Terzo Settore: la Consulta si esprime sui contributi per l’acquisto di ambulanze riservate alle ODV

La Corte Costituzionale, con sentenza del 15 marzo 2022 numero 72, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 76 del decreto legislativo del 3 luglio 2017 numero 117 (Codice del Terzo Settore) rispetto agli articoli 2; 3; 4; 9; 18; 76; 118, quarto comma della Costituzione, sollevata dalla Sezione Terza del Consiglio di Stato, con ordinanza di rimessione del 9 novembre 2020 n. 6908.

La norma rubricata “Contributo per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni strumentali” dispone, nel dettaglio, che alcune risorse individuate dall’articolo 73 del Codice del Terzo Settore (tratte dal Fondo nazionale per le politiche sociali) “…sono destinate a sostenere l’attività di interesse generale delle organizzazioni di volontariato attraverso l’erogazione di contributi per l’acquisto, da parte delle medesime, di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, utilizzati direttamente ed esclusivamente per attività di interesse generale, che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diverse utilizzazioni senza radicali trasformazioni, nonché per la donazione dei beni ivi indicati nei confronti delle strutture sanitarie pubbliche da parte delle organizzazioni di volontariato e delle fondazioni…”.

Il caso

La questione è sorta nell’ambito del vaglio di legittimità di un decreto ministeriale che attuando il censurato art. 76, individuava le modalità per l’erogazione dei contributi previsti per il 2017, escludendo le fondazioni non aventi la struttura tipica delle ODV dalle provvidenze economiche per l’acquisto di autoambulanze e di beni strumentali da adibire all’attività istituzionale.

La questione di legittimità dell’articolo 76 in rapporto all’articolo 3 della Costituzione

Il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi in sede di appello, ha ritenuto rilevanti alcune questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 76, già rigettate dal giudice di prime cure, così sollevando una questione di incostituzionalità per eccesso di delega rispetto alla legge 106/2016 che ha demandato al Governo l’adozione del cod. terzo settore e ritenendo altresì che l’art. 76 cod. terzo settore avrebbe violato i parametri costituzionali di cui agli articoli 2 (nella parte in cui tutela i diritti della persona nell’ambito delle formazioni sociali), 4 (nella parte in cui protegge il lavoro), 9 (per la promozione della ricerca tecnica), 18 (per la garanzia dell’associazionismo, in qualsiasi forma giuridica) e 118, comma quarto (per l’affermazione del principio di sussidiarietà orizzontale)» della Costituzione.

La più rilevante censura delle previsioni di cui all’articolo 76 del Codice del Terzo Settore, secondo il giudice a quo, riguarderebbe poi il canone di  ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione, nonché la violazione del principio di non discriminazione, poiché – rispetto alla disciplina precedente (di cui all’articolo 96 comma 1, della legge 21 novembre 2000 numero 342) – la norma attualmente vigente riserva alle sole organizzazioni di volontariato (ODV) i contributi per l’acquisto di ambulanze ed autoveicoli utili all’esercizio di attività sanitarie e di beni strumentali, escludendo dal medesimo beneficio economico gli altri Enti del Terzo settore (ETS) esercenti le stesse attività di interesse generale.

La scelta di favore per le organizzazioni di volontariato infatti, secondo il giudice rimettente, non sarebbe nemmeno giustificata dalla circostanza che gli ODV – rispetto agli ETS – strutturalmente, devono avere un numero maggiore di operatori volontari rispetto a quello di operatori lavoratori dipendenti. Né, anche alla luce di precedenti richiami giurisprudenziali della stessa Corte Costituzionale (sentenza 277/2019 numero 277) è consentito differenziare il trattamento degli ETS sulla base dello status giuridico di dette organizzazioni.

La decisione

Avendo ritenuto inammissibili le generiche censure di cui ai numerosi parametri costituzionali sopra citati e non ritenendo la norma disposta oltre i limiti della delega tracciata dalla legge 106/2016, la Corte ha esaminato con ampiezza di argomenti la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 cod. terzo settore, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. ritenendolo tuttavia infondata.

Tratti comuni degli ETS e differenze nell’accesso ai contributi

La Corte Costituzionale, sulla scorta del noto precedente in materia  di cui alla sentenza del 26 giugno 2020, numero 131,  precisa che  pur potendosi ravvisare nell’articolo 4 del Codice del Terzo Settore una definizione unitaria ed unificante della macrocategoria degli ETS iscritti nel registro unico nazionale del Terzo Settore – che va dalle ODV alle imprese e cooperative sociali sino agli altri enti atipici (fondazioni incluse) esercenti attività d’interesse generale senza scopo di lucro – non risulta comunque possibile una loro indistinta omologazione.       

Ed invero, “…all’interno del perimetro legale di questa definizione sono rimaste in vita specifiche e diverse caratterizzazioni dei modelli organizzativi, al punto che sono gli enti nella loro autonomia a individuare, variandola se necessario, quella che meglio consente, secondo la storia e l’identità di ciascuno, il raggiungimento dei propri fini istituzionali…”, con la conseguenza che “…permangono, inoltre, anche differenziazioni nei regimi di sostegno pubblico che si giustificano in ragione di diversi fattori, tra cui anche quello della specifica dimensione che assume, strutturalmente, l’apporto della componente volontaria all’interno dei suddetti enti”.

Differenze, peraltro, che non possono nascondersi dietro la definizione comune o i tratti caratterizzanti unitari del macrosistema degli ETS.

Difatti, per la Consulta, se è vero che un’unitarietà normativa tra tutti gli ETS può aversi rispetto al Regime fiscale, “l’esigenza di una disciplina unitaria diviene invece recessiva nella disciplina del Capo IV (Delle risorse finanziarie) del Titolo VIII (Della promozione e del sostegno degli Enti del Terzo Settore), che, anche razionalizzando forme di finanziamento preesistenti, identifica un ambito dove è prevalente l’elemento attinente alla tipologia organizzativa, al punto che la normativa in oggetto non riferisce alle imprese sociali alcuna forma di contributo statale diretto, riservandola esclusivamente ad altri ETS…” (com’è avvenuto rispetto alla disposizione censurata, che ha destinato un beneficio economico a sostegno delle attività di interesse generale svolte dalle sole ODV).

La disciplina delle ODV e la prevalenza dell’attività di volontariato

Per il motivo che precede, poi, la Corte Costituzionale rimarca la definizione normativa delle ODV, dando rilievo alla necessaria prevalenza della componente volontaristica nella struttura organizzativa di dette realtà, attraverso anche la disciplina dell’attività di interesse generale da questi svolta (notoriamente condizionata dalle peculiarità di gratuità proprie dell’attività di volontariato).

In particolare, rilevando che “…in forza dell’art. 32, comma 1, cod. terzo settore, «le organizzazioni di volontariato sono enti del Terzo settore costituiti […], per lo svolgimento prevalentemente in favore di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5, avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati»…”, osservando che “…Tale prevalenza dell’attività di volontariato assume un rilievo centrale, perché incide anche sul sistema di finanziamento, come del resto conferma l’art. 33, comma 3, cod. terzo settore, che vincola espressamente le ODV a ricevere, per l’attività di interesse generale prestata, «soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate»” ed  evidenziando, altresì, che “…Si tratta, in realtà, di un vincolo in qualche modo collegato al principio generale secondo cui «l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario”.

Detto vincolo normativo, per la Corte, è centrale rispetto alla legittimità della previsione di una disciplina specificamente differenziata per le sole ODV cui si riserva il beneficio economico contenuto nell’articolo 76 del d. lgs. n. 117/2017, “Perché preclude alle ODV la possibilità di ottenere dallo svolgimento dell’attività di interesse generale margini positivi da destinare all’incremento dell’attività stessa (salvo che per le attività diverse di cui all’art. 6 cod. terzo settore, che però possono essere solo «secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale»), a differenza, in particolare, delle imprese sociali (qualifica che può essere ottenuta anche dalle fondazioni), che possono percepire forme di corrispettivo dai destinatari delle prestazioni rese”.

