Retroattività dei rimborsi ai concessionari del gas naturale: rinvio pregiudiziale alla Corte UE

Con la sentenza del 5 novembre 2018 numero 6227, il Consiglio di Stato ha rinviato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale sulla compatibilità o meno con le norme e i principi europei di un’applicazione retroattiva dei criteri di determinazione dell’entità dei rimborsi spettanti agli ex concessionari della distribuzione del gas naturale con incidenza su pregressi rapporti negoziali.
La questione che ha occupato i Giudici del Palazzo Spada, riguarda in particolare la corretta individuazione ed applicazione dei criteri, previsti dalla legislazione italiana, per la determinazione del valore del rimborso spettante ai gestori del servizio di distribuzione del gas naturale che avevano ottenuto l’affidamento diretto del servizio prima dell’entrata in vigore della legge 23 maggio 2000 numero 164 (e le cui concessioni sono state dichiarate cessate in via anticipata ex lege, al fine di consentire il successivo affidamento con procedura di gara), nonché la compatibilità della succitata normativa interna con il principio europeo di certezza dei rapporti giuridici e di tutela dell’affidamento.
Il Consiglio di Stato infatti, evidenzia come le disposizioni normative che si sono succedute nel tempo nell’ambito della gestione del servizio di distribuzione del gas naturale, abbiano inciso sul criterio di determinazione dei rimborsi ai gestori le cui concessioni sono state dichiarate cessate in via anticipata ex lege.

In particolare, nell’impianto regolatorio iniziale, costituito dall’art. 15 del d.lgs. n. 164 del 2000 e dal d.m. n. 226 del 2011 (nelle rispettive versioni originarie) i criteri di determinazione dei rimborsi erano determinati avendo riguardo ai criteri che le parti avevano contrattualmente sancito, e in mancanza di essi, dai criteri di cui al r.d. n. 2578 del 1925.

Le successive disposizione di legge (decreti-legge n. 69 e 145 n. 145 del 2013 e decreto-legge n. 91 del 2014) nonché i relativi atti di attuazione (decreti ministeriali n. 74951 del 2014 e n. 106 del 2015) hanno inciso sull’assetto normativo preesistente, avendo in particolare previsto che: a) i criteri convenzionali della determinazione dei rimborsi operano se sono stati stipulati prima dell’11 febbraio 2012 e abbiamo un determinato contenuto in relazione ad alcuni elementi metodologici; b) i criteri suppletivi legali previsti dal succitato r.d. n. 2578 del 1925, sono stati sostituiti con quelli contenuti nelle linee guida adottate col decreto ministeriale 22 maggio 2014, n. 74951 (per l’appunto contenente i «criteri e modalità applicativa per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale»).

I Giudici di Palazzo Spada, sottolineano come dall’analisi della normativa interna emergano con evidenza “..due esigenze contrapposte da tutelare: da una parte, aprire il mercato alla concorrenza nella fase di scelta del gestore di distruzione del gas; dall’altra parte, tenere in considerazione i rapporti già sorti e l’affidamento che ne è conseguito in capo agli operatori economici del settore..”.

Sul punto allora, è necessario comprendere – ai fini della compatibilità della normativa interna con i principi europei di certezza dei rapporti giuridici e di tutela dell’affidamento  – se è possibile un’applicazione retroattiva dei criteri di determinazione dell’entità dei rimborsi spettanti agli ex concessionari con incidenza su pregressi rapporti negoziali ovvero se tale applicazione sia giustificata, anche alla luce del principio di proporzionalità, dall’esigenza di tutelare altri interessi pubblici, di rilevanza europea, afferenti all’esigenza di consentire una migliore tutela dell’assetto concorrenziale del mercato di riferimento unitamente alla maggiore protezione degli utenti del servizio che potrebbero subire, indirettamente, gli effetti di un eventuale maggiorazione delle somme spettanti agli ex concessionari .

