Impugnazione immediata del bando di gara

Published On: 24 Settembre 2018Categories: Appalti Pubblici e Concessioni

La Prima Sezione del TAR Catanzaro, con la decisione del 20 settembre 2018, n. 1602 che qui si segnala, ha espresso alcuni importanti principi in tema di impugnazione immediata del bando di gara.
In primo luogo, il TAR Catanzaro si è pronunziato sulla ammissibilità della impugnazione (immediata) spiegata dall’Associazione ricorrente avverso un bando di gara (avente ad oggetto l’affidamento mediante accordo quadro del “servizio di accoglienza ed assistenza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale”), che era stata affidata – principalmente – a due ordini di motivi: il primo, afferente la dedotta violazione dell’art. 60 comma 1 del d.lgs. 50/2016, sotto il profilo del mancato rispetto del termine minimo (di 35 giorni) per la presentazione delle offerte; ed il secondo afferente la violazione dell’art. 30 comma 1 e dell’art. 83 comma 2 del d.lgs. 50/2016, nella parte in cui l’impugnato bando prevedeva quale requisito per la partecipazione alla gara che l’operatore economico disponesse di una “dotazione minima di personale conforme a quanto indicato nel capitolato d’appalto”.
Al riguardo, il Collegio decidente ha in via preliminare rammentato che “…per acquisizione consolidata, i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, “dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 29 gennaio 2003, n. 1) ma a queste regole, che discendono dalla piana applicazione alle procedure di gara dei principi generali in materia di legittimazione e interesse a ricorrere, fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2015, n. 5181; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4 e Corte Cost., 22 novembre 2016, n. 245; da ultimo, con particolare riferimento alla vigente disciplina dettata dal d.lgs. n. 50/2016, cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 26 aprile 2018, n. 4)…”.
Sulla scorta di tali coordinate interpretative, il Collegio decidente ha dunque ritenuto la ammissibilità delle censure sopra riportate (ed al contempo la inammissibilità degli ulteriori motivi di ricorso che, non inquadrabili nelle ipotesi sopra tratteggiate ed essendo connotati da una lesività di carattere meramente potenziale non sono apparsi suscettibili di essere scrutinati: TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 21 febbraio 2017, n. 291; TAR Lazio, sez. I-ter, 16 giugno 2018, n. 6738).
Passando al merito, il Collegio (che aveva già sospeso il bando impugnato in sede cautelare), ha anzitutto accolto  la censura incentrata sulla dedotta violazione dell’art. 60 D.lgs. 50/2016 (a norma del quale “1. Nelle procedure aperte, qualsiasi operatore economico interessato può presentare un’offerta in risposta a un avviso di indizione di gara. Il termine minimo per la ricezione delle offerte è di trentacinque giorni dalla data di trasmissione del bando di gara. Le offerte sono accompagnate dalle informazioni richieste dall’amministrazione aggiudicatrice per la selezione qualitativa”).
E ciò, rilevando come la cogenza di tale disposto normativo sia ravvisabile nella ratio costituita dalla necessità di fissazione ex lege di una disciplina dei termini di ricezione delle offerte, rispondente per un verso all’esigenza di assicurare la più ampia partecipazione delle imprese al confronto concorrenziale, per altro verso ad un’esigenza di garanzia per le stesse stazioni appaltanti, mirando ad assicurare che le imprese concorrenti formulino le proprie offerte in modo ponderato (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. V, 21 marzo 2018, n. 1770; nonché, con riferimento al previgente art. 70 D.lgs. 163/2006: cfr. parere A.V.C.P. 20 dicembre 2007, n. 159, nonché, in relazione al termine previsto dall’art. 122, comma 6° lett. a) d.lgs. 163/2006, TAR Puglia, Lecce, 18 febbraio 2014, n. 490).
