Concorsi pubblici: la laurea magistrale vale di più di quella triennale

Published On: 21 Febbraio 2022Categories: Concorsi pubblici, Rapporti di lavoro pubblico e privato, Tutele

La Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con la sentenza del 7 dicembre 2021 numero 12613, si è pronunciata sul valore da attribuire alla laurea magistrale a ciclo unico, presentata quale titolo di accesso a concorso pubblico, in sede di valutazione dei titoli aggiuntivi.

Ed infatti, nonostante sia principio assolutamente condiviso in giurisprudenza che il titolo di accesso non vada calcolato in sede di attribuzione del punteggio, ciò risulta iniquo quando sia possibile accedere al concorso con titoli dal valore tra loro manifestamente differente.

La vicenda da cui è scaturito il contenzioso

Nella fattispecie esaminata dal TAR Lazio, un dipendente del Ministero degli Affari Esteri ha partecipato ad una procedura selettiva, per titoli ed esami, per la progressione interna tra aree funzionali del medesimo Ente.

Pubblicata la graduatoria, il dipendente – collocatosi fra gli idonei non vincitori – ha avuto contezza che nella assegnazione dei punteggi non si era tenuto conto del titolo di studio indicato, al momento della presentazione della domanda, quale requisito di partecipazione alla procedura selettiva.

In sostanza, partecipare al concorso con una laurea breve triennale o accedervi con una laurea magistrale a ciclo unico è risultato indifferente in termini di punteggio assegnato.

I motivi e gli argomenti dedotti in ricorso

Il dipendente ha quindi impugnato dinanzi al TAR Lazio, la graduatoria, il bando di concorso, i verbali della commissione esaminatrice e addirittura i contratti di lavoro già sottoscritti dai candidati risultati vincitori, deducendone l’illegittimità per mancata valutazione tra i titoli aggiuntivi, della laurea magistrale a ciclo unico, dal momento che per l’accesso alla procedura fosse già sufficiente la laurea triennale.

Ciò, per sviamento di potere ed eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, manifesto travisamento dei fatti, irragionevolezza, illogicità,  disparità di trattamento e ingiustizia manifesta.

La decisione del Tribunale Amministrativo Regionale

Il Collegio giudicante – dopo aver dichiarato il parziale difetto di giurisdizione, quanto alla domanda di annullamento dei contratti di lavoro già stipulati – ha riconosciuto che le pretese del ricorrente fossero meritevoli di accoglimento, rilevando l’illegittima esclusione della valutazione relativa al possesso della laurea magistrale in luogo del requisito minimo, la laurea triennale.

Il Tribunale in particolare, ha chiarito che “…Nessun dubbio può sussistere in merito al fatto che il diploma di laurea vecchio ordinamento/la laurea magistrale (articolato su un percorso di studi quadriennale/quinquennale a ciclo unico) costituisca un titolo di studio superiore rispetto a quello utile alla semplice ammissione al concorso, rappresentato dalla laurea triennale”, rilevando altresì che “…Ove tale superiore titolo non fosse valutabile quale titolo aggiuntivo, si genererebbe un’illogica e irragionevole disparità di trattamento tra candidati che hanno conseguito titoli di cultura manifestamente diversi tra loro e che si pongono a conclusione di percorsi di studi altrettanto diversi per livello di eterogeneità degli insegnamenti seguiti, degli esami sostenuti e delle esperienze accademiche maturate. Infatti, se ai fini della partecipazione alla selezione è sufficiente la laurea breve triennale, in un’ottica di corretta interpretazione degli artt. 2 e 6 del bando, il diploma di laurea vecchio ordinamento/laurea magistrale non può non essere considerato quale titolo “aggiuntivo/ulteriore” rispetto a quello di base per la partecipazione al concorso, con la consequenziale attribuzione della relativa aliquota di punteggio. …”.

Al fine di rafforzare tale assunto, il Collegio ha richiamato le norme contenute nel decreto ministeriale n. 270 del 22 ottobre 2004, recante le disposizioni concernenti l’autonomia didattica degli atenei, dove si afferma che il corso di laurea triennale “…ha l’obiettivo di assicurare una adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali…” mentre il corso di laurea magistrale “…ha l’obiettivo i fornire allo studente una formazione di livello avanzato per l’esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici…”.

Conclusione

Sulla scorta di tali considerazioni, il Collegio ha annullato il bando di concorso, nonché le graduatorie finali e i verbali delle commissioni esaminatrici, così obbligando la Pubblica Amministrazione a riformulare le graduatorie assegnando alla laurea magistrale un valore maggiore rispetto a quella triennale.

Risulta utile rilevare che, tale quadro interpretativo, ha trovato di recente conferma anche in una pronuncia cautelare del medesimo Tribunale Amministrativo Regionale.
L’ordinanza del 14 febbraio 2022 numero 1739 infatti, ha riconosciuto il medesimo principio di diritto, applicandolo al concorso indetto dal RIPAM per il reclutamento a tempo determinato di 8.171 addetti all’ufficio per il processo.

