Autorizzazione paesaggistica per impianto fotovoltaico in area vincolata

Published On: 10 Settembre 2018Categories: Ambiente, Paesaggio, Energia e Rifiuti, Tutele, Varie

Con la sentenza del 06.09.2018 n. 1168, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana ha annullato il diniego dell’autorizzazione paesaggistica richiesta relativamente all’installazione di un impianto fotovoltaico sulla copertura di un’abitazione, ubicata in area vincolata.
In particolare, il diniego di autorizzazione paesaggistica si fondava sulla visibilità delle falde dalla viabilità pubblica, che avrebbe alterato le visuali panoramiche da e verso il contesto circostante ed il paesaggio collinare.
Il Tar ha annullato tale diniego, sulla base della considerazione che qualsiasi nuova opera è suscettibile di generare un impatto visivo sul paesaggio circostante, ovvero una sua “alterazione”.
Il giudizio di incompatibilità paesaggistica fondato sul solo rilievo del cambiamento indotto dalla presenza della nuova opera finirebbe per implicare di fatto il rifiuto – aprioristico, e come tale inammissibile – di qualsiasi intervento in qualche misura percepibile da punti di osservazione pubblici; ed è per questo che la motivazione del diniego dell’autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le quali si ritiene che un’opera non sia idonea a inserirsi nell’ambiente, attraverso l’esame delle sue caratteristiche concrete e l’analitica individuazione degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare (per tutte, da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 maggio 2018, n. 3207; id., 6 marzo 2018, n. 1424).
A maggior ragione, secondo il Tar Toscana, le ragioni del diniego debbono essere puntuali e analitiche, qualora l’autorizzazione richiesta riguardi la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nei cui confronti l’ordinamento esprime un chiaro favor (l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 qualifica di pubblica utilità le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili; l’art. 11 del d.lgs. n. 28/2011 stabilisce l’obbligo di integrare le fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, come già l’art. 4 co. 1-bis del d.P.R. n. 380/2001).
La produzione di energia da fonte solare è infatti attività che può concorrere, indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici; di modo che la valutazione richiesta ai fini della tutela del vincolo paesaggistico non può ridursi all’esame della ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato e deve farsi carico della complessità degli interessi pubblici coinvolti (così, Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1201).
Infine il Tar Toscana ha sottolineato l’illegittimità del provvedimento di diniego in quel caso impugnato, anche in quanto la Soprintendenza, con tale provvedimento, non si era in nessun modo curata di verificare se non fosse possibile conciliare la tutela del bene paesaggistico con la realizzazione di un impianto cui la legge riconosce carattere di pubblica utilità, a partire dalla doverosa indicazione di modifiche progettuali volte a mitigarne l’impatto.

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About the Author: Chiara Sagone

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Autorizzazione paesaggistica per impianto fotovoltaico in area vincolata

Published On: 10 Settembre 2018

Con la sentenza del 06.09.2018 n. 1168, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana ha annullato il diniego dell’autorizzazione paesaggistica richiesta relativamente all’installazione di un impianto fotovoltaico sulla copertura di un’abitazione, ubicata in area vincolata.
In particolare, il diniego di autorizzazione paesaggistica si fondava sulla visibilità delle falde dalla viabilità pubblica, che avrebbe alterato le visuali panoramiche da e verso il contesto circostante ed il paesaggio collinare.
Il Tar ha annullato tale diniego, sulla base della considerazione che qualsiasi nuova opera è suscettibile di generare un impatto visivo sul paesaggio circostante, ovvero una sua “alterazione”.
Il giudizio di incompatibilità paesaggistica fondato sul solo rilievo del cambiamento indotto dalla presenza della nuova opera finirebbe per implicare di fatto il rifiuto – aprioristico, e come tale inammissibile – di qualsiasi intervento in qualche misura percepibile da punti di osservazione pubblici; ed è per questo che la motivazione del diniego dell’autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le quali si ritiene che un’opera non sia idonea a inserirsi nell’ambiente, attraverso l’esame delle sue caratteristiche concrete e l’analitica individuazione degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare (per tutte, da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 maggio 2018, n. 3207; id., 6 marzo 2018, n. 1424).
A maggior ragione, secondo il Tar Toscana, le ragioni del diniego debbono essere puntuali e analitiche, qualora l’autorizzazione richiesta riguardi la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nei cui confronti l’ordinamento esprime un chiaro favor (l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 qualifica di pubblica utilità le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili; l’art. 11 del d.lgs. n. 28/2011 stabilisce l’obbligo di integrare le fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, come già l’art. 4 co. 1-bis del d.P.R. n. 380/2001).
La produzione di energia da fonte solare è infatti attività che può concorrere, indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici; di modo che la valutazione richiesta ai fini della tutela del vincolo paesaggistico non può ridursi all’esame della ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato e deve farsi carico della complessità degli interessi pubblici coinvolti (così, Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1201).
Infine il Tar Toscana ha sottolineato l’illegittimità del provvedimento di diniego in quel caso impugnato, anche in quanto la Soprintendenza, con tale provvedimento, non si era in nessun modo curata di verificare se non fosse possibile conciliare la tutela del bene paesaggistico con la realizzazione di un impianto cui la legge riconosce carattere di pubblica utilità, a partire dalla doverosa indicazione di modifiche progettuali volte a mitigarne l’impatto.

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