Terzo Condono edilizio e cambio di destinazione d’uso

Published On: 3 Aprile 2024Categories: Edilizia, Urbanistica ed Espropriazioni

La Sezione Quarta Ter del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con la sentenza del 4 marzo 2024 n.4370, si è pronunciata, in tema di terzo condono edilizio, su di una singolare fattispecie concreta inerente al cambio di destinazione d’uso in capo ad un immobile ubicato in area vincolata.

Il caso concreto

La ricorrente nel lontano 2004 – avendo ereditato un immobile rurale già realizzato e regolarmente assentito nel termine indicato dal terzo condono edilizio – ha presentato al Comune competente istanza di condono, ex art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito dalla legge n. 326/2003) per un mero cambio di destinazione d’uso (funzionale, senza opere), da casa agricola ad “ordinaria” abitazione residenziale, inerente un “fabbricato rurale” (di 80 mq).

L’Amministrazione Comunale però, con determina dirigenziale del 2015, ha rigettato tale istanza di condono, essendo l’immobile ubicato su area gravata da vincolo paesistico e compreso nel perimetro di un parco.

Sicché la ricorrente ha proposto ricorso giurisdizionale.

Le posizioni contrapposte

Secondo la ricorrente, la tipologia d’intervento proposta con la suddetta istanza di condono – specificamente consistente nel mero “cambio di destinazione d’uso di una casa agricola a casa ad uso abitazione” – ha adeguatamente rispettato le disposizioni nazionali e regionali sul terzo condono edilizio.

Secondo l’Amministrazione, al contrario, l’istanza di condono è stata correttamente rigettata, perché sulle aree gravate da vincolo paesistico sarebbero sanabili soltanto interventi minori diversi da quello effettuato dalla ricorrente.

La decisione del Tribunale Amministrativo

Il Giudice adito, nel dirimere la controversia, non ha potuto fare a meno di osservare le peculiarità della fattispecie concreta in rapporto alla motivazione del diniego fornita dall’Amministrazione, senza quindi dover ricorrere a particolari precedenti giurisprudenziali in materia.

Il Tribunale infatti – lamentando financo che il Comune non ha neppure adempiuto all’obbligo di acquisizione dei pareri da parte delle autorità preposte alla tutela dei vincoli e reputando “…stereotipata e apodittica nei presupposti, nell’excursus e nelle conclusioni raggiunte…” la motivazione del citato rigetto – ha potuto osservare in specie che non sono stat(i) chiest(i) in sanatoria interventi di manipolazione edilizia..”, essendo piuttosto richiesto condono per mero cambio di destinazione da immobile per uso agricolo-rurale a immobile per uso residenziale ordinario, in zona a ridosso di un’area completamente urbanizzata. Ciò, considerando altresì dirimenteche, trattasi di condono edilizio relativo ad una porzione di un immobile (80 mq) già esistente, destinato ad abitazione della ricorrente e della sua famiglia, senza la realizzazione di alcuna opera, che dal punto di vista paesistico ambientale, pertanto, l’impatto dell’abuso in questione sull’ambiente circostante è nullo, nonché e in ogni caso che trattasi di mero cambio d’uso meramente funzionale di un immobile ad uso abitativo-residenziale non più per una famiglia o persone dedite all’agricoltura, dal ché deriva, a parte la regolarità urbanistica, la condizione edilizia-fiscale della “ruralità”, bensì per soggetti dediti ad altra attività”.

Sull’entità e sugli effetti del cambio di destinazione d’uso

Il Collegio, avvalorando la tesi della ricorrente, ha potuto così ulteriormente osservare che nella fattispecie, v’è totale assenza di opere, bensì trattasi di mero cambio d’uso funzionale. Un cambio di destinazione d’uso quello da abitazione agricolo-rurale a residenziale, che non è affatto comparabile con quelle di diverso tipo, che non a caso implicano sempre interventi edilizi spesso cospicui, con aumento del c.d. carico urbanistico.

Evidenziando peraltro che nel caso di specie, la casa di abitazione de qua mantiene intatta la sua consistenza e destinazione abitativa ad uso di persone, che un tempo dedite all’attività agricola, ora non lo sono più…” e ciò, anche per evitare la conclusione che sol per un siffatto mutamento di condizione debbano essere demolite tutte le case ex agricole-rurali, che magari abbiano pure un rilievo paesistico o, comunque, rappresentino testimonianza di civiltà e di attività produttive primarie di un certo pregio.