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About the Author: Francesco Giuseppe Marino

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Concorsi pubblici: la laurea magistrale vale di più di quella triennale

Published On: 21 Febbraio 2022

La Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con la sentenza del 7 dicembre 2021 numero 12613, si è pronunciata sul valore da attribuire alla laurea magistrale a ciclo unico, presentata quale titolo di accesso a concorso pubblico, in sede di valutazione dei titoli aggiuntivi.

Ed infatti, nonostante sia principio assolutamente condiviso in giurisprudenza che il titolo di accesso non vada calcolato in sede di attribuzione del punteggio, ciò risulta iniquo quando sia possibile accedere al concorso con titoli dal valore tra loro manifestamente differente.

La vicenda da cui è scaturito il contenzioso

Nella fattispecie esaminata dal TAR Lazio, un dipendente del Ministero degli Affari Esteri ha partecipato ad una procedura selettiva, per titoli ed esami, per la progressione interna tra aree funzionali del medesimo Ente.

Pubblicata la graduatoria, il dipendente – collocatosi fra gli idonei non vincitori – ha avuto contezza che nella assegnazione dei punteggi non si era tenuto conto del titolo di studio indicato, al momento della presentazione della domanda, quale requisito di partecipazione alla procedura selettiva.

In sostanza, partecipare al concorso con una laurea breve triennale o accedervi con una laurea magistrale a ciclo unico è risultato indifferente in termini di punteggio assegnato.

I motivi e gli argomenti dedotti in ricorso

Il dipendente ha quindi impugnato dinanzi al TAR Lazio, la graduatoria, il bando di concorso, i verbali della commissione esaminatrice e addirittura i contratti di lavoro già sottoscritti dai candidati risultati vincitori, deducendone l’illegittimità per mancata valutazione tra i titoli aggiuntivi, della laurea magistrale a ciclo unico, dal momento che per l’accesso alla procedura fosse già sufficiente la laurea triennale.

Ciò, per sviamento di potere ed eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, manifesto travisamento dei fatti, irragionevolezza, illogicità,  disparità di trattamento e ingiustizia manifesta.

La decisione del Tribunale Amministrativo Regionale

Il Collegio giudicante – dopo aver dichiarato il parziale difetto di giurisdizione, quanto alla domanda di annullamento dei contratti di lavoro già stipulati – ha riconosciuto che le pretese del ricorrente fossero meritevoli di accoglimento, rilevando l’illegittima esclusione della valutazione relativa al possesso della laurea magistrale in luogo del requisito minimo, la laurea triennale.

Il Tribunale in particolare, ha chiarito che “…Nessun dubbio può sussistere in merito al fatto che il diploma di laurea vecchio ordinamento/la laurea magistrale (articolato su un percorso di studi quadriennale/quinquennale a ciclo unico) costituisca un titolo di studio superiore rispetto a quello utile alla semplice ammissione al concorso, rappresentato dalla laurea triennale”, rilevando altresì che “…Ove tale superiore titolo non fosse valutabile quale titolo aggiuntivo, si genererebbe un’illogica e irragionevole disparità di trattamento tra candidati che hanno conseguito titoli di cultura manifestamente diversi tra loro e che si pongono a conclusione di percorsi di studi altrettanto diversi per livello di eterogeneità degli insegnamenti seguiti, degli esami sostenuti e delle esperienze accademiche maturate. Infatti, se ai fini della partecipazione alla selezione è sufficiente la laurea breve triennale, in un’ottica di corretta interpretazione degli artt. 2 e 6 del bando, il diploma di laurea vecchio ordinamento/laurea magistrale non può non essere considerato quale titolo “aggiuntivo/ulteriore” rispetto a quello di base per la partecipazione al concorso, con la consequenziale attribuzione della relativa aliquota di punteggio. …”.

Al fine di rafforzare tale assunto, il Collegio ha richiamato le norme contenute nel decreto ministeriale n. 270 del 22 ottobre 2004, recante le disposizioni concernenti l’autonomia didattica degli atenei, dove si afferma che il corso di laurea triennale “…ha l’obiettivo di assicurare una adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali…” mentre il corso di laurea magistrale “…ha l’obiettivo i fornire allo studente una formazione di livello avanzato per l’esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici…”.

Conclusione

Sulla scorta di tali considerazioni, il Collegio ha annullato il bando di concorso, nonché le graduatorie finali e i verbali delle commissioni esaminatrici, così obbligando la Pubblica Amministrazione a riformulare le graduatorie assegnando alla laurea magistrale un valore maggiore rispetto a quella triennale.

Risulta utile rilevare che, tale quadro interpretativo, ha trovato di recente conferma anche in una pronuncia cautelare del medesimo Tribunale Amministrativo Regionale.
L’ordinanza del 14 febbraio 2022 numero 1739 infatti, ha riconosciuto il medesimo principio di diritto, applicandolo al concorso indetto dal RIPAM per il reclutamento a tempo determinato di 8.171 addetti all’ufficio per il processo.

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