Quindi, il Collegio ha ritenuto fondato anche il (secondo) motivo di ricorso, fondato sulla lesione dei principi di favor partecipationis e sull’indebita limitazione della concorrenza tra operatori economici discendente dalla clausola della lex specialis la quale – quanto ai requisiti di capacità tecnica per la partecipazione alla gara – richiedeva in particolare che “la comprova del requisito è fornita mediante contratti di lavoro a tempo indeterminato od anche determinato (ma aventi durata almeno fino al 31.12.2018) ovvero mediante la dimostrazione dell’esistenza di soci lavoratori aventi le qualifiche richieste ovvero ancora mediante contratti di collaborazione coordinata e continuativa o altri istituti giuridici che dimostrino in modo inequivocabile la disponibilità del personale almeno fino al 31.12.2018”.
Sul punto, il Collegio ha rilevato come “..richiedere che tutti i partecipanti, sin dalla partecipazione alla gara e per potersi qualificare a concorrere, si conformino alle prescrizioni relative all’esecuzione del contratto – nella specie, come detto, siano già in possesso della dotazione minima di personale prevista … – costituisc(a) … una intollerabile restrizione all’accesso alla gara, che non trova sufficiente fondamento giustificativo nella salvaguardia del pubblico interesse e che pertanto si appalesa ingiustamente lesiva della libertà di iniziativa economica degli operatori economici e della correlativa autonomia contrattuale di questi ultimi…”.
L’eccessiva onerosità del requisito”, quindi, ad avviso del Collegio si traduce “…in inammissibile limitazione dell’accesso alla procedura e in un ingiustificato aggravamento delle condizioni per concorrere ad essa, venendo in rilievo un onere che invece – potendo riferirsi logicamente alla sola fase esecutiva – non può che essere posto a carico solo di quegli operatori che risultino affidatari del servizio…”.
Né è in specie apparso condivisibile l’argomento speso dall’amministrazione resistente a sostegno della non irragionevolezza della clausola, secondo il quale la prevista comprova dei requisiti nel bando “è diretta a tutti i soggetti economici interessati alla partecipazione alla gara, senza discriminazione alcuna”.
Ad avviso del Collegio, infatti, “…la censura dedotta – e che va indagata – è quella dell’eccesso di potere nella formazione di una lex specialis della gara che precluda la partecipazione a soggetti che non siano, di fatto, già attivi sul mercato e non dispongano di una (certo non irrilevante) consistenza sul piano dimensionale…”.
Sicchè, “..l’imposizione di un così stringente requisito di accesso alla gara, …, risulta in contrasto con il fondamentale principio del favor partecipationis limitando in modo irragionevole la facoltà di presentazione delle offerte e non garantendo in tal modo né l’esplicarsi di un piena apertura del mercato alla concorrenza né, per altro verso, possibili risparmi di spesa potenzialmente derivanti da una più ampia gamma di offerte suscettibili di comparazione…”.
E ciò, essendo invero noto – continua il Collegio – che “…uno degli obiettivi e delle fondamentali direttrici del diritto eurounitario in materia di pubblici appalti è costituito dall’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile e che è nell’interesse del diritto europeo che venga garantita la più ampia partecipazione possibile di offerenti ad una gara d’appalto, prevista non soltanto con riguardo all’interesse alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, ma anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice che può disporre in tal modo di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata (in tal senso già Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Quarta Sezione, 23 dicembre 2009 nel procedimento C-305/08)…”
Ciò, comporta che, nella fase di redazione del bando il favor partecipationis emerga quindi ed in particolare proprio con riferimento alla necessità che la lex specialis contenga clausole chiare, precise e che non prevedano adempimenti eccessivi in capo all’impresa concorrente, in ossequio ai principi previsti oggi dall’art. 30, comma 1, del d.lgs 50/2016 (analogamente a quanto già espresso dall’art. 2 del precedente d.lgs. 163/2006).

