Revisione prezzi: tra interesse legittimo e diritto soggettivo
L’istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale in favore del privato contraente.
La posizione di quest’ultimo, si articola nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all’an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo solo con riguardo a questioni involgenti l’entità della pretesa, una volta risolto in senso positivo il riconoscimento della spettanza del compenso revisionale.
La Terza Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza del 22 giugno 2018 numero 3827, sulla scorta di tale premessa, ha chiarito che la domanda giudiziale avente ad oggetto la revisione prezzi di un contratto di appalto deve essere definita, sul piano processuale, secondo un’indagine di tipo bifasico, volta dapprima all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale – aspetto per il quale è consentito il giudizio impugnatorio riferito all’atto autoritativo della P.A. e al suo surrogato costituito dal silenzio rifiuto – e, solo in un momento successivo, alla verifica del quantum debeatur, secondo meccanismi propri della tutela delle posizioni di diritto soggettivo.
Ne consegue che qualunque provvedimento espresso o tacito che, collocandosi nella prima fase, espressamente neghi la revisione o non dia seguito all’istanza dell’appaltatore, involge posizioni di interesse legittimo e come tale va impugnato nei termini di rito, indipendentemente dalle ragioni sulla cui base la posizione di diniego venga assunta.