Conseguentemente, ritenendo ancora che in verità … l’immobile de quo, nella misura in cui è incluso in un piano paesistico e nel perimetro di un parco, avendo avuto nel trascorso passato destinazione agricola, può ben presentare fattezze e caratteristiche tali da meritare la preservazione.

D’altronde preavvertendo che, a ragionare diversamente, neanche si riesce a comprendere, a seguito del diniego di condono, qual sia o possa essere la condizione edilizia di un immobile, come quello di cui è causa, regolarmente assentito illo tempore, in ragione dei requisiti soggettivi e oggettivi posseduti dagli originari costruttori danti causa, quando legittimamente pervenga ad aventi causa, che invece non possiedano i requisiti dello svolgimento di un’attività agricola.

Sulla tipologia d’intervento cui può afferire il cambio di destinazione d’uso

Il Tribunale, proprio nel segno delle superiori argomentazioni, ha altresì osservato che “…un condono edilizio, inerente la perdita della condizione di ruralità dell’immobile, senza svolgimento di opere edilizie, è assimilabile ad una “depotenziata” fattispecie di manutenzione straordinaria o di risanamento conservativo (e, quindi, di mero riadattamento funzionale) e, dunque, ad un intervento minore sanabile, non certo ad una qualche forma preclusa dal condono di ristrutturazione edilizia e/o di altro intervento intrinsecamente non sanabile.

Derivandone che il mutamento d’uso in questione, senza alcun aumento di volumetria, non può essere classificato come intervento edilizio non sanabile, in quanto l’uso sostanziale dell’immobile era ed è rimasto abitazione e il venir meno del collegamento in se stesso considerato con alcuna azienda agricola non integra gli estremi della radicale trasformazione, che caratterizza, invece, la ristrutturazione edilizia.

In conclusione

Il Collegio, con la presente pronuncia, ha statuito che il cambio d’uso oggetto d’istanza di condono edilizio – che non incide in alcun modo apprezzabile sul territorio sul quale insiste l’immobile (in specie, peraltro, sito in area completamente urbanizzata) – può rientrare tra gli interventi minori consentiti.

Ammonendo – chicchessia l’operatore del diritto – che sempre le norme in delibazione vanno coordinate con i postulati epistemologici dei concetti, derivanti dalla logicità, ragionevolezza e proporzionalità nell’interpretazione giuridica e nella sua applicazione alle varie e multiformi fattispecie concrete.

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Terzo Condono edilizio e cambio di destinazione d’uso

Published On: 3 Aprile 2024

La Sezione Quarta Ter del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con la sentenza del 4 marzo 2024 n.4370, si è pronunciata, in tema di terzo condono edilizio, su di una singolare fattispecie concreta inerente al cambio di destinazione d’uso in capo ad un immobile ubicato in area vincolata.

Il caso concreto

La ricorrente nel lontano 2004 – avendo ereditato un immobile rurale già realizzato e regolarmente assentito nel termine indicato dal terzo condono edilizio – ha presentato al Comune competente istanza di condono, ex art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito dalla legge n. 326/2003) per un mero cambio di destinazione d’uso (funzionale, senza opere), da casa agricola ad “ordinaria” abitazione residenziale, inerente un “fabbricato rurale” (di 80 mq).

L’Amministrazione Comunale però, con determina dirigenziale del 2015, ha rigettato tale istanza di condono, essendo l’immobile ubicato su area gravata da vincolo paesistico e compreso nel perimetro di un parco.

Sicché la ricorrente ha proposto ricorso giurisdizionale.

Le posizioni contrapposte

Secondo la ricorrente, la tipologia d’intervento proposta con la suddetta istanza di condono – specificamente consistente nel mero “cambio di destinazione d’uso di una casa agricola a casa ad uso abitazione” – ha adeguatamente rispettato le disposizioni nazionali e regionali sul terzo condono edilizio.

Secondo l’Amministrazione, al contrario, l’istanza di condono è stata correttamente rigettata, perché sulle aree gravate da vincolo paesistico sarebbero sanabili soltanto interventi minori diversi da quello effettuato dalla ricorrente.

La decisione del Tribunale Amministrativo

Il Giudice adito, nel dirimere la controversia, non ha potuto fare a meno di osservare le peculiarità della fattispecie concreta in rapporto alla motivazione del diniego fornita dall’Amministrazione, senza quindi dover ricorrere a particolari precedenti giurisprudenziali in materia.

