Obbligo di conclusione del procedimento di esproprio entro il termine quinquennale

Published On: 27 Settembre 2018Categories: Edilizia, Urbanistica ed Espropriazioni, Tutele, Varie

Con la sentenza del 19.09.2018 n. 5539, la Quinta Sezione del Tar Campania si è pronunciata. in materia di scadenza del termine quinquennale per la conclusione di una procedura di esproprio, avendo dei privati proposto ricorso contro l’Amministrazione che non aveva mai emesso il decreto di esproprio, nè corrisposto le indennità dovute per legge.
In particolare, il Tar Campania, in accoglimento di un orientamento consolidato sul punto, ha chiarito che la P.A. ha l’obbligo giuridico di esaminare le istanze dei proprietari volte ad attivare il procedimento di cui all’art. 42-bis del d.P.R. 327/2001, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto e facendo comunque venir meno la situazione di occupazione “sine titulo” dell’immobile con il ripristino della legalità (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 15.9.2014, n. 4696; 26.8.2015, n. 4014; .T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I 11.10.2017 n. 10207 T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 7.7.2015, n. 3628).
Il Tar ha comunque chiarito che la valutazione comparativa degli interessi in gioco e la conseguente decisione in ordine all’acquisizione o alla restituzione del bene rimane pur sempre nella sfera di discrezionalità dell’Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1514), secondo la ratio ordinamentale di recente chiarita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 71/2015, per cui il giudice amministrativo, nel caso di ricorso avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a., non può condannare la P.A. all’adozione di un atto specifico riconoscendo la fondatezza della pretesa sostanziale, dovendosi limitare all’accertamento dell’obbligo generico di provvedere entro il termine all’uopo fissato.
Pertanto, il citato art. 42-bis ha introdotto nell’ordinamento una facoltà di valutazione della fattispecie da parte dell’Amministrazione “che utilizza il bene” correlata all’eventuale acquisizione in via di sanatoria della proprietà sulle aree precedentemente da essa occupate contra ius, che fonda in capo ai proprietari medesimi una posizione di interesse legittimo ulteriore e distinta rispetto a quella di diritto soggettivo ed autonomamente tutelabile rispetto a quest’ultima mediante il rimedio processuale deputato alla rimozione del silenzio illegittimamente serbato al riguardo.
Nel caso di specie, in assenza di contestazione sulla inerzia dell’Amministrazione, il ricorso è stato accolto, con l’espressa dichiarazione dell’obbligo del Comune di pronunciarsi in modo espresso sull’istanza dei ricorrenti.
 

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Obbligo di conclusione del procedimento di esproprio entro il termine quinquennale

Published On: 27 Settembre 2018

Con la sentenza del 19.09.2018 n. 5539, la Quinta Sezione del Tar Campania si è pronunciata. in materia di scadenza del termine quinquennale per la conclusione di una procedura di esproprio, avendo dei privati proposto ricorso contro l’Amministrazione che non aveva mai emesso il decreto di esproprio, nè corrisposto le indennità dovute per legge.
In particolare, il Tar Campania, in accoglimento di un orientamento consolidato sul punto, ha chiarito che la P.A. ha l’obbligo giuridico di esaminare le istanze dei proprietari volte ad attivare il procedimento di cui all’art. 42-bis del d.P.R. 327/2001, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto e facendo comunque venir meno la situazione di occupazione “sine titulo” dell’immobile con il ripristino della legalità (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 15.9.2014, n. 4696; 26.8.2015, n. 4014; .T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I 11.10.2017 n. 10207 T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 7.7.2015, n. 3628).
Il Tar ha comunque chiarito che la valutazione comparativa degli interessi in gioco e la conseguente decisione in ordine all’acquisizione o alla restituzione del bene rimane pur sempre nella sfera di discrezionalità dell’Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1514), secondo la ratio ordinamentale di recente chiarita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 71/2015, per cui il giudice amministrativo, nel caso di ricorso avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a., non può condannare la P.A. all’adozione di un atto specifico riconoscendo la fondatezza della pretesa sostanziale, dovendosi limitare all’accertamento dell’obbligo generico di provvedere entro il termine all’uopo fissato.
Pertanto, il citato art. 42-bis ha introdotto nell’ordinamento una facoltà di valutazione della fattispecie da parte dell’Amministrazione “che utilizza il bene” correlata all’eventuale acquisizione in via di sanatoria della proprietà sulle aree precedentemente da essa occupate contra ius, che fonda in capo ai proprietari medesimi una posizione di interesse legittimo ulteriore e distinta rispetto a quella di diritto soggettivo ed autonomamente tutelabile rispetto a quest’ultima mediante il rimedio processuale deputato alla rimozione del silenzio illegittimamente serbato al riguardo.
Nel caso di specie, in assenza di contestazione sulla inerzia dell’Amministrazione, il ricorso è stato accolto, con l’espressa dichiarazione dell’obbligo del Comune di pronunciarsi in modo espresso sull’istanza dei ricorrenti.
 

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