Accesso civico generalizzato massivo
L’accesso civico a grandi quantità di documenti, non può essere semplicemente rigettato poiché ritenuto massivo dall’Amministrazione, la quale ha invece l’onere di dimostrare l’eccessività della mole di lavoro necessario ad eseguire la richiesta, proponendo eventualmente al privato soluzioni alternative in un’ottica di cosiddetto dialogo collaborativo; a precisarlo è la sentenza della IV sezione del TAR Campania del 9 maggio 2019, numero 2486.
Nel caso di specie il ricorrente aveva richiesto l’ostensione di tutti i provvedimenti di un certo tipo adottati da un piccolo comune, il quale ha rigettato l’istanza motivando con un generico riferimento alla compromissione del buon andamento della Pubblica Amministrazione stante l’asserito eccessivo carico di lavoro che ne sarebbe derivato agli uffici.
I giudici partenopei, dopo aver riepilogato i principi alla base dell’accesso documentale previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 241 del 1990 (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 24 aprile 2012 numero 7), hanno precisato e chiarito i presupposti e le finalità dell’accesso civico generalizzato previsto dall’articolo 5, comma 2 e ss., del decreto legislativo 33 del 2013 (c.d. Decreto Trasparenza): nonostante alcuni punti di contatto di tipo “testuale”, l’accesso civico generalizzato si pone su un piano diverso rispetto all’accesso documentale poiché consiste nella possibilità di chiunque di accedere alla generalità degli atti e delle informazioni, senza onere di motivazione, di modo da far divenire la trasparenza una condizione indispensabile “per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “cosa pubblica”, oltreché mezzo per contrastare ogni ipotesi di corruzione e per garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’Amministrazione (cfr. Cons. St. sez. III, 6 marzo 2019, n. 1546)“.
In ordine ai presupposti invece, se l’accesso documentale è strumentale alla tutela degli interessi individuali di un soggetto che si trova in una posizione differenziata rispetto agli altri cittadini, l’accesso civico generalizzato “è azionabile da chiunque senza la previa dimostrazione della sussistenza di un interesse attuale e concreto per la tutela di situazioni rilevanti, senza dover motivare la richiesta e con la sola finalità di consentire una pubblicità diffusa e integrale dei dati, dei documenti e delle informazioni che sono considerati, in base alle norme, come pubblici e quindi conoscibili”.
Pertanto “anche richieste di accesso civico presentate per finalità “egoistiche” possono favorire un controllo diffuso sull’amministrazione, se queste consentono di conoscere le scelte amministrative effettuate. Il controllo diffuso di cui parla la legge, infatti, non è da riferisci alla singola domanda di accesso ma è il risultato complessivo cui “aspira” la riforma sulla trasparenza”, e dunque “i relativi limiti debbono essere considerati di stretta interpretazione e saranno solo quelli espressamente previsti dal legislatore“.
Su queste premesse, i giudici del TAR Campania sono giunti a tre conclusioni: a) la circostanza che il numero di documenti richiesti sia eccessivo rispetto alle capacità degli uffici della Pubblica Amministrazione, deve essere documentata e dimostrata dall’amministrazione stessa; b) ad ogni modo, l’istanza non può essere semplicemente rigettata poiché “massiva”, ma vige l’obbligo per l’amministrazione di instaurare un dialogo con il privato, per meglio comprendere come tutelare tanto l’interesse privato quanto quello pubblico; c) non è mai verosimile che in un comune piccolo come quello convenuto in giudizio, la mole di documenti sia realmente eccessiva.
Il TAR Campania pertanto, ha accolto il ricorso e annullato il provvedimento di diniego impugnato, ordinando alla Pubblica Amministrazione di intraprendere una nuova interlocuzione procedimento con il cittadino al fine di soddisfare le finalità dell’accesso civico generalizzato, trovando ove necessarie soluzioni alternative.