Danno da perdita di chance e grado di probabilità (di aggiudicazione)
La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, in occasione della recentissima sentenza del 13 settembre 2021, n. 6268, ha fornito interessanti e rilevanti chiarimenti in tema di danno da perdita di “chance”, non solo individuando i presupposti perché possa esserne riconosciuto il risarcimento, ma sottolineando anche la necessità di un preventivo esperimento dell’azione di annullamento.
In via generale, può dirsi che il danno da perdita di chance si verifica nel caso di definitiva perdita della possibilità, già concretamente esistente nel patrimonio del danneggiato, di conseguire un risultato vantaggioso ovvero di evitarne uno sfavorevole.
Trattasi di una figura dai confini labili e incerti, che ha registrato per tal motivo, in giurisprudenza, significative differenze sul versante applicativo.
Ebbene, la pronuncia del Consiglio di Stato in commento risulta essere particolarmente chiarificatrice.
La vicenda concreta e la decisione di prime cure
Prima di analizzare la decisione d’appello, occorre far sintetica menzione anche di quanto statuito dal giudice di prime cure.
Specificamente, il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Bolzano era stato chiamato a pronunciarsi sul ricorso presentato da un operatore economico avverso l’ultimo di una serie di provvedimenti di “proroga” che l’Amministrazione (provinciale) aveva adottato a favore del concessionario del servizio di trasporto pubblico locale.
Ciò, sostenendosi l’illegittimità di tale proroga, equivalendo essa ad un “affidamento diretto con procedura negoziata senza bando“, al di fuori dei casi consentiti, e formulandosi anche domanda risarcitoria a ristoro del “danno da perdita di chance” che il ricorrente assumeva di aver patito.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Bolzano adito in prime cure, accoglieva l’impugnazione, ritenendo in effetti illegittima la proroga.
Al contempo, tuttavia, rigettava sia la domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto, formulata in giudizio ai sensi dell’art. 121, comma 2, del c.p.a. (ritenendo sussistere “esigenze imperative connesse alla necessaria garanzia di continuità di un servizio pubblico essenziale”, anche “in considerazione del tempo contenuto fino alla scadenza della proroga e dell’estrema complessità dell’affidamento del servizio”); sia la domanda risarcitoria avanzata dal ricorrente, ritenendola d’un canto “proposta sulla base dell’erroneo presupposto che, in luogo della proroga, l’amministrazione avrebbe dovuto esperire una gara ad evidenza pubblica“; e dall’altro, in considerazione del fatto che, “in ogni caso”, l’operatore economico ricorrente “non era stato in grado di dimostrare che, se l’amministrazione avesse affidato il servizio adottando una delle misure eccezionali sopra richiamate (in particolare mediante un affidamento diretto), esso sarebbe risultato aggiudicatario, con un elevato grado di probabilità“.
La decisione del Consiglio di Stato
In secondo grado, il Consiglio di Stato, con la pronuncia in esame, ha confermato l’illegittimità della proroga dei rapporti concessori che era stata oggetto dell’impugnazione in prime cure (e dell’appello proposto in via principale dalle parti soccombenti in prime cure), ma ha riformato, ritenendola erronea, la statuizione di rigetto della domanda risarcitoria, contenuta nella decisione del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Bolzano (oggetto di appello incidentale).
Ciò, osservando in particolare come “ il richiamo del giudice di primo grado alla elevata probabilità di realizzazione, quale condizione affinché la chance acquisti rilevanza giuridica, è fuorviante, in quanto così facendo si assimila il trattamento giuridico della figura in esame alla causalità civile ordinaria (ovvero alla causalità del risultato sperato)”.
La chance, chiarisce il Consiglio di Stato, dopo averne tratteggiato la nozione, nel campo del diritto amministrativo prospetta piuttosto un’ipotesi “…di danno solo ipotetico, in cui non si può oggettivamente sapere se un risultato vantaggioso si sarebbe o meno verificato”; di talchè, pur essendo certa la “contrarietà al diritto della condotta di chi ha causato la perdita della possibilità“, non è al contempo “conoscibile l’apporto causale rispetto al mancato conseguimento del risultato utile finale“.
Ad avviso del Collegio, dunque, non si deve confondere la questione relativa alla consistenza dell’eventualità del conseguimento del risultato finale con i profili degli aspetti del nesso di causalità. La valutazione relativa al grado di consistenza della chance rileva, infatti, sotto il profilo dell’accertamento dell’ingiustizia del danno e non del nesso di causalità.
A tal riguardo, è opportuno riportare pedissequamente quanto affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza di cui trattasi, là dove afferma che, in sede di azione di risarcimento per perdita di chance, “poiché l’esigenza giurisdizionale è quella di riconoscere all’interessato il controvalore della mera possibilità ‒ già presente nel suo patrimonio ‒ di vedersi aggiudicato un determinato vantaggio, l’an del giudizio di responsabilità deve coerentemente consistere soltanto nell’accertamento del nesso causale tra la condotta antigiuridica e l’evento lesivo consistente nella perdita della predetta possibilità; la tecnica probabilistica va quindi impiegata, non per accertare l’esistenza della chance come bene a sé stante, bensì per misurare in modo equitativo il ‘valore’ economico della stessa, in sede di liquidazione del ‘quantum’ risarcibile; con l’avvertenza che, anche se commisurato ad una frazione probabilistica del vantaggio finale, il risarcimento è pur sempre compensativo (non del risultato sperato, ma) della privazione della possibilità di conseguirlo.”
La perdita di chance, dunque, è risarcibile a condizione che il danneggiato dimostri la sussistenza d’un valido nesso causale (potendo d’altronde questi prescindere dalla dimostrazione altresì della sussistenza dell’elemento psicologico della colpa, laddove – come nella vicenda esaminata e sulla scorta di pacifico orientamento giurisprudenziale, formatosi sulla scia dei principi eurounitari – si verta in materia in materia di aggiudicazione di appalti pubblici).
Il Consiglio di Stato specifica, altresì, che la chance perduta da risarcire deve essere “seria”: “…al fine di non riconoscere valore giuridico a chance del tutto accidentali, va appurato che la possibilità di realizzazione del risultato utile rientri nel contenuto protettivo delle norme violate”.
Due ultime statuizioni meritano menzione.
La prima riguarda la quantificazione del danno concesso e dunque la liquidazione del danno da perdita della ‘chance’, che è stato ritenuto dal Collegio “diverso .. dal danno di mancata aggiudicazione che si identifica con l’interesse positivo ed il danno curricolare” e per il quale si è ritenuta possibile e necessaria “una valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c. (richiamato dall’art. 2056 c.c.), stante l’impossibilità di formulare una prognosi sull’esito di una procedura comparativa mai svolta e quindi di fornire una precisa prova sull’ammontare del danno“.
La seconda riguarda l’annosa questione del rapporto fra la domanda risarcitoria e quella demolitoria. Sul punto, il Collegio, rammentando che il sistema di giustizia amministrativa appronta in via principale una tutela specifica, che è quella dell’annullamento (appunto, la c.d. tutela demolitoria), ha sottolineato, sia pure incidentalmente, la necessità, da parte del danneggiato, di un preventivo e ineludibile esperimento dell’azione di annullamento rispetto a quella di risarcimento.
A chiusura, le ragioni di una tale precisazione: “La priorità del tratto conformativo del giudicato di annullamento rispetto alla tutela risarcitoria (con la conseguenza che l’interessato non può tralasciare di impugnare l’esito negativo del procedimento), consegue al fatto che la tecnica risarcitoria della chance presuppone una situazione di fatto immodificabile, che abbia definitivamente precluso all’interessato la possibilità di conseguire il risultato favorevole cui aspirava”.