Il Tribunale infatti – lamentando financo che il Comune non ha neppure adempiuto all’obbligo di acquisizione dei pareri da parte delle autorità preposte alla tutela dei vincoli e reputando “…stereotipata e apodittica nei presupposti, nell’excursus e nelle conclusioni raggiunte…” la motivazione del citato rigetto – ha potuto osservare in specie che non sono stat(i) chiest(i) in sanatoria interventi di manipolazione edilizia..”, essendo piuttosto richiesto condono per mero cambio di destinazione da immobile per uso agricolo-rurale a immobile per uso residenziale ordinario, in zona a ridosso di un’area completamente urbanizzata. Ciò, considerando altresì dirimenteche, trattasi di condono edilizio relativo ad una porzione di un immobile (80 mq) già esistente, destinato ad abitazione della ricorrente e della sua famiglia, senza la realizzazione di alcuna opera, che dal punto di vista paesistico ambientale, pertanto, l’impatto dell’abuso in questione sull’ambiente circostante è nullo, nonché e in ogni caso che trattasi di mero cambio d’uso meramente funzionale di un immobile ad uso abitativo-residenziale non più per una famiglia o persone dedite all’agricoltura, dal ché deriva, a parte la regolarità urbanistica, la condizione edilizia-fiscale della “ruralità”, bensì per soggetti dediti ad altra attività”.

Sull’entità e sugli effetti del cambio di destinazione d’uso

Il Collegio, avvalorando la tesi della ricorrente, ha potuto così ulteriormente osservare che nella fattispecie, v’è totale assenza di opere, bensì trattasi di mero cambio d’uso funzionale. Un cambio di destinazione d’uso quello da abitazione agricolo-rurale a residenziale, che non è affatto comparabile con quelle di diverso tipo, che non a caso implicano sempre interventi edilizi spesso cospicui, con aumento del c.d. carico urbanistico.

Evidenziando peraltro che nel caso di specie, la casa di abitazione de qua mantiene intatta la sua consistenza e destinazione abitativa ad uso di persone, che un tempo dedite all’attività agricola, ora non lo sono più…” e ciò, anche per evitare la conclusione che sol per un siffatto mutamento di condizione debbano essere demolite tutte le case ex agricole-rurali, che magari abbiano pure un rilievo paesistico o, comunque, rappresentino testimonianza di civiltà e di attività produttive primarie di un certo pregio.

Conseguentemente, ritenendo ancora che in verità … l’immobile de quo, nella misura in cui è incluso in un piano paesistico e nel perimetro di un parco, avendo avuto nel trascorso passato destinazione agricola, può ben presentare fattezze e caratteristiche tali da meritare la preservazione.

D’altronde preavvertendo che, a ragionare diversamente, neanche si riesce a comprendere, a seguito del diniego di condono, qual sia o possa essere la condizione edilizia di un immobile, come quello di cui è causa, regolarmente assentito illo tempore, in ragione dei requisiti soggettivi e oggettivi posseduti dagli originari costruttori danti causa, quando legittimamente pervenga ad aventi causa, che invece non possiedano i requisiti dello svolgimento di un’attività agricola.

Sulla tipologia d’intervento cui può afferire il cambio di destinazione d’uso

Il Tribunale, proprio nel segno delle superiori argomentazioni, ha altresì osservato che “…un condono edilizio, inerente la perdita della condizione di ruralità dell’immobile, senza svolgimento di opere edilizie, è assimilabile ad una “depotenziata” fattispecie di manutenzione straordinaria o di risanamento conservativo (e, quindi, di mero riadattamento funzionale) e, dunque, ad un intervento minore sanabile, non certo ad una qualche forma preclusa dal condono di ristrutturazione edilizia e/o di altro intervento intrinsecamente non sanabile.

Derivandone che il mutamento d’uso in questione, senza alcun aumento di volumetria, non può essere classificato come intervento edilizio non sanabile, in quanto l’uso sostanziale dell’immobile era ed è rimasto abitazione e il venir meno del collegamento in se stesso considerato con alcuna azienda agricola non integra gli estremi della radicale trasformazione, che caratterizza, invece, la ristrutturazione edilizia.

In conclusione

Il Collegio, con la presente pronuncia, ha statuito che il cambio d’uso oggetto d’istanza di condono edilizio – che non incide in alcun modo apprezzabile sul territorio sul quale insiste l’immobile (in specie, peraltro, sito in area completamente urbanizzata) – può rientrare tra gli interventi minori consentiti.

Ammonendo – chicchessia l’operatore del diritto – che sempre le norme in delibazione vanno coordinate con i postulati epistemologici dei concetti, derivanti dalla logicità, ragionevolezza e proporzionalità nell’interpretazione giuridica e nella sua applicazione alle varie e multiformi fattispecie concrete.

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