Accesso alla documentazione inerente la posizione debitoria del cittadino rispetto al servizio idrico integrato

Published On: 25 Novembre 2024Categories: Normativa, Pubblica Amministrazione, Tutele

Il T.A.R. Catania – Sezione Terza, con la sentenza n. 3846 del 21 novembre 2024, nel ritenere illegittimo il silenzio-diniego formatosi su un’istanza di accesso presentata da un privato cittadino, avente ad oggetto la documentazione (fatture, solleciti di pagamento) inerente la propria posizione debitoria rispetto al servizio idrico integrato, ha avuto modo di riaffermare alcuni importanti princìpi in materia di accesso agli atti e documenti amministrativi ex artt. 22 e ss. della Legge n. 241/1990.

Il “fatto”

Un privato cittadino ha formulato istanza ex artt. 22 e ss. della Legge n. 241/1990 al Comune di residenza per prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti e documenti relativi alla propria posizione debitoria rispetto al servizio idrico erogato dall’Ente stesso.

L’Amministrazione comunale, però, non ha mai riscontrato detta istanza nei termini di legge, così formandosi – alla scadenza di detti termini – il c.d. silenzio-diniego.

Sicché, il cittadino ha proposto ricorso giurisdizionale avverso e per l’annullamento del silenzio formatosi ai sensi dell’articolo 25, comma 4, L. n. 241/1990, e per la conseguente declaratoria di accertamento del proprio diritto a prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti e documenti amministrativi necessari per la cura e la difesa dei propri interessi.

Nello specifico ha affidato il ricorso ai seguenti motivi di diritto: 1) Violazione degli articoli 22 e 24, comma 7, della L. n. 241/1990, da cui deriva il principio secondo cui tutti i documenti amministrativi sono ampiamente accessibili (salvo le eccezioni di cui all’articolo 24); 2) Violazione dei princìpi di imparzialità e di trasparenza dell’attività amministrativa di cui all’articolo 97, secondo comma, della Costituzione.

Il decisum

Il Collegio, con la decisione in rassegna, ritenendo il ricorso fondato, ha statuito che “il diritto di accesso ai documenti amministrativi, oltre ad essere funzionale alla tutela giurisdizionale, consente agli amministrati e, più in generale, ai cittadini di orientare i propri comportamenti sul piano sostanziale per curare o difendere i loro interessi giuridici, con la conseguenza che esso può essere esercitato in connessione a un interesse giuridicamente rilevante”.

In particolare, per ciò che riguarda l’accesso documentale, “devono sussistere: a) un interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso, non necessariamente consistente in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ma comunque giuridicamente tutelato; b) un rapporto di strumentalità fra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione; c) in ipotesi di accesso difensivo, che lo stesso sia necessario per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.

Secondo il Collegio, l’istanza “deve riferirsi a ben specifici documenti e non può comportare la necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario”; parimenti, detta istanza non può costituire uno strumento di controllo generalizzato dell’amministrazione nei cui confronti l’accesso viene esercitato”, con la conseguenza che “l’onere della prova, anche dell’esistenza dei documenti rispetto ai quali si esercita il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 11.10.2021, n. 6822; Consiglio di Stato, sez. V, 28.02.2020, n.1464)”.

Difatti, il diritto di accesso “ha ad oggetto i documenti amministrativi, intendendosi come tali “ogni rappresentazione grafica, foto cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.

Derivandone chenon soltanto l’attività autoritativa bensì anche quella funzionale alla cura d’interessi pubblici, anche ove avente eventuale natura privatistica, sia sottoposta all’obbligo di trasparenza e di conoscibilità da parte degli interessati”.

Il T.A.R. Catania, pertanto, ravvisando un adeguato “nesso di strumentalità necessaria” fra la documentazione richiesta dal privato e l’esercizio dell’eventuale tutela giurisdizionale da parte dell’odierno ricorrente, ha ritenuto fondato il gravame.

Ciò, anche sulla scorta di consolidata giurisprudenza secondo cui il giudice né deve “valutare la concreta utilità che la conoscenza degli atti possa fornire al richiedente nell’ambito di una controversia giudiziaria che ha ad oggetto valutazioni amministrative altamente discrezionali” (fermandosi ad uno scrutinio “a monte” che riguarda la strumentalità dell’accesso rispetto alle esigenze di tutela giurisdizionale esternate); “può essere chiamato a valutare la plausibilità o la fondatezza delle censure che il richiedente intende proporre nel successivo giudizio impugnatorio (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 14.04.2023, n. 1268)”.

E richiamandosi infine anche quanto già statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 18 marzo 2021, secondo cui “la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adìto nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 cod. proc. amm. Non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto” competendo ciò in caso “solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Pertanto, il T.A.R. Catania, con la sentenza in rassegna, ha annullato il silenzio-diniego e di conseguenza ha ordinato all’Ente comunale di esibire alla parte ricorrente la documentazione richiesta, consentendogli altresì l’estrazione di copia.