Così segnalando la Corte che “Sussiste quindi una definita linea di demarcazione all’interno della pur unitaria categoria degli ETS: è ben vero che quelli che scelgono di svolgere attività economica – accettando i correlati vincoli, primo dei quali la rinuncia alla massimizzazione del profitto – possono essere considerati operatori di un “mercato qualificato”, quello della welfare society, distinto da quello che invece risponde al fine di lucro. Tuttavia, rimane fermo che tali soggetti hanno la possibilità di ricevere un corrispettivo per il servizio reso e quindi, anche in tal modo, procurarsi le risorse, cui fa riferimento la norma censurata, necessarie all’acquisto degli automezzi e dei beni strumentali al sostegno delle attività di interesse generale. Possibilità che invece è preclusa, come si è visto, alle ODV…”.

Da ciò derivando che  non tutti gli ETS possono avere le medesime possibilità economico/produttive.

Sul dovere di proporzione interna negli ODV tra operatori volontari e dipendenti

Su quest’ultimo punto, inoltre, la Corte, richiamando l’articolo 33, comma 1 del Codice del Terzo Settore, conferisce essenziale rilievo all’argomento che nelle ODV il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari.

A tal proposito, invero pur se “…Tutti gli ETS «possono» avvalersi di volontari (art. 17, comma 1, cod. terzo settore)…”, non può ignorarsi quella “…regola specifica che impone alle ODV di avvalersene «in modo prevalente» (art. 32, comma 1, cod. terzo settore)…”, considerando peraltro che “…Nel caso delle imprese sociali, in particolare, la regola è oltretutto ribaltata, in quanto queste possono avvalersi di volontari, ma il numero degli stessi non può superare quello dei lavoratori (art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 2017)…”.

Sulla ragionevolezza dell’articolo 76 del Codice del Terzo Settore

Dunque, per la Consulta, il beneficio economico per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, riconosciuto dalla norma censurata alle sole ODV è giustificato, non soltanto perché destinato esclusivamente a quegli Enti del Terzo Settore “che non dispongono della possibilità di pattuire, per il servizio reso tramite l’attività di interesse generale, una remunerazione in grado di permettere l’acquisto o il rinnovo di automezzi e beni materiali strumentali”, ma anche perché in alcuni di essi c’è una maggiore centralità dell’attività di volontariato e della figura dei volontari.

Aspetti, quest’ultimi, che per la Corte non sono affatto secondari, costituendo proprio il volontariato “…una modalità fondamentale di partecipazione civica e di formazione del capitale sociale delle istituzioni democratiche, al punto che risulterebbe paradossale penalizzare proprio gli enti che strutturalmente sono caratterizzati in misura prevalente da volontari, a causa del limite del mero rimborso delle spese…”.

Perciò, “…Non appare irragionevole, né discriminatorio, che il contributo oggetto della norma censurata sia accessibile solo a ETS caratterizzati dal vincolo normativo alla prevalenza dei volontari e dal connesso principio di gratuità, con esclusione degli altri enti per i quali tale previsione non sussiste e che quindi possono pattuire remunerazioni con cui autonomamente finanziare l’acquisto o il rinnovo dei beni considerati nella norma censurata”.

Risulta così giustificata la connessione tra la specifica condizione che caratterizza tali soli ETS e la ratio della misura di sostegno, poiché “…è la connotazione sostanziale a rendere ragione del contributo in questione, rivolto a enti in cui strutturalmente è prevalente la componente dei volontari e che, in forza della limitazione al rimborso delle spese, non potrebbero altrimenti reperire le risorse finanziarie necessarie all’acquisto o alla sostituzione degli automezzi e degli altri mezzi strumentali…”.

In conclusione, il monito della Corte al legislatore

Tuttavia, la Corte – consapevole dell’odierno ruolo da protagonista del sistema di ETS nel modello di amministrazione condivisa con le pubbliche amministrazioni nell’esercizio di attività d’interesse generale – pur considerando ragionevole la disposizione censurata nei termini e per le ragioni sopra illustrate, non ha mancato di esortare il legislatore ad intervenire per consentire l’accesso alle relative risorse anche a tutti quegli ETS maggiormente assimilabili per carattere strutturale alle ODV (si pensi alle associazioni di promozione sociale), proprio sulla base del requisito “…della necessaria prevalenza dell’operare volontario delle persone associate…”, stante anche la centralità del principio solidaristico a base del nostro sistema costituzionale.

