Abuso edilizio e istanza di S.C.I.A. in sanatoria: valore del silenzio dell’Amministrazione

La Sezione Seconda del Consiglio di Stato, con la sentenza del 20 febbraio 2023, ha chiarito che a fronte dell’istanza di S.C.I.A. in sanatoria avanzata dal privato ai sensi dell’articolo 37, comma 4 del d.P.R. del 6 giugno 2001 numero 380, sulla scorta del presupposto normativo della doppia conformità, il riscontrato silenzio dell’Amministrazione competente equivale non a silenzio rigetto, bensì a silenzio inadempimento.

Sul punto la pronuncia desta notevole interesse, poiché da atto di aderire ad un terzo orientamento giurisprudenziale fra quelli diversi già esistenti.

Il caso

Un privato eseguiva e ultimava modifiche abusive al proprio immobile (consistenti in interventi sostanzialmente realizzabili mediante S.C.I.A.).

Pertanto, il Comune competente gli ingiungeva un ordine di demolizione.

Successivamente, il privato presentava apposita istanza di S.C.I.A. in sanatoria per le opere concluse.

Il Comune restava inerte e silente.

Perciò, un terzo – il quale aveva già diffidato vanamente il Comune ad adottare tutti i provvedimenti necessari a reprimere gli abusi – ricorreva al Giudice Amministrativo per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione, ottenendo una sentenza favorevole.

Sicché, il Comune avviava il relativo procedimento amministrativo finalizzato a reprimere gli abusi, ma adottava una serie di atti meramente soprassessori.

Il terzo li impugnava ulteriormente, avanzando istanza di nomina di Commissario ad acta.

Il Commissario, insediatosi, adottava a carico del privato il provvedimento (invero illegittimo) di automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile abusivo.

Tuttavia, quest’ultimo presentava reclamo, ma il Giudice amministrativo competente in primo grado lo dichiarava inammissibile e il privato, avverso tale ultima pronuncia, proponeva l’appello in commento.

La decisione del Consiglio di Stato

In specie, nell’accogliere parzialmente l’odierno appello, la Seconda Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto dirimente la circostanza dell’avvenuta presentazione da parte dell’appellante della S.C.I.A. in sanatoria delle opere abusive, ai sensi dell’articolo articolo 37 del d.P.R. del 6 giugno 2001 numero 380, in luogo di un’istanza di accertamento di conformità ex articolo 36 del medesimo decreto.

Infatti, non solo rileva la differenza in sé fra i due istituti, ma anche che questi hanno implicazioni differenti sul valore del silenzio dell’amministrazione investita delle due diverse tipologie di istanze.

Sulle differenze e sul silenzio

A tal proposito, il Collegio ha enunciato la differenza di “…carattere e natura della S.C.I.A., anche se presentata in sanatoria…”, osservando da subito che alla fattispecie in esame “…non era neanche applicabile il cosiddetto silenzio rifiuto previsto sull’istanza di accertamento di conformità dal già citato art. 36, secondo cui «la mancata pronuncia dell’amministrazione sulla relativa domanda entro sessanta giorni dal suo ricevimento ha il valore di diniego tacito della sanatoria», con l’effetto che il procedimento di esecuzione dell’ordinanza di demolizione (momentaneamente sospesa) o quello di acquisizione gratuita dell’immobile possono riprendere il loro corso…”.

E di conseguenza, in rapporto al caso a mani, sottolineando invece che “…l’art. 37, comma 4, del D.P.R. n. 380 del 2001 contempla la SCIA in sanatoria a intervento concluso, che prevede che il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possano ottenere la sanatoria dell’intervento ove sussista la doppia conformità (l’intervento realizzato deve risultare conforme tanto alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento, quanto a quella vigente alla presentazione della domanda), versando una somma il cui valore è stabilito dal responsabile del procedimento (non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro)…”.

A tal punto, ulteriormente, il medesimo Collegio ha colto ed evidenziato anche la differenza di previsione normativa che corre fra i due istituti e che da la stura a tre principali e diversi orientamenti giurisprudenziali sul valore dell’inerzia o del silenzio dell’Amministrazione conseguente alla proposizione dell’una o dell’altra istanza del privato.

