Accesso civico generalizzato alla documentazione di gara
Non é possibile esercitare l’accesso civico generalizzato ex art. 5, comma 2 del decreto legislativo n. 33/2013, rispetto agli “atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici” di cui al comma 1, dell’art. 53 del decreto legislativo n. 50/2016.
Così si é da ultimo espresso il Tar Parma il quale – con la decisione del 18 luglio 2018 n.197 che qui si segnala – ha ritenuto legittimo il diniego opposto dalla stazione appaltante all’istanza di accesso civico generalizzato presentata da una impresa per visionare: i) i documenti di una gara di appalto già espletata e dalla quale la impresa era stata esclusa; ii) una serie di dati inerenti ad aspetti relativi all’esecuzione del rapporto contrattuale scaturito da tale gara (rapporto anch’esso esaurito).
L’art. 53 sopra citato – osserva il TAR Parma – “..reca una particolare disciplina per l’accesso agli atti afferenti alle procedure ad evidenza pubblica finalizzate alla stipulazione di appalti o concessioni di servizi.
Nell’ambito di tale specifica e particolare disciplina, la prima regola stabilita è che, salvo quanto espressamente previsto nello stesso codice dei contratti pubblici, “il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
In sostanza, dunque, l’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 riconduce espressamente la disciplina applicabile per tutti i documenti (di gara e di esecuzione del contratto) richiesti dal Consorzio ricorrente, fatte salve le eccezioni contenute nello stesso testo normativo di riferimento, alla disciplina ordinaria in materia di accesso…”
Correlativamente ed a sua volta, continua il Collegio giudicante, “..il comma 3 dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013 statuisce che “il diritto di cui all’articolo 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990”.
Si tratta dei cosiddetti casi di “esclusione assoluta”, nei quali cioè l’amministrazione che detiene i documenti richiesti non conserva alcuna possibilità di comparazione discrezionale degli interessi coinvolti…”.
A fronte di ciò, occorre – ad avviso del Collegio – chiedersi “..se la speciale disciplina contenuta nell’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 (ivi ricompreso l’espresso richiamo all’applicabilità delle regole in materia di diritto di accesso ordinario) debba considerarsi come un caso di esclusione della disciplina dell’accesso civico ai sensi del comma 3 dell’art. 5-bis su richiamato…”
La risposta a tale quesito per il Collegio è affermativa, sulla base di un “duplice rilievo, testuale e interpretativo“.
Ad avviso del Collegio giudicante infatti, “..da un punto di vista letterale, il comma 3 dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013 è cristallino nello stabilire che il diritto di accesso civico generalizzato “è escluso” nei casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti.
Sotto questo specifico profilo, è altresì pacifico che l’accesso agli atti delle procedure ad evidenza pubblica sia soggetto al rispetto di particolari condizioni e limiti. Invero, l’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016, richiamando in toto la normativa contenuta nel codice dei contratti pubblici previgente, detta espressamente una disciplina sull’accesso in parte derogatoria rispetto alle ordinarie regole.
In tale disciplina speciale deve essere ricompresa anche la premessa, secondo cui il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Vi è dunque una precisa norma di legge che rimanda espressamente – derogandola parzialmente – alla disciplina dell’accesso ordinario.
E se è vero che alla data dell’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici l’accesso pubblico generalizzato per gli atti non soggetti a pubblicazione obbligatoria non era stato ancora introdotto, è altrettanto vero che è lo stesso legislatore del 2016 a considerare e regolamentare l’ipotesi di discipline sottratte per voluntas legis, anche se precedente all’introduzione del nuovo istituto, alla possibilità di accesso generalizzato.
D’altra parte, sotto un profilo più squisitamente interpretativo e giustificativo della ratio di esclusione degli atti delle procedure di affidamento ed esecuzione di contratti pubblici alle più ampie modalità di accesso previste dal d.lgs. n. 33 del 2013, occorre considerare che tali atti sono formati e depositati all’interno di una disciplina del tutto speciale e a sé stante.
Si tratta di un complesso normativo chiuso, in quanto espressione di precise direttive europee volte alla massima tutela del principio di concorrenza e trasparenza negli affidamenti pubblici, che dunque attrae a sé anche la regolamentazione dell’accesso agli atti connessi alle specifiche procedure espletate.
In altri termini, risulta del tutto giustificata una scelta del legislatore volta a sottrarre anche solo implicitamente (ma, si è visto, si uniscono a tale interpretazione anche forti argomenti di natura testuale) una possibilità indiscriminata di accesso alla documentazione di gara e post-gara da parte di soggetti non qualificati.
Invero, si tratta pur sempre di documentazione che, da un lato, subisce un forte e penetrante controllo pubblicistico da parte di soggetti istituzionalmente preposti alla specifica vigilanza di settore (ANAC), e, dall’altro, coinvolge interessi privati di natura economica e imprenditoriale di per sé sensibili (e quindi astrattamente riconducibili alla causa di esclusione di cui al comma 2, lett. c), dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013), specie quando tali interessi, dopo l’aggiudicazione, vanno a porsi su di un piano pari ordinato – assumendo la connotazione di veri e propri diritti soggettivi – rispetto a quelli della stazione committente.
D’altra parte, il Collegio non può certo escludere che nell’attuale contesto sociale e ordinamentale – in cui la trasparenza dell’operato delle amministrazioni ha assunto il ruolo di stella polare – il legislatore possa compiere una scelta diversa (volta cioè ad estendere la possibilità di controllo generalizzato anche su documenti che possono costituire la “spia” di una deviazione dai fini istituzionali) ma tale scelta, proprio per la forte conflittualità degli interessi coinvolti e per la specialità del campo in cui andrebbe ad operare, deve essere necessariamente espressa ed inequivocabile.
Al contrario, come detto, residua nell’attuale sistema dei contratti pubblici una norma – l’art. 53, comma 1 del d.lgs. n. 50 del 2016 – che restringe il campo di applicazione del diritto di accesso agli atti richiesti dal ricorrente alle norme sul diritto di accesso ordinario di cui alla L. n. 241/1990…“.