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Accesso alla documentazione inerente la posizione debitoria del cittadino rispetto al servizio idrico integrato

Published On: 25 Novembre 2024

Il T.A.R. Catania – Sezione Terza, con la sentenza n. 3846 del 21 novembre 2024, nel ritenere illegittimo il silenzio-diniego formatosi su un’istanza di accesso presentata da un privato cittadino, avente ad oggetto la documentazione (fatture, solleciti di pagamento) inerente la propria posizione debitoria rispetto al servizio idrico integrato, ha avuto modo di riaffermare alcuni importanti princìpi in materia di accesso agli atti e documenti amministrativi ex artt. 22 e ss. della Legge n. 241/1990.

Il “fatto”

Un privato cittadino ha formulato istanza ex artt. 22 e ss. della Legge n. 241/1990 al Comune di residenza per prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti e documenti relativi alla propria posizione debitoria rispetto al servizio idrico erogato dall’Ente stesso.

L’Amministrazione comunale, però, non ha mai riscontrato detta istanza nei termini di legge, così formandosi – alla scadenza di detti termini – il c.d. silenzio-diniego.

Sicché, il cittadino ha proposto ricorso giurisdizionale avverso e per l’annullamento del silenzio formatosi ai sensi dell’articolo 25, comma 4, L. n. 241/1990, e per la conseguente declaratoria di accertamento del proprio diritto a prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti e documenti amministrativi necessari per la cura e la difesa dei propri interessi.

Nello specifico ha affidato il ricorso ai seguenti motivi di diritto: 1) Violazione degli articoli 22 e 24, comma 7, della L. n. 241/1990, da cui deriva il principio secondo cui tutti i documenti amministrativi sono ampiamente accessibili (salvo le eccezioni di cui all’articolo 24); 2) Violazione dei princìpi di imparzialità e di trasparenza dell’attività amministrativa di cui all’articolo 97, secondo comma, della Costituzione.

Il decisum

Il Collegio, con la decisione in rassegna, ritenendo il ricorso fondato, ha statuito che “il diritto di accesso ai documenti amministrativi, oltre ad essere funzionale alla tutela giurisdizionale, consente agli amministrati e, più in generale, ai cittadini di orientare i propri comportamenti sul piano sostanziale per curare o difendere i loro interessi giuridici, con la conseguenza che esso può essere esercitato in connessione a un interesse giuridicamente rilevante”.

In particolare, per ciò che riguarda l’accesso documentale, “devono sussistere: a) un interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso, non necessariamente consistente in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ma comunque giuridicamente tutelato; b) un rapporto di strumentalità fra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione; c) in ipotesi di accesso difensivo, che lo stesso sia necessario per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.

Secondo il Collegio, l’istanza “deve riferirsi a ben specifici documenti e non può comportare la necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario”; parimenti, detta istanza non può costituire uno strumento di controllo generalizzato dell’amministrazione nei cui confronti l’accesso viene esercitato”, con la conseguenza che “l’onere della prova, anche dell’esistenza dei documenti rispetto ai quali si esercita il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 11.10.2021, n. 6822; Consiglio di Stato, sez. V, 28.02.2020, n.1464)”.

Difatti, il diritto di accesso “ha ad oggetto i documenti amministrativi, intendendosi come tali “ogni rappresentazione grafica, foto cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.

Derivandone chenon soltanto l’attività autoritativa bensì anche quella funzionale alla cura d’interessi pubblici, anche ove avente eventuale natura privatistica, sia sottoposta all’obbligo di trasparenza e di conoscibilità da parte degli interessati”.

Il T.A.R. Catania, pertanto, ravvisando un adeguato “nesso di strumentalità necessaria” fra la documentazione richiesta dal privato e l’esercizio dell’eventuale tutela giurisdizionale da parte dell’odierno ricorrente, ha ritenuto fondato il gravame.

Ciò, anche sulla scorta di consolidata giurisprudenza secondo cui il giudice né deve “valutare la concreta utilità che la conoscenza degli atti possa fornire al richiedente nell’ambito di una controversia giudiziaria che ha ad oggetto valutazioni amministrative altamente discrezionali” (fermandosi ad uno scrutinio “a monte” che riguarda la strumentalità dell’accesso rispetto alle esigenze di tutela giurisdizionale esternate); “può essere chiamato a valutare la plausibilità o la fondatezza delle censure che il richiedente intende proporre nel successivo giudizio impugnatorio (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 14.04.2023, n. 1268)”.

E richiamandosi infine anche quanto già statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 18 marzo 2021, secondo cui “la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adìto nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 cod. proc. amm. Non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto” competendo ciò in caso “solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Pertanto, il T.A.R. Catania, con la sentenza in rassegna, ha annullato il silenzio-diniego e di conseguenza ha ordinato all’Ente comunale di esibire alla parte ricorrente la documentazione richiesta, consentendogli altresì l’estrazione di copia.

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