Revisione dei prezzi per i contratti d’appalto in corso
Alcune delle novità introdotte in sede di conversione del D.L. 36/2022 (c.d. Decreto PNRR”), dalla recente legge 79/2022, da ultimo in GURI, riguardano la materia dei contratti pubblici e in particolare la quanto mai attuale questione della revisione dei prezzi e dell’adeguamento dei contratti d’appalto in corso rispetto al “caro materiali”.
È stato infatti modificato l’art. 7 del D.L. 36/2022, con l’aggiunta di due ulteriori commi.
Il primo (comma 2-ter), reca una interpretazione autentica dell’articolo 106, comma 1, lettera c), numero 1), del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 50/2016, disposizione dedicata alla “modifica di contratti durante il periodo di efficacia”, laddove specificatamente riferita alle varianti in corso d’opera, che siano determinate da “circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore”.
Tale inciso – precisa oggi il Legislatore – si interpreta nel senso che tra le circostanze che legittimano varianti in corso d’opera, “sono incluse anche quelle impreviste ed imprevedibili che alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell’opera”.
Il secondo (comma 2-quater), stabilisce che “nei casi indicati al comma 2-ter, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la stazione appaltante o l’aggiudicatario possono proporre, senza che sia alterata la natura generale del contratto e ferma restando la piena funzionalità dell’opera, una variante in corso d’opera che assicuri risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare esclusivamente in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi dei materiali”.
In questo modo il Legislatore ha (finalmente!) inteso riconoscere la rilevanza dei significativi aumenti del costo dei materiali che si sono da ultimo verificati a causa e a seguito dell’emergenza pandemica da COVID-19 (e, da ultimo, della crisi Russia-Ucraina), anche rispetto al “prezzo negoziale” dei contratti d’appalto già aggiudicati e stipulati, ai fini di eventuali e legittime varianti in corso d’opera.
Ciò, fermo restando il limite generale – sancito dall’art. 106, comma 1, lettera c), numero 2 – del divieto di apportare modifiche che alterino “la natura generale del contratto”; e quello stabilito per i soli contratti d’appalto nei settori ordinari dal comma 7 del medesimo art. 106, a mente del quale “il contratto può essere modificato se l’eventuale aumento di prezzo non eccede il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare il presente codice”.
Inoltre è stata introdotta una particolare ipotesi nella quale l’adeguamento del prezzo contrattuale (ai rincari registratisi medio tempore) passa attraverso la compensazione delle relative variazioni in aumento con eventuali riduzioni dei prezzi per altre voci e previsioni iniziali (anche in tal caso nel rispetto della natura generale del contratto, oltreché della funzionalità dell’opera). Cosicché, tale adeguamento risulti “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.