Il Collegio ha difatti puntualizzato che “…Tuttavia, a differenza di quanto previsto per l’accertamento di conformità di cui all’art. 36, D.P.R. n. 380 del 2001 per il quale, in caso inerzia a seguito della presentazione della domanda, è la stessa norma che qualifica espressamente l’eventuale silenzio dell’amministrazione come diniego, l’art. 37, D.P.R. n. 380 del 2001 nulla dispone sul punto…”.

Sul diverso valore del silenzio nei tre diversi orientamenti giurisprudenziali

Sul Primo.

Il Collegio ha riferito che “…il silenzio sull’istanza di sanatoria di cui agli artt. 36 e 37, comma 4, D.P.R. n. 380 del 2001 sarebbe da qualificarsi come silenzio rigetto…”, conseguendone che “…anche qualora la procedura dell’accertamento di conformità sia esperita in relazione a un intervento edilizio oggetto di S.C.I.A., opererebbe il meccanismo del silenzio-rigetto previsto dall’art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001 (T.A.R. Milano, Sez. I,21.3.2017, n.676; TAR Campania, Sez. III, 18.5.2020, n.1824; T.A.R. Campania, Sez. II,10.6.2019, n.3146), con il relativo onere di impugnazione, da parte del privato interessato, qualora, a fronte del decorso del termine, non vi sia una pronuncia espressa della P.A. procedente, onde evitare il consolidamento della posizione lesiva a proprio sfavore…”.

Sul secondo.

Il Collegio ha semplicemente rilevato che “…Un altro orientamento è nel senso di ritenere che il silenzio della P.A. debba qualificarsi come assenso (T.A.R. Campania, Salerno, sentenza n. 809/2022)…”.

Sul terzo.

Il Collegio – dichiarando di aderire a quest’ultimo orientamento – ha condiviso che “…il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell’amministrazione procedente, pena la sussistenza di un’ipotesi di silenzio inadempimento (T.A.R. Campania Salerno Sez. III, 14-10-2022, n.2673; TAR Salerno, Sez. II, 23.8.2019, n.1480; TAR Napoli, Sez. III, 23.5.2019, n.2755) …”.

Evidenziando infatti che “…l’art. 37 non prevede esplicitamente un’ipotesi di silenzio significativo, a differenza dell’art. 36 del medesimo D.P.R. n. 380 del 2001, ma al contrario stabilisce che il procedimento si chiuda con un provvedimento espresso, con applicazione e relativa quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento …”.

Dando atto che già da un’attenta lettura della norma emerge che “…la definizione della procedura di sanatoria non può prescindere dall’intervento del responsabile del procedimento competente a determinare, in caso di esito favorevole, il quantum della somma dovuta sulla base della valutazione dell’aumento di valore dell’immobile compiuta dall’Agenzia del Territorio (T.A.R. Campania Salerno Sez. III, 14-10-2022, n. 2673; T.A.R. Roma, Sez. II quater,9.4.2020, n. 3851)…”.

In conclusione

Il Collegio, anche in relazione alla fattispecie concreta, ha ritenuto che tale orientamento offre una soluzione che “…appare più conforme alla ratio della sanatoria di opere abusive già realizzate, che necessita di una valutazione espressa dell’amministrazione sulla sussistenza della doppia conformità, rispetto al regime di opere ancora da realizzare alle quali si attaglia la disciplina ordinaria della S.C.I.A., come metodo di semplificazione del regime abilitativo edilizio…”.

Conseguendone che “…il Comune deve pronunciarsi, con un provvedimento espresso, sulla S.C.I.A. in sanatoria, previa verifica dei relativi presupposti di natura urbanistico-edilizia di cui al citato art. 37 D.P.R. n. 380 del 2001 (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III,23/05/2019, n.2755; sez. II, 23/04/2019, n.2233)…”.

Infine, concretamente, con riferimento al caso in esame “…una volta presentata la S.C.I.A. in sanatoria, l’appellante non era onerato di alcuna impugnativa e poteva attendere gli esiti e, in particolare, la valutazione dell’Amministrazione sull’esistenza dei presupposti per la sanatoria o, eventualmente, l’esercizio del potere inibitorio o repressivo, qualora la stessa avesse ritenuto di applicare la disciplina della S.C.I.A. ordinaria…”.

