Vizi dell'atto di nomina della commissione giudicatrice nelle procedure di chiamata dei docenti universitari
Il TAR Veneto, con la pronuncia numero 990 del 24 ottobre 2018 qui in rassegna, ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso promosso da due professori di seconda fascia avverso il decreto rettorile di nomina della Commissione giudicatrice per la procedura selettiva finalizzata alla chiamata di un docente di prima fascia relativamente al settore scientifico disciplinare di appartenenza.
I Giudici amministrativi veneziani, in particolare, sulla scorta di un consolidato orientamento, hanno evidenziato che “…con riguardo al contenzioso relativo al settore delle procedure concorsuali… il provvedimento di nomina della commissione giudicatrice può essere impugnato dal candidato solo nel momento in cui, con l’approvazione delle operazioni concorsuali e la nomina del vincitore, si esaurisce il relativo procedimento amministrativo e diviene compiutamente riscontrabile la lesione della sfera giuridica dell’interessato (cfr. Cons. Stato, sez. III, 9 luglio 2012, n. 3978): la verifica effettiva del pregiudizio sofferto dal candidato può difatti utilmente compiersi solo al momento dell’approvazione della graduatoria (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 2011, n. 1408; Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 2002, n. 5279; Cons. Stato, sez. V, 19 ottobre 1999, n. 1589)”.
Conseguentemente, “…il candidato leso da un provvedimento della Commissione lo può ben impugnare unitamente all’atto di nomina dei componenti di quest’ultima, in quanto detta nomina ha natura endoprocedimentale ed è adottata in esito ad uno specifico sub-procedimento, volto a consentire che i candidati siano valutati, nell’ulteriore corso, proprio da coloro che le norme reputano più idonei e siano in possesso dei prescritti requisiti, per cui l’interesse dei candidati stessi alla rimozione dei componenti illegittimamente nominati si attualizza solo dopo l’adozione dell’atto che ha preso in esame la loro posizione e approvato la relativa graduatoria (Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 1996, n. 232; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 19 novembre 2012, n. 692)”.
E ciò, coerentemente con la risalente e consolidata regula iuris, secondo cui “…nel processo amministrativo non sono di regola immediatamente lesivi gli atti endoprocedimentali, che non esprimono la determinazione finale della Pubblica Amministrazione e che possono essere contestati soltanto unitamente al provvedimento finale conseguentemente adottato, in quanto la lesione della sfera giuridica del soggetto destinatario dello stesso è normalmente imputabile all’atto che conclude il procedimento…”.