. V, nn. 4532/2018, 3592/2018 e 6530/2018)”.
Tuttavia, continua il Collegio, “…fermo restando che omissioni dichiarative quali quelle contestate sono suscettibili di rientrare nell’ambito applicativo dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016”, con specifico riferimento al potere sanzionatorio di ANAC, va considerato il testuale dato normativo di riferimento per il quale “…devono ritenersi rilevanti esclusivamente le condotte espressamente previste dalla norma, ovvero l’omissione di informazioni richieste e le false dichiarazioni” (cfr. art. 213, comma 13).
Dato normativo del quale, “…deve essere prescelta un’interpretazione restrittiva, in quanto la segnalazione comporta l’apertura di un procedimento finalizzato all’applicazione della misura interdittiva dalla partecipazione alle pubbliche gare, con effetti general-preventivi pregiudizievoli anche più di quelli prodotti da una sanzione vera e propria (Cons. Stato, sez. V, 20.1.2021, n. 630; Cons. Stato, V, 23 luglio 2018, n. 4427)” (cfr. in termini Cons. Stato, V, 13 dicembre 2019, n. 8480).
Applicando tali coordinate ermeneutiche, il Collegio ha concluso che nella specie “la ricorrente ha senz’altro omesso di fornire alla stazione appaltante delle informazioni che avrebbero influenzato le decisioni della stazione appaltante in merito all’aggiudicazione della gara, ma non ha letteralmente rifiutato informazioni al riguardo richieste, né positivamente reso dichiarazioni false“.
Conseguentemente, il potere sanzionatorio dell’Anac non è stato esercitato correttamente o meglio è stato esercitato in carenza dei presupposti di legge.
Da ciò, è derivato l’accoglimento del ricorso con l’annullamento del provvedimento sanzionatorio di Anac.