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Abuso edilizio e istanza di S.C.I.A. in sanatoria: valore del silenzio dell’Amministrazione

Published On: 6 Marzo 2023

La Sezione Seconda del Consiglio di Stato, con la sentenza del 20 febbraio 2023, ha chiarito che a fronte dell’istanza di S.C.I.A. in sanatoria avanzata dal privato ai sensi dell’articolo 37, comma 4 del d.P.R. del 6 giugno 2001 numero 380, sulla scorta del presupposto normativo della doppia conformità, il riscontrato silenzio dell’Amministrazione competente equivale non a silenzio rigetto, bensì a silenzio inadempimento.

Sul punto la pronuncia desta notevole interesse, poiché da atto di aderire ad un terzo orientamento giurisprudenziale fra quelli diversi già esistenti.

Il caso

Un privato eseguiva e ultimava modifiche abusive al proprio immobile (consistenti in interventi sostanzialmente realizzabili mediante S.C.I.A.).

Pertanto, il Comune competente gli ingiungeva un ordine di demolizione.

Successivamente, il privato presentava apposita istanza di S.C.I.A. in sanatoria per le opere concluse.

Il Comune restava inerte e silente.

Perciò, un terzo – il quale aveva già diffidato vanamente il Comune ad adottare tutti i provvedimenti necessari a reprimere gli abusi – ricorreva al Giudice Amministrativo per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione, ottenendo una sentenza favorevole.

Sicché, il Comune avviava il relativo procedimento amministrativo finalizzato a reprimere gli abusi, ma adottava una serie di atti meramente soprassessori.

Il terzo li impugnava ulteriormente, avanzando istanza di nomina di Commissario ad acta.

Il Commissario, insediatosi, adottava a carico del privato il provvedimento (invero illegittimo) di automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile abusivo.

Tuttavia, quest’ultimo presentava reclamo, ma il Giudice amministrativo competente in primo grado lo dichiarava inammissibile e il privato, avverso tale ultima pronuncia, proponeva l’appello in commento.

La decisione del Consiglio di Stato

In specie, nell’accogliere parzialmente l’odierno appello, la Seconda Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto dirimente la circostanza dell’avvenuta presentazione da parte dell’appellante della S.C.I.A. in sanatoria delle opere abusive, ai sensi dell’articolo articolo 37 del d.P.R. del 6 giugno 2001 numero 380, in luogo di un’istanza di accertamento di conformità ex articolo 36 del medesimo decreto.

Infatti, non solo rileva la differenza in sé fra i due istituti, ma anche che questi hanno implicazioni differenti sul valore del silenzio dell’amministrazione investita delle due diverse tipologie di istanze.

Sulle differenze e sul silenzio

A tal proposito, il Collegio ha enunciato la differenza di “…carattere e natura della S.C.I.A., anche se presentata in sanatoria…”, osservando da subito che alla fattispecie in esame “…non era neanche applicabile il cosiddetto silenzio rifiuto previsto sull’istanza di accertamento di conformità dal già citato art. 36, secondo cui «la mancata pronuncia dell’amministrazione sulla relativa domanda entro sessanta giorni dal suo ricevimento ha il valore di diniego tacito della sanatoria», con l’effetto che il procedimento di esecuzione dell’ordinanza di demolizione (momentaneamente sospesa) o quello di acquisizione gratuita dell’immobile possono riprendere il loro corso…”.

E di conseguenza, in rapporto al caso a mani, sottolineando invece che “…l’art. 37, comma 4, del D.P.R. n. 380 del 2001 contempla la SCIA in sanatoria a intervento concluso, che prevede che il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possano ottenere la sanatoria dell’intervento ove sussista la doppia conformità (l’intervento realizzato deve risultare conforme tanto alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento, quanto a quella vigente alla presentazione della domanda), versando una somma il cui valore è stabilito dal responsabile del procedimento (non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro)…”.

A tal punto, ulteriormente, il medesimo Collegio ha colto ed evidenziato anche la differenza di previsione normativa che corre fra i due istituti e che da la stura a tre principali e diversi orientamenti giurisprudenziali sul valore dell’inerzia o del silenzio dell’Amministrazione conseguente alla proposizione dell’una o dell’altra istanza del privato.