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Terzo Settore: la Consulta si esprime sui contributi per l’acquisto di ambulanze riservate alle ODV

Published On: 21 Marzo 2022

La Corte Costituzionale, con sentenza del 15 marzo 2022 numero 72, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 76 del decreto legislativo del 3 luglio 2017 numero 117 (Codice del Terzo Settore) rispetto agli articoli 2; 3; 4; 9; 18; 76; 118, quarto comma della Costituzione, sollevata dalla Sezione Terza del Consiglio di Stato, con ordinanza di rimessione del 9 novembre 2020 n. 6908.

La norma rubricata “Contributo per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni strumentali” dispone, nel dettaglio, che alcune risorse individuate dall’articolo 73 del Codice del Terzo Settore (tratte dal Fondo nazionale per le politiche sociali) “…sono destinate a sostenere l’attività di interesse generale delle organizzazioni di volontariato attraverso l’erogazione di contributi per l’acquisto, da parte delle medesime, di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, utilizzati direttamente ed esclusivamente per attività di interesse generale, che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diverse utilizzazioni senza radicali trasformazioni, nonché per la donazione dei beni ivi indicati nei confronti delle strutture sanitarie pubbliche da parte delle organizzazioni di volontariato e delle fondazioni…”.

Il caso

La questione è sorta nell’ambito del vaglio di legittimità di un decreto ministeriale che attuando il censurato art. 76, individuava le modalità per l’erogazione dei contributi previsti per il 2017, escludendo le fondazioni non aventi la struttura tipica delle ODV dalle provvidenze economiche per l’acquisto di autoambulanze e di beni strumentali da adibire all’attività istituzionale.

La questione di legittimità dell’articolo 76 in rapporto all’articolo 3 della Costituzione

Il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi in sede di appello, ha ritenuto rilevanti alcune questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 76, già rigettate dal giudice di prime cure, così sollevando una questione di incostituzionalità per eccesso di delega rispetto alla legge 106/2016 che ha demandato al Governo l’adozione del cod. terzo settore e ritenendo altresì che l’art. 76 cod. terzo settore avrebbe violato i parametri costituzionali di cui agli articoli 2 (nella parte in cui tutela i diritti della persona nell’ambito delle formazioni sociali), 4 (nella parte in cui protegge il lavoro), 9 (per la promozione della ricerca tecnica), 18 (per la garanzia dell’associazionismo, in qualsiasi forma giuridica) e 118, comma quarto (per l’affermazione del principio di sussidiarietà orizzontale)» della Costituzione.

La più rilevante censura delle previsioni di cui all’articolo 76 del Codice del Terzo Settore, secondo il giudice a quo, riguarderebbe poi il canone di  ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione, nonché la violazione del principio di non discriminazione, poiché – rispetto alla disciplina precedente (di cui all’articolo 96 comma 1, della legge 21 novembre 2000 numero 342) – la norma attualmente vigente riserva alle sole organizzazioni di volontariato (ODV) i contributi per l’acquisto di ambulanze ed autoveicoli utili all’esercizio di attività sanitarie e di beni strumentali, escludendo dal medesimo beneficio economico gli altri Enti del Terzo settore (ETS) esercenti le stesse attività di interesse generale.

La scelta di favore per le organizzazioni di volontariato infatti, secondo il giudice rimettente, non sarebbe nemmeno giustificata dalla circostanza che gli ODV – rispetto agli ETS – strutturalmente, devono avere un numero maggiore di operatori volontari rispetto a quello di operatori lavoratori dipendenti. Né, anche alla luce di precedenti richiami giurisprudenziali della stessa Corte Costituzionale (sentenza 277/2019 numero 277) è consentito differenziare il trattamento degli ETS sulla base dello status giuridico di dette organizzazioni.

La decisione

Avendo ritenuto inammissibili le generiche censure di cui ai numerosi parametri costituzionali sopra citati e non ritenendo la norma disposta oltre i limiti della delega tracciata dalla legge 106/2016, la Corte ha esaminato con ampiezza di argomenti la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 cod. terzo settore, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. ritenendolo tuttavia infondata.

Tratti comuni degli ETS e differenze nell’accesso ai contributi

La Corte Costituzionale, sulla scorta del noto precedente in materia  di cui alla sentenza del 26 giugno 2020, numero 131,  precisa che  pur potendosi ravvisare nell’articolo 4 del Codice del Terzo Settore una definizione unitaria ed unificante della macrocategoria degli ETS iscritti nel registro unico nazionale del Terzo Settore – che va dalle ODV alle imprese e cooperative sociali sino agli altri enti atipici (fondazioni incluse) esercenti attività d’interesse generale senza scopo di lucro – non risulta comunque possibile una loro indistinta omologazione.       

Ed invero, “…all’interno del perimetro legale di questa definizione sono rimaste in vita specifiche e diverse caratterizzazioni dei modelli organizzativi, al punto che sono gli enti nella loro autonomia a individuare, variandola se necessario, quella che meglio consente, secondo la storia e l’identità di ciascuno, il raggiungimento dei propri fini istituzionali…”, con la conseguenza che “…permangono, inoltre, anche differenziazioni nei regimi di sostegno pubblico che si giustificano in ragione di diversi fattori, tra cui anche quello della specifica dimensione che assume, strutturalmente, l’apporto della componente volontaria all’interno dei suddetti enti”.

Differenze, peraltro, che non possono nascondersi dietro la definizione comune o i tratti caratterizzanti unitari del macrosistema degli ETS.

Difatti, per la Consulta, se è vero che un’unitarietà normativa tra tutti gli ETS può aversi rispetto al Regime fiscale, “l’esigenza di una disciplina unitaria diviene invece recessiva nella disciplina del Capo IV (Delle risorse finanziarie) del Titolo VIII (Della promozione e del sostegno degli Enti del Terzo Settore), che, anche razionalizzando forme di finanziamento preesistenti, identifica un ambito dove è prevalente l’elemento attinente alla tipologia organizzativa, al punto che la normativa in oggetto non riferisce alle imprese sociali alcuna forma di contributo statale diretto, riservandola esclusivamente ad altri ETS…” (com’è avvenuto rispetto alla disposizione censurata, che ha destinato un beneficio economico a sostegno delle attività di interesse generale svolte dalle sole ODV).

La disciplina delle ODV e la prevalenza dell’attività di volontariato

Per il motivo che precede, poi, la Corte Costituzionale rimarca la definizione normativa delle ODV, dando rilievo alla necessaria prevalenza della componente volontaristica nella struttura organizzativa di dette realtà, attraverso anche la disciplina dell’attività di interesse generale da questi svolta (notoriamente condizionata dalle peculiarità di gratuità proprie dell’attività di volontariato).

In particolare, rilevando che “…in forza dell’art. 32, comma 1, cod. terzo settore, «le organizzazioni di volontariato sono enti del Terzo settore costituiti […], per lo svolgimento prevalentemente in favore di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5, avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati»…”, osservando che “…Tale prevalenza dell’attività di volontariato assume un rilievo centrale, perché incide anche sul sistema di finanziamento, come del resto conferma l’art. 33, comma 3, cod. terzo settore, che vincola espressamente le ODV a ricevere, per l’attività di interesse generale prestata, «soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate»” ed  evidenziando, altresì, che “…Si tratta, in realtà, di un vincolo in qualche modo collegato al principio generale secondo cui «l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario”.

Detto vincolo normativo, per la Corte, è centrale rispetto alla legittimità della previsione di una disciplina specificamente differenziata per le sole ODV cui si riserva il beneficio economico contenuto nell’articolo 76 del d. lgs. n. 117/2017, “Perché preclude alle ODV la possibilità di ottenere dallo svolgimento dell’attività di interesse generale margini positivi da destinare all’incremento dell’attività stessa (salvo che per le attività diverse di cui all’art. 6 cod. terzo settore, che però possono essere solo «secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale»), a differenza, in particolare, delle imprese sociali (qualifica che può essere ottenuta anche dalle fondazioni), che possono percepire forme di corrispettivo dai destinatari delle prestazioni rese”.

