Risarcimento dei danni da sanzioni disciplinari sportive illegittime

Published On: 5 Settembre 2018Categories: Tutele, Varie

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 22 agosto 2018 numero 5020 ha indicato “…le direttrici lungo le quali si svolge il sindacato del giudice amministrativo in materia di risarcimento danni (per equivalente monetario) conseguenti all’irrogazione di sanzioni disciplinari sportive poi rivelatesi illegittime…”.
La pronuncia interviene sul giudizio avviato da un giocatore del Novara Calcio il quale veniva deferito dalla Procura federale per l’asserita violazione dell’art. 7, commi 1, 2, 3, 5 e 6 del Codice di giustizia sportiva, in relazione all’incontro di Coppa Italia Chievo-Novara tenutosi il 30 novembre 2010.
La vicenda si collocava in un più ampio contesto di indagini sportive che avevano visto coinvolti, nel biennio 2011-2013, vari tesserati per episodi di illecito sportivo collegati all’effettuazione di scommesse sui risultati di gara e  che portarono all’accertamento dell’esistenza di un’articolata organizzazione internazionale (soprannominata clan degli zingari), operante in concorso con molti calciatori disposti ad assecondarne le finalità criminali.
L’attività investigativa, svolta dalla Procura della Repubblica di Cremona, si era giovata del sostegno collaborativo di un altro calciatore della stessa categoria, il quale, nel corso di un interrogatorio reso dinanzi al Pubblico Ministero, riferiva di avere appreso che il collega – nei confronti del quale veniva successivamente comminata la sanzione – era stato direttamente coinvolto nella combine del predetto incontro di Coppa Italia Chievo-Novara.
All’esito del procedimento disciplinare di prime cure, l’incolpato veniva dunque ritenuto responsabile dell’addebito ascrittogli e sanzionato dalla Commissione disciplinare nazionale con la squalifica per anni 3 e mesi 6, tale sanzione veniva successivamente confermata dalle Sezioni unite della Corte di giustizia federale adita dall’interessato.

A questo punto il giocatore sanzionato si rivolgeva al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport (Tnas, all’epoca organo di ultima istanza del sistema giustiziale sportivo), il quale, con lodo del 19 dicembre 2012, accoglieva il gravame, disponendo l’annullamento della sanzione.

Nelle more del giudizio arbitrale – veniva sottoscritto tra il giocatore ed il Novara Calcio un accordo di risoluzione consensuale del contratto allora in essere tra questi e la società, che sarebbe naturalmente venuto a scadenza il 30 giugno 2015.

Successivamente alla pubblicazione del lodo a lui favorevole, lo sportivo proponeva ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio, al fine di ottenere dalla Figc il risarcimento per equivalente monetario dei danni ingiustamente patiti in conseguenza della descritta vicenda, sia sotto il profilo patrimoniale che sotto quello non patrimoniale.

Sottolineava, in particolare, il comportamento colposo a suo dire tenuto dalla Federazione, così come desumibile dalla motivazione del lodo Tnas, secondo cui la sanzione sarebbe stata inflitta in assenza di obiettive prove a a suo carico.

Costituitasi in giudizio, la Figc negava gli addebiti, chiedendo la reiezione del gravame.

Con sentenza 1° agosto 2017, n. 9144, il Tribunale amministrativo del Lazio accoglieva parzialmente il ricorso, condannando la Fgci al risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla perdita degli emolumenti conseguente all’anticipata risoluzione del contratto che legava il calciatore alla squadra del Novara Calcio, nonché del danno non patrimoniale conseguente al discredito derivatogli dall’irrogazione della sanzione nell’ambiente calcistico e nei rapporti sociali, avendo cancellato la sua immagine di “calciatore pulito” e di “persona pulita”.

Avverso tale decisione interponeva appello la Fgci, costituitosi in giudizio, il calciatore eccepiva l’infondatezza del gravame, chiedendone la reiezione.

Nel procedere all’esame dei motivi di gravame, i giudici della Quinta sezione del Consiglio di Stato hanno ritenuto opportuno richiamare – per ragioni di sistematicità e chiarezza – le principali norme che disciplinano il sindacato del giudice amministrativo in materia di risarcimento danni (per equivalente monetario) conseguenti all’irrogazione di sanzioni disciplinari sportive poi rivelatesi illegittime.