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Impugnazione immediata del bando di gara

Published On: 24 Settembre 2018

La Prima Sezione del TAR Catanzaro, con la decisione del 20 settembre 2018, n. 1602 che qui si segnala, ha espresso alcuni importanti principi in tema di impugnazione immediata del bando di gara.
In primo luogo, il TAR Catanzaro si è pronunziato sulla ammissibilità della impugnazione (immediata) spiegata dall’Associazione ricorrente avverso un bando di gara (avente ad oggetto l’affidamento mediante accordo quadro del “servizio di accoglienza ed assistenza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale”), che era stata affidata – principalmente – a due ordini di motivi: il primo, afferente la dedotta violazione dell’art. 60 comma 1 del d.lgs. 50/2016, sotto il profilo del mancato rispetto del termine minimo (di 35 giorni) per la presentazione delle offerte; ed il secondo afferente la violazione dell’art. 30 comma 1 e dell’art. 83 comma 2 del d.lgs. 50/2016, nella parte in cui l’impugnato bando prevedeva quale requisito per la partecipazione alla gara che l’operatore economico disponesse di una “dotazione minima di personale conforme a quanto indicato nel capitolato d’appalto”.
Al riguardo, il Collegio decidente ha in via preliminare rammentato che “…per acquisizione consolidata, i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, “dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 29 gennaio 2003, n. 1) ma a queste regole, che discendono dalla piana applicazione alle procedure di gara dei principi generali in materia di legittimazione e interesse a ricorrere, fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2015, n. 5181; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4 e Corte Cost., 22 novembre 2016, n. 245; da ultimo, con particolare riferimento alla vigente disciplina dettata dal d.lgs. n. 50/2016, cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 26 aprile 2018, n. 4)…”.
Sulla scorta di tali coordinate interpretative, il Collegio decidente ha dunque ritenuto la ammissibilità delle censure sopra riportate (ed al contempo la inammissibilità degli ulteriori motivi di ricorso che, non inquadrabili nelle ipotesi sopra tratteggiate ed essendo connotati da una lesività di carattere meramente potenziale non sono apparsi suscettibili di essere scrutinati: TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 21 febbraio 2017, n. 291; TAR Lazio, sez. I-ter, 16 giugno 2018, n. 6738).
Passando al merito, il Collegio (che aveva già sospeso il bando impugnato in sede cautelare), ha anzitutto accolto  la censura incentrata sulla dedotta violazione dell’art. 60 D.lgs. 50/2016 (a norma del quale “1. Nelle procedure aperte, qualsiasi operatore economico interessato può presentare un’offerta in risposta a un avviso di indizione di gara. Il termine minimo per la ricezione delle offerte è di trentacinque giorni dalla data di trasmissione del bando di gara. Le offerte sono accompagnate dalle informazioni richieste dall’amministrazione aggiudicatrice per la selezione qualitativa”).
E ciò, rilevando come la cogenza di tale disposto normativo sia ravvisabile nella ratio costituita dalla necessità di fissazione ex lege di una disciplina dei termini di ricezione delle offerte, rispondente per un verso all’esigenza di assicurare la più ampia partecipazione delle imprese al confronto concorrenziale, per altro verso ad un’esigenza di garanzia per le stesse stazioni appaltanti, mirando ad assicurare che le imprese concorrenti formulino le proprie offerte in modo ponderato (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. V, 21 marzo 2018, n. 1770; nonché, con riferimento al previgente art. 70 D.lgs. 163/2006: cfr. parere A.V.C.P. 20 dicembre 2007, n. 159, nonché, in relazione al termine previsto dall’art. 122, comma 6° lett. a) d.lgs. 163/2006, TAR Puglia, Lecce, 18 febbraio 2014, n. 490).
Quindi, il Collegio ha ritenuto fondato anche il (secondo) motivo di ricorso, fondato sulla lesione dei principi di favor partecipationis e sull’indebita limitazione della concorrenza tra operatori economici discendente dalla clausola della lex specialis la quale – quanto ai requisiti di capacità tecnica per la partecipazione alla gara – richiedeva in particolare che “la comprova del requisito è fornita mediante contratti di lavoro a tempo indeterminato od anche determinato (ma aventi durata almeno fino al 31.12.2018) ovvero mediante la dimostrazione dell’esistenza di soci lavoratori aventi le qualifiche richieste ovvero ancora mediante contratti di collaborazione coordinata e continuativa o altri istituti giuridici che dimostrino in modo inequivocabile la disponibilità del personale almeno fino al 31.12.2018”.
Sul punto, il Collegio ha rilevato come “..richiedere che tutti i partecipanti, sin dalla partecipazione alla gara e per potersi qualificare a concorrere, si conformino alle prescrizioni relative all’esecuzione del contratto – nella specie, come detto, siano già in possesso della dotazione minima di personale prevista … – costituisc(a) … una intollerabile restrizione all’accesso alla gara, che non trova sufficiente fondamento giustificativo nella salvaguardia del pubblico interesse e che pertanto si appalesa ingiustamente lesiva della libertà di iniziativa economica degli operatori economici e della correlativa autonomia contrattuale di questi ultimi…”.
L’eccessiva onerosità del requisito”, quindi, ad avviso del Collegio si traduce “…in inammissibile limitazione dell’accesso alla procedura e in un ingiustificato aggravamento delle condizioni per concorrere ad essa, venendo in rilievo un onere che invece – potendo riferirsi logicamente alla sola fase esecutiva – non può che essere posto a carico solo di quegli operatori che risultino affidatari del servizio…”.
Né è in specie apparso condivisibile l’argomento speso dall’amministrazione resistente a sostegno della non irragionevolezza della clausola, secondo il quale la prevista comprova dei requisiti nel bando “è diretta a tutti i soggetti economici interessati alla partecipazione alla gara, senza discriminazione alcuna”.
Ad avviso del Collegio, infatti, “…la censura dedotta – e che va indagata – è quella dell’eccesso di potere nella formazione di una lex specialis della gara che precluda la partecipazione a soggetti che non siano, di fatto, già attivi sul mercato e non dispongano di una (certo non irrilevante) consistenza sul piano dimensionale…”.
Sicchè, “..l’imposizione di un così stringente requisito di accesso alla gara, …, risulta in contrasto con il fondamentale principio del favor partecipationis limitando in modo irragionevole la facoltà di presentazione delle offerte e non garantendo in tal modo né l’esplicarsi di un piena apertura del mercato alla concorrenza né, per altro verso, possibili risparmi di spesa potenzialmente derivanti da una più ampia gamma di offerte suscettibili di comparazione…”.
E ciò, essendo invero noto – continua il Collegio – che “…uno degli obiettivi e delle fondamentali direttrici del diritto eurounitario in materia di pubblici appalti è costituito dall’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile e che è nell’interesse del diritto europeo che venga garantita la più ampia partecipazione possibile di offerenti ad una gara d’appalto, prevista non soltanto con riguardo all’interesse alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, ma anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice che può disporre in tal modo di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata (in tal senso già Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Quarta Sezione, 23 dicembre 2009 nel procedimento C-305/08)…”
Ciò, comporta che, nella fase di redazione del bando il favor partecipationis emerga quindi ed in particolare proprio con riferimento alla necessità che la lex specialis contenga clausole chiare, precise e che non prevedano adempimenti eccessivi in capo all’impresa concorrente, in ossequio ai principi previsti oggi dall’art. 30, comma 1, del d.lgs 50/2016 (analogamente a quanto già espresso dall’art. 2 del precedente d.lgs. 163/2006).

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