Revoca del porto di fucile per uso caccia per pericolo di abuso nell’utilizzo delle armi
Il TAR Catania, con la sentenza numero 2234 del 23 novembre 2018, si è pronunciato sul ricorso presentato da un soggetto al quale era stata revocata la licenza di porto di fucile per caccia per sopravvenuta carenza dei requisiti soggettivi prescritti dalla legge idonei ad escludere il pericolo di abuso nell’utilizzo delle armi possedute, respingendolo e condannando il ricorrente alle spese processuali.
Il provvedimento di revoca, nel caso di specie, si fondava sulla ritenuta inidoneità del ricorrente alla detenzione di armi a seguito di alcuni episodi di violenza familiare che lo avevano visto protagonista.
Il Tribunale amministrativo etneo, con la sentenza qui in rassegna, ha infatti ritenuto di aderire all’orientamento prevalente in giurisprudenza, secondo il quale “…il potere di revoca della licenza di porto di fucile non persegue finalità sanzionatorie ma solo cautelari preordinate alla prevenzione di possibili abusi nell’uso delle armi a tutela della privata e pubblica incolumità, ritenendosi, infatti, non necessario un obiettivo ed accertato abuso, quanto, invece, sufficiente la sussistenza di circostanze idonee a comprovare la non affidabilità dell’interessato nell’uso delle armi…” (Consiglio di Stato, Sez. III, 13 aprile 2011 n. 2294; 11 luglio 2014, n. 3547; 24 agosto 2016 n. 3687; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 13/10/2016, n. 4709, T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 03/06/2016, n. 479, T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 04/04/2016, n. 361, T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 27/03/2015, n. 102, T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 27/11/2014, n. 583).
“Le richiamate esigenze – osservano i Giudici – implicano il possibile apprezzamento di elementi riferibili non soltanto al titolare della licenza ma financo alle persone da questi frequentate, ben potendo l’Amministrazione valutare che il pericolo di abuso possa derivare anche da parte di soggetti con cui l’interessato abbia relazioni familiari o personali. Pertanto, considerato che nel nostro ordinamento la detenzione ed il porto d’armi derogano al generale divieto sancito dagli artt. 699 c.p. e 4, comma 1, l. 18 aprile 1975 n. 110, e che, quindi, in quanto eccezioni, non costituiscono diritti assoluti, il potere esercitato dall’Amministrazione deve ritenersi disciplinato oltre che dalle disposizioni specifiche previste dagli artt.11, 39 e 43, t.u. 18 giugno 1931 n. 773, anche dai principi generali del diritto pubblico in ordine al rilascio dei provvedimenti discrezionali, con la conseguente configurabilità soltanto di posizioni soggettive di interesse legittimo…”.
Quanto alla censura dedotta da parte ricorrente in punto di difetto di motivazione del provvedimento, il TAR ha poi precisato – sulla scorta della prevalente giurisprudenza – che “…i provvedimenti di revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia non devono essere particolarmente motivati, se non limitatamente alla sussistenza dei presupposti idonei ad indurre a ritenere non irrazionali né arbitrarie le valutazioni dell’Amministrazione…” (T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I 14 novembre 2017 n. 697 e sez. I 27 luglio 2016 n. 564, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I 13 ottobre 2017 n. 1518 e sez. I 08 agosto 2017 n. 1282, T.A.R. Piemonte, Torino, sez. I 15 luglio 2016 n. 1007, T.A.R. Marche, Ancona, sez. I 15 aprile 2016 n. 237, T.A.R. Campania, Napoli, sez. V 06 aprile 2016 n. 1685, T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I 09 ottobre 2015 n. 2486, T.A.R. Trentino-Alto Adige, Bolzano, sez. I 23 settembre 2015 n. 283, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I 12 agosto 2014 n. 2177 e sez. I 11 dicembre 2013 n. 2417, T.A.R. Molise, Campobasso, sez. I 07 agosto 2014 n. 490).
I Giudici amministrativi catanesi quindi, hanno ritenuto infondate le censure mosse dal ricorrente avverso il provvedimento di revoca, discostandosi così dall’impostazione seguita in sede cautelare ove inizialmente, avevano ritenuto meritevoli di accoglimento le richieste dell’istante.