Chiarendo che “… la materia è disciplinata in via generale dal decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280. L’art. 1 (Principi generali), comma 1, afferma: «La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale».

Il successivo comma 2 precisa: «I rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo».

Per quanto riguarda l’ambito statuale – dal carattere residuale nel sistema complessivo della giustizia di interesse sportivo – di competenza del giudice amministrativo, l’art. 3 (Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria) dispone: «Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo…”.

La pronuncia ha quindi ribadito che la natura infra-statuale dell’ordinamento sportivo, comporta che “… le sue peculiarità non possono sacrificare le posizioni soggettive rilevanti per l’ordinamento statuale, perché inviolabili o comunque meritevoli di tutela rafforzata in quanto non disponibili …”.

“… Si fonda così la clausola residuale di salvaguardia in favore della giurisdizione esclusiva amministrativa, cui compete, se del caso ed entro determinati limiti, il sindacato sull’operato – che è di rilievo pubblicistico – della giustizia sportiva … sicché il giudice amministrativo può conoscere, nonostante la riserva a favore della giustizia sportiva, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni e atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione. Così l’esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti sanzionatori disciplinari — che è a tutela dell’autonomia dell’ordinamento sportivo — consente comunque a chi lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante, di agire in giudizio per il conseguente risarcimento del danno …”.

Ne consegue che “…il rapporto tra giustizia sportiva e giurisdizione amministrativa resta riconducibile a un modello progressivo a giurisdizione condizionata, dove coesistono successivi livelli giustiziali, susseguentisi in ragione di oggetto e natura, più o meno specialistica, delle competenze dell’organo giudicante…”.

In coerenza con le suesposte osservazioni, il Consiglio di Stato è entrato nel merito delle domande formulate dalle parti, in via di appello principale ed incidentale, ed ha infine parzialmente accolto l’appello principale, riducendo – in via equitativa – l’importo del danno patrimoniale già riconosciuto in primo grado (e pertanto comunque condannando la Figc a risarcire il calciatore ingiustamente sanzionato).

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Risarcimento dei danni da sanzioni disciplinari sportive illegittime

Published On: 5 Settembre 2018

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 22 agosto 2018 numero 5020 ha indicato “…le direttrici lungo le quali si svolge il sindacato del giudice amministrativo in materia di risarcimento danni (per equivalente monetario) conseguenti all’irrogazione di sanzioni disciplinari sportive poi rivelatesi illegittime…”.
La pronuncia interviene sul giudizio avviato da un giocatore del Novara Calcio il quale veniva deferito dalla Procura federale per l’asserita violazione dell’art. 7, commi 1, 2, 3, 5 e 6 del Codice di giustizia sportiva, in relazione all’incontro di Coppa Italia Chievo-Novara tenutosi il 30 novembre 2010.
La vicenda si collocava in un più ampio contesto di indagini sportive che avevano visto coinvolti, nel biennio 2011-2013, vari tesserati per episodi di illecito sportivo collegati all’effettuazione di scommesse sui risultati di gara e  che portarono all’accertamento dell’esistenza di un’articolata organizzazione internazionale (soprannominata clan degli zingari), operante in concorso con molti calciatori disposti ad assecondarne le finalità criminali.
L’attività investigativa, svolta dalla Procura della Repubblica di Cremona, si era giovata del sostegno collaborativo di un altro calciatore della stessa categoria, il quale, nel corso di un interrogatorio reso dinanzi al Pubblico Ministero, riferiva di avere appreso che il collega – nei confronti del quale veniva successivamente comminata la sanzione – era stato direttamente coinvolto nella combine del predetto incontro di Coppa Italia Chievo-Novara.
All’esito del procedimento disciplinare di prime cure, l’incolpato veniva dunque ritenuto responsabile dell’addebito ascrittogli e sanzionato dalla Commissione disciplinare nazionale con la squalifica per anni 3 e mesi 6, tale sanzione veniva successivamente confermata dalle Sezioni unite della Corte di giustizia federale adita dall’interessato.

