Silenzio su istanza di aggiornamento dell'informativa antimafia e di iscrizione alla "White list"
Sussiste l’obbligo del Prefetto “di pronunciarsi in maniera espressa sulle istanze di aggiornamento dell’informativa antimafia alla luce di quanto dispone l’art. 91, comma 5, del d.lgs. n. 159/2011, secondo il quale «il prefetto, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazioni al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamenti dei tentativi di infiltrazione mafiosa»“.
A ribadirlo è la Sezione Prima Ter del T.A.R. Lazio nella sentenza del 24 ottobre 2018 numero 10301, giunta a conclusione di un giudizio proposto ai sensi dell’art. 31 CPA, avverso e per la declaratoria di illegittimità del silenzio tenuto dall’Ufficio Territoriale del Governo di Roma in ordine sia ad alcune istanze di revisione della certificazione antimafia sia sull’iscrizione nelle White list tramite provvedimento.
Il Collegio giudicante, in particolare, ha rilevato come la giurisprudenza risulti consolidata nel ritenere che “..a fronte di una circostanziata richiesta di aggiornamento da parte del soggetto interessato, il prefetto non possa legittimamente sottrarsi all’obbligo di riesaminare il quadro indiziario esistente alla luce dei nuovi dati segnalatigli (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 2009, n. 3092; sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743) e di ripronunciarsi, quindi, in via espressa su di esso, ferma restando, naturalmente, la piena discrezionalità del suo potere valutativo in merito al perdurare del rischio di infiltrazione mafiosa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 maggio 2015, n. 2410; 3 maggio 2016, n. 1743)…”
Il gravame è stato poi accolto anche nella parte in cui è stato censurato il silenzio sulla richiesta di iscrizione alla c.d. White list dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa, poiché grava sulla Prefettura l’obbligo di effettuare verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa.
E’ stata invece dichiarata inammissibile la domanda di accertamento della fondatezza della pretesa ai sensi dell’articolo 31 c.p.a., a cui sarebbe conseguita la condanna alla revisione della certificazione antimafia e all’iscrizione alla White list, in considerazione tanto della natura ampiamente discrezionale dell’informativa in merito al perdurare del rischio di infiltrazione mafiosa quanto della possibile necessità di ulteriori attività istruttorie da compiersi a cura della pubblica amministrazione (cfr. Con. Stato, sez. III, 13 maggio 2015, n. 2410; 3 maggio 2016, n. 1743).
Il ricorso è stato dunque accolto nella parte in cui si censurava il silenzio della Prefettura di Roma alla quale è stato conseguentemente assegnato, per provvedere, un termine di novanta giorni (indicato dall’articolo 3, comma 3 ultimo periodo, del D.P.C.M. 18/04/2013).