Gravi illeciti professionali dichiarati in gara e non valutati dalla Stazione appaltante

Published On: 29 Giugno 2021Categories: Appalti Pubblici e Concessioni

L’interpretazione e l’applicazione della causa di esclusione dalle procedure d’appalto pubblico relativa ai c.d. gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, comma 5, lettere c) e c-bis) del decreto legislativo 50/2016, è oggetto di costante attenzione da parte della giurisprudenza amministrativa.

Da ultimo, in materia, si è pronunciato – nuovamente – il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana il quale, con la decisione del 24.06.2021 n.614, ha ritenuto legittimo l’operato della Stazione appaltante che ha ammesso in gara l’operatore il quale aveva a sua volta in sede di gara (debitamente) dichiarato due pregresse risoluzioni contrattuali, senza compiere al riguardo alcuna particolare valutazione (discrezionale) e senza attivare alcuna specifica istruttoria, “finalizzata a verificare se esistevano i presupposti per l’esclusione”.

Il Supremo Consesso, in particolare, è arrivato ad una tale conclusione – confermativa della sentenza di prime cure e reiettiva delle censure di parte ricorrente e poi appellante – osservando anzitutto, in punto di diritto, che “il riscontro a carico della stazione appaltante di quelle che possono in teoria ritenersi gravi inadempienze professionali del concorrente rientra comunque nella discrezionalità della stessa stazione appaltante. La Corte di cassazione ha con chiarezza stabilito che in tema di contenzioso per l’esclusione da gara di appalto per pregressa negligenza professionale, la decisione di esclusione (e di non esclusione) per «deficit di fiducia», è frutto di una valutazione discrezionale della stazione appaltante, alla quale il legislatore riserva la individuazione del «punto di rottura dell’affidamento»” nel pregresso e/o futuro contraente. Pertanto il controllo del giudice amministrativo su tale valutazione discrezionale deve essere svolto ab estrinseco, ed è diretto ad accertare il ricorrere di seri indici, ma non è mai sostitutivo”.

Quindi, il Giudice d’Appello siciliano ha precisato che “il sindacato sulla motivazione deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della «non pretestuosità» della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante e non può avvalersi, al fine di ritenere esistente il vizio di eccesso di potere, di criteri che portano ad evidenziare la mera «non condivisibilità» della valutazione stessa (Cass., sez. un., 17.2.2012 nn. 2312 e 2313)”.

Sulla scorta di tali coordinate, dunque, si è ritenuto che il “silenzio” mantenuto nella specie dalla Stazione appaltante sulle due pregresse risoluzioni contrattuali, comunque enunciate dalla concorrente in sede di dara “non appare ad un primo esame esprimere violazioni della discrezionalità della P.A., né comunque irrazionalità o illogicità o ancora errori di fatto del tutto palesi, così come si può desumere dall’esame delle due vicende” concretamente occorse alla concorrente stessa.

Venendo in rilievo – per un verso – una vicenda risolutoria (per inadempimento contrattuale) con altra Stazione appaltante oggetto di una articolata controversia ancora sub iudice” in sede civile, nella quale vi era una pluralità di contestazioni reciproche e che si trovava ancora “alle origini”, in relazione alla quale il CGA ha, con la sentenza in rassegna, ritenuto di non ravvisare “a carico” della Stazione appaltante procedente alcun “comportamento contra legem”, giacchè non emergevano “dall’intero contesto della vicenda” “sufficienti elementi” per contestare alla Stazione appaltante medesima “una mancanza di esercizio di discrezionalità tecnica o ancor più l’esercizio di una cattiva discrezionalità tecnica nell’assumere quale ragioni di esