Procedure di chiamata nelle Università: i commissari devono essere esperti del settore disciplinare
La commissione giudicatrice di una procedura selettiva deve essere interamente composta da esperti del settore disciplinare oggetto di concorso.
In tal senso si esprime la sesta sezione del Consiglio di Stato la quale, con la sentenza del 30 luglio 2018, n. 4675, ha confermato quanto già statuito in primo grado, riguardo l’indizione di una procedura selettiva per la copertura di un posto di Professore di ruolo di II fascia nel settore concorsuale 06/F2.
Nel caso di specie l’Humanitas University, nominando i tre docenti componenti la Commissione, aveva selezionato soltanto un commissario facente parte dello specifico settore afferente la classe di concorso per cui è stata bandita la procedura, riservando i restanti due a docenti di indiscussa caratura, ma con esclusiva esperienza in settori non affini.
L’Humanitas University, soccombente in primo grado, adiva dunque il Consiglio di Stato lamentando in particolare la violazione del principio costituzionale di autonomia ai sensi dell’articolo 33 della Costituzione, sul quale si radicano le disposizioni della Legge 240/2010 (c.d. Legge Gelmini) ed in virtù del quale ogni ateneo ha ampia discrezionalità regolamentare riguardo la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori.
Il Consiglio di Stato, nel definire l’appello, pur riconoscendo che nessuna norma implichi espressamente che tutti i membri della Commissione debbano appartenere al settore concorsuale oggetto del bando, ha infine respinto comunque il gravame.
In via generale, il Collegio giudicante ha affermato che il precetto – rinvenibile anche nell’articolo 35 del Decreto legislativo 165/2001 – secondo cui i componenti delle commissioni giudicatrici devono essere esperti nelle materie di concorso, costituisce espressione del principio di imparzialità sancito dall’articolo 97 della Costituzione, in quanto la qualifica di “esperto” della materia garantisce “..scelte finali fondate sull’applicazione di parametri neutrali e determinate soltanto dalla valutazione delle attitudini e della preparazione dei candidati” (cfr. Corte Cost. n. 453 del 1990)..”; tanto è vero che la Carta europea dei ricercatori, citata nello stesso articolo 18 della Legge 240/2010, conferma la sussistenza del principio della necessaria esperienza nel settore oggetto di chiamata dei componenti le commissioni di valutazione.
Da ciò è dunque derivata la conferma della sentenza impugnata, in quanto la presenza di un solo componente “esperto” (su tre) in relazione al profilo di riferimento, determina un suo peso del tutto marginale nell’espressione delle valutazioni e “..una diversa lettura interpretativa delle disposizioni normative dianzi richiamate finirebbe per frustrare le stesse finalità delle procedure di che trattasi, volte alla chiamata nei ruoli delle università di quel personale docente che abbia evidenziato, sul piano del profilo curriculare, tratti caratteristici più prossimi a quelli di specifica afferenza del settore disciplinare di riferimento. Peraltro, tale risultato può essere garantito solo se, in relazione a uno o (se del caso) più settori scientifico-disciplinari tra loro omogenei, alla selezione dei candidati provvede una Commissione d’esame che abbia al suo interno alte professionalità nelle specifiche materie oggetto di procedura concorsuale” (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 3817 del 2017)…”.