A questo punto il giocatore sanzionato si rivolgeva al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport (Tnas, all’epoca organo di ultima istanza del sistema giustiziale sportivo), il quale, con lodo del 19 dicembre 2012, accoglieva il gravame, disponendo l’annullamento della sanzione.

Nelle more del giudizio arbitrale – veniva sottoscritto tra il giocatore ed il Novara Calcio un accordo di risoluzione consensuale del contratto allora in essere tra questi e la società, che sarebbe naturalmente venuto a scadenza il 30 giugno 2015.

Successivamente alla pubblicazione del lodo a lui favorevole, lo sportivo proponeva ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio, al fine di ottenere dalla Figc il risarcimento per equivalente monetario dei danni ingiustamente patiti in conseguenza della descritta vicenda, sia sotto il profilo patrimoniale che sotto quello non patrimoniale.

Sottolineava, in particolare, il comportamento colposo a suo dire tenuto dalla Federazione, così come desumibile dalla motivazione del lodo Tnas, secondo cui la sanzione sarebbe stata inflitta in assenza di obiettive prove a a suo carico.

Costituitasi in giudizio, la Figc negava gli addebiti, chiedendo la reiezione del gravame.

Con sentenza 1° agosto 2017, n. 9144, il Tribunale amministrativo del Lazio accoglieva parzialmente il ricorso, condannando la Fgci al risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla perdita degli emolumenti conseguente all’anticipata risoluzione del contratto che legava il calciatore alla squadra del Novara Calcio, nonché del danno non patrimoniale conseguente al discredito derivatogli dall’irrogazione della sanzione nell’ambiente calcistico e nei rapporti sociali, avendo cancellato la sua immagine di “calciatore pulito” e di “persona pulita”.

Avverso tale decisione interponeva appello la Fgci, costituitosi in giudizio, il calciatore eccepiva l’infondatezza del gravame, chiedendone la reiezione.

Nel procedere all’esame dei motivi di gravame, i giudici della Quinta sezione del Consiglio di Stato hanno ritenuto opportuno richiamare – per ragioni di sistematicità e chiarezza – le principali norme che disciplinano il sindacato del giudice amministrativo in materia di risarcimento danni (per equivalente monetario) conseguenti all’irrogazione di sanzioni disciplinari sportive poi rivelatesi illegittime.

Chiarendo che “… la materia è disciplinata in via generale dal decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280. L’art. 1 (Principi generali), comma 1, afferma: «La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale».

Il successivo comma 2 precisa: «I rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo».

Per quanto riguarda l’ambito statuale – dal carattere residuale nel sistema complessivo della giustizia di interesse sportivo – di competenza del giudice amministrativo, l’art. 3 (Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria) dispone: «Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo…”.

La pronuncia ha quindi ribadito che la natura infra-statuale dell’ordinamento sportivo, comporta che “… le sue peculiarità non possono sacrificare le posizioni soggettive rilevanti per l’ordinamento statuale, perché inviolabili o comunque meritevoli di tutela rafforzata in quanto non disponibili …”.

“… Si fonda così la clausola residuale di salvaguardia in favore della giurisdizione esclusiva amministrativa, cui compete, se del caso ed entro determinati limiti, il sindacato sull’operato – che è di rilievo pubblicistico – della giustizia sportiva … sicché il giudice amministrativo può conoscere, nonostante la riserva a favore della giustizia sportiva, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni e atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione. Così l’esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti sanzionatori disciplinari — che è a tutela dell’autonomia dell’ordinamento sportivo — consente comunque a chi lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante, di agire in giudizio per il conseguente risarcimento del danno …”.

Ne consegue che “…il rapporto tra giustizia sportiva e giurisdizione amministrativa resta riconducibile a un modello progressivo a giurisdizione condizionata, dove coesistono successivi livelli giustiziali, susseguentisi in ragione di oggetto e natura, più o meno specialistica, delle competenze dell’organo giudicante…”.

In coerenza con le suesposte osservazioni, il Consiglio di Stato è entrato nel merito delle domande formulate dalle parti, in via di appello principale ed incidentale, ed ha infine parzialmente accolto l’appello principale, riducendo – in via equitativa – l’importo del danno patrimoniale già riconosciuto in primo grado (e pertanto comunque condannando la Figc a risarcire il calciatore ingiustamente sanzionato).

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