Il Consiglio di Stato ha rimesso quindi la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

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Retroattività dei rimborsi ai concessionari del gas naturale: rinvio pregiudiziale alla Corte UE

Published On: 27 Novembre 2018

Con la sentenza del 5 novembre 2018 numero 6227, il Consiglio di Stato ha rinviato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale sulla compatibilità o meno con le norme e i principi europei di un’applicazione retroattiva dei criteri di determinazione dell’entità dei rimborsi spettanti agli ex concessionari della distribuzione del gas naturale con incidenza su pregressi rapporti negoziali.
La questione che ha occupato i Giudici del Palazzo Spada, riguarda in particolare la corretta individuazione ed applicazione dei criteri, previsti dalla legislazione italiana, per la determinazione del valore del rimborso spettante ai gestori del servizio di distribuzione del gas naturale che avevano ottenuto l’affidamento diretto del servizio prima dell’entrata in vigore della legge 23 maggio 2000 numero 164 (e le cui concessioni sono state dichiarate cessate in via anticipata ex lege, al fine di consentire il successivo affidamento con procedura di gara), nonché la compatibilità della succitata normativa interna con il principio europeo di certezza dei rapporti giuridici e di tutela dell’affidamento.
Il Consiglio di Stato infatti, evidenzia come le disposizioni normative che si sono succedute nel tempo nell’ambito della gestione del servizio di distribuzione del gas naturale, abbiano inciso sul criterio di determinazione dei rimborsi ai gestori le cui concessioni sono state dichiarate cessate in via anticipata ex lege.

In particolare, nell’impianto regolatorio iniziale, costituito dall’art. 15 del d.lgs. n. 164 del 2000 e dal d.m. n. 226 del 2011 (nelle rispettive versioni originarie) i criteri di determinazione dei rimborsi erano determinati avendo riguardo ai criteri che le parti avevano contrattualmente sancito, e in mancanza di essi, dai criteri di cui al r.d. n. 2578 del 1925.

Le successive disposizione di legge (decreti-legge n. 69 e 145 n. 145 del 2013 e decreto-legge n. 91 del 2014) nonché i relativi atti di attuazione (decreti ministeriali n. 74951 del 2014 e n. 106 del 2015) hanno inciso sull’assetto normativo preesistente, avendo in particolare previsto che: a) i criteri convenzionali della determinazione dei rimborsi operano se sono stati stipulati prima dell’11 febbraio 2012 e abbiamo un determinato contenuto in relazione ad alcuni elementi metodologici; b) i criteri suppletivi legali previsti dal succitato r.d. n. 2578 del 1925, sono stati sostituiti con quelli contenuti nelle linee guida adottate col decreto ministeriale 22 maggio 2014, n. 74951 (per l’appunto contenente i «criteri e modalità applicativa per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale»).

I Giudici di Palazzo Spada, sottolineano come dall’analisi della normativa interna emergano con evidenza “..due esigenze contrapposte da tutelare: da una parte, aprire il mercato alla concorrenza nella fase di scelta del gestore di distruzione del gas; dall’altra parte, tenere in considerazione i rapporti già sorti e l’affidamento che ne è conseguito in capo agli operatori economici del settore..”.

Sul punto allora, è necessario comprendere – ai fini della compatibilità della normativa interna con i principi europei di certezza dei rapporti giuridici e di tutela dell’affidamento  – se è possibile un’applicazione retroattiva dei criteri di determinazione dell’entità dei rimborsi spettanti agli ex concessionari con incidenza su pregressi rapporti negoziali ovvero se tale applicazione sia giustificata, anche alla luce del principio di proporzionalità, dall’esigenza di tutelare altri interessi pubblici, di rilevanza europea, afferenti all’esigenza di consentire una migliore tutela dell’assetto concorrenziale del mercato di riferimento unitamente alla maggiore protezione degli utenti del servizio che potrebbero subire, indirettamente, gli effetti di un eventuale maggiorazione delle somme spettanti agli ex concessionari .

Il Consiglio di Stato ha rimesso quindi la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

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