Così segnalando la Corte che “Sussiste quindi una definita linea di demarcazione all’interno della pur unitaria categoria degli ETS: è ben vero che quelli che scelgono di svolgere attività economica – accettando i correlati vincoli, primo dei quali la rinuncia alla massimizzazione del profitto – possono essere considerati operatori di un “mercato qualificato”, quello della welfare society, distinto da quello che invece risponde al fine di lucro. Tuttavia, rimane fermo che tali soggetti hanno la possibilità di ricevere un corrispettivo per il servizio reso e quindi, anche in tal modo, procurarsi le risorse, cui fa riferimento la norma censurata, necessarie all’acquisto degli automezzi e dei beni strumentali al sostegno delle attività di interesse generale. Possibilità che invece è preclusa, come si è visto, alle ODV…”.

Da ciò derivando che  non tutti gli ETS possono avere le medesime possibilità economico/produttive.

Sul dovere di proporzione interna negli ODV tra operatori volontari e dipendenti

Su quest’ultimo punto, inoltre, la Corte, richiamando l’articolo 33, comma 1 del Codice del Terzo Settore, conferisce essenziale rilievo all’argomento che nelle ODV il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari.

A tal proposito, invero pur se “…Tutti gli ETS «possono» avvalersi di volontari (art. 17, comma 1, cod. terzo settore)…”, non può ignorarsi quella “…regola specifica che impone alle ODV di avvalersene «in modo prevalente» (art. 32, comma 1, cod. terzo settore)…”, considerando peraltro che “…Nel caso delle imprese sociali, in particolare, la regola è oltretutto ribaltata, in quanto queste possono avvalersi di volontari, ma il numero degli stessi non può superare quello dei lavoratori (art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 2017)…”.

Sulla ragionevolezza dell’articolo 76 del Codice del Terzo Settore

Dunque, per la Consulta, il beneficio economico per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, riconosciuto dalla norma censurata alle sole ODV è giustificato, non soltanto perché destinato esclusivamente a quegli Enti del Terzo Settore “che non dispongono della possibilità di pattuire, per il servizio reso tramite l’attività di interesse generale, una remunerazione in grado di permettere l’acquisto o il rinnovo di automezzi e beni materiali strumentali”, ma anche perché in alcuni di essi c’è una maggiore centralità dell’attività di volontariato e della figura dei volontari.

Aspetti, quest’ultimi, che per la Corte non sono affatto secondari, costituendo proprio il volontariato “…una modalità fondamentale di partecipazione civica e di formazione del capitale sociale delle istituzioni democratiche, al punto che risulterebbe paradossale penalizzare proprio gli enti che strutturalmente sono caratterizzati in misura prevalente da volontari, a causa del limite del mero rimborso delle spese…”.

Perciò, “…Non appare irragionevole, né discriminatorio, che il contributo oggetto della norma censurata sia accessibile solo a ETS caratterizzati dal vincolo normativo alla prevalenza dei volontari e dal connesso principio di gratuità, con esclusione degli altri enti per i quali tale previsione non sussiste e che quindi possono pattuire remunerazioni con cui autonomamente finanziare l’acquisto o il rinnovo dei beni considerati nella norma censurata”.

Risulta così giustificata la connessione tra la specifica condizione che caratterizza tali soli ETS e la ratio della misura di sostegno, poiché “…è la connotazione sostanziale a rendere ragione del contributo in questione, rivolto a enti in cui strutturalmente è prevalente la componente dei volontari e che, in forza della limitazione al rimborso delle spese, non potrebbero altrimenti reperire le risorse finanziarie necessarie all’acquisto o alla sostituzione degli automezzi e degli altri mezzi strumentali…”.

In conclusione, il monito della Corte al legislatore

Tuttavia, la Corte – consapevole dell’odierno ruolo da protagonista del sistema di ETS nel modello di amministrazione condivisa con le pubbliche amministrazioni nell’esercizio di attività d’interesse generale – pur considerando ragionevole la disposizione censurata nei termini e per le ragioni sopra illustrate, non ha mancato di esortare il legislatore ad intervenire per consentire l’accesso alle relative risorse anche a tutti quegli ETS maggiormente assimilabili per carattere strutturale alle ODV (si pensi alle associazioni di promozione sociale), proprio sulla base del requisito “…della necessaria prevalenza dell’operare volontario delle persone associate…”, stante anche la centralità del principio solidaristico a base del nostro sistema costituzionale.

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