Requisiti delle strade private ad uso pubblico
La sentenza del Consiglio di Stato numero 5820 del 10 ottobre 2018, in commento, affronta la questione della destinazione delle strade private ad uso pubblico.
La giurisprudenza, più volte occupatasi della problematica, ha chiarito che l’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù.
L’iscrizione nell’elenco delle strade comunali ai sensi della L. 12 febbraio 1958 n. 126 è quindi superabile con la prova contraria della sua natura privata e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività. Per l’attribuzione del carattere di demanialità comunale ad una via privata è necessario che con la destinazione della strada all’uso pubblico concorra l’intervenuto acquisto, da parte dell’ente locale, della proprietà del suolo relativo, non valendo, in difetto dell’appartenenza della sede viaria al Comune, l’iscrizione della via negli elenchi delle strade comunali, giacché tale iscrizione non può pregiudicare le situazioni giuridiche attinenti alla proprietà del terreno e connesse con il regime giuridico della medesima.
Affinché un’area assuma la natura di strada pubblica, non basta appena che vi si esplichi di fatto il transito del pubblico (con la sua concreta, effettiva ed attuale destinazione al pubblico transito e la occupazione sine titulo dell’area da parte della p.a.) né l’intervento di atti di riconoscimento da parte dell’Amministrazione medesima circa la funzione da essa assolta, ma è invece necessario, ai sensi dell’art. 824 c.c., che la strada risulti di proprietà di un ente pubblico territoriale in base ad un atto o fatto (fra cui anche l’usucapione) idoneo a trasferire il dominio, ovvero che su di essa sia stata costituita a favore dell’Ente una servitù di uso pubblico e che essa venga destinata, con una manifestazione di volontà espressa o tacita, all’uso pubblico, ossia per soddisfare le esigenze di una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad una comunità territoriale.
Una strada pertanto rientra nella categoria delle vie vicinali pubbliche , quando il tratto viario, per le sue caratteristiche, assuma una esplicita finalità di collegamento, essendo destinato al transito di un numero indifferenziato di persone oppure quando vi sia stato, con la cosiddetta dicatio ad patriam, l’asservimento del bene da parte del proprietario all’uso pubblico di una comunità, di talché il bene stesso viene ad assumere le caratteristiche analoghe a quelle di un bene demaniale.
A contrario la sdemanializzazione di un bene pubblico – ed a fortiori la sottrazione di un bene patrimoniale indisponibile alla sua originaria destinazione – oltre che frutto di una esplicita determinazione, può essere il portato di comportamenti univoci tenuti dall’Amministrazione proprietaria che si appalesano in modo concludente incompatibili con la volontà di conservare la destinazione del bene all’uso pubblico.
Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che l’appellante non avesse fornito prove di segno contrario volte a superare la presunzione iuris tantum della natura pubblica della strada (presunzione che era desumibile dall’iscrizione nell’elenco delle strade comunali ai sensi della L. 12 febbraio 1958 n. 126).
Nè è stato ritenuto elemento determinante il dato della insistenza sulla predetta via della pubblica illuminazione, concludendo per la sussistenza di un interesse della collettività all’utilizzo della detta via.