Il Collegio ha difatti puntualizzato che “…Tuttavia, a differenza di quanto previsto per l’accertamento di conformità di cui all’art. 36, D.P.R. n. 380 del 2001 per il quale, in caso inerzia a seguito della presentazione della domanda, è la stessa norma che qualifica espressamente l’eventuale silenzio dell’amministrazione come diniego, l’art. 37, D.P.R. n. 380 del 2001 nulla dispone sul punto…”.

Sul diverso valore del silenzio nei tre diversi orientamenti giurisprudenziali

Sul Primo.

Il Collegio ha riferito che “…il silenzio sull’istanza di sanatoria di cui agli artt. 36 e 37, comma 4, D.P.R. n. 380 del 2001 sarebbe da qualificarsi come silenzio rigetto…”, conseguendone che “…anche qualora la procedura dell’accertamento di conformità sia esperita in relazione a un intervento edilizio oggetto di S.C.I.A., opererebbe il meccanismo del silenzio-rigetto previsto dall’art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001 (T.A.R. Milano, Sez. I,21.3.2017, n.676; TAR Campania, Sez. III, 18.5.2020, n.1824; T.A.R. Campania, Sez. II,10.6.2019, n.3146), con il relativo onere di impugnazione, da parte del privato interessato, qualora, a fronte del decorso del termine, non vi sia una pronuncia espressa della P.A. procedente, onde evitare il consolidamento della posizione lesiva a proprio sfavore…”.

Sul secondo.

Il Collegio ha semplicemente rilevato che “…Un altro orientamento è nel senso di ritenere che il silenzio della P.A. debba qualificarsi come assenso (T.A.R. Campania, Salerno, sentenza n. 809/2022)…”.

Sul terzo.

Il Collegio – dichiarando di aderire a quest’ultimo orientamento – ha condiviso che “…il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell’amministrazione procedente, pena la sussistenza di un’ipotesi di silenzio inadempimento (T.A.R. Campania Salerno Sez. III, 14-10-2022, n.2673; TAR Salerno, Sez. II, 23.8.2019, n.1480; TAR Napoli, Sez. III, 23.5.2019, n.2755) …”.

Evidenziando infatti che “…l’art. 37 non prevede esplicitamente un’ipotesi di silenzio significativo, a differenza dell’art. 36 del medesimo D.P.R. n. 380 del 2001, ma al contrario stabilisce che il procedimento si chiuda con un provvedimento espresso, con applicazione e relativa quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento …”.

Dando atto che già da un’attenta lettura della norma emerge che “…la definizione della procedura di sanatoria non può prescindere dall’intervento del responsabile del procedimento competente a determinare, in caso di esito favorevole, il quantum della somma dovuta sulla base della valutazione dell’aumento di valore dell’immobile compiuta dall’Agenzia del Territorio (T.A.R. Campania Salerno Sez. III, 14-10-2022, n. 2673; T.A.R. Roma, Sez. II quater,9.4.2020, n. 3851)…”.

In conclusione

Il Collegio, anche in relazione alla fattispecie concreta, ha ritenuto che tale orientamento offre una soluzione che “…appare più conforme alla ratio della sanatoria di opere abusive già realizzate, che necessita di una valutazione espressa dell’amministrazione sulla sussistenza della doppia conformità, rispetto al regime di opere ancora da realizzare alle quali si attaglia la disciplina ordinaria della S.C.I.A., come metodo di semplificazione del regime abilitativo edilizio…”.

Conseguendone che “…il Comune deve pronunciarsi, con un provvedimento espresso, sulla S.C.I.A. in sanatoria, previa verifica dei relativi presupposti di natura urbanistico-edilizia di cui al citato art. 37 D.P.R. n. 380 del 2001 (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III,23/05/2019, n.2755; sez. II, 23/04/2019, n.2233)…”.

Infine, concretamente, con riferimento al caso in esame “…una volta presentata la S.C.I.A. in sanatoria, l’appellante non era onerato di alcuna impugnativa e poteva attendere gli esiti e, in particolare, la valutazione dell’Amministrazione sull’esistenza dei presupposti per la sanatoria o, eventualmente, l’esercizio del potere inibitorio o repressivo, qualora la stessa avesse ritenuto di applicare la disciplina della S.C.I.A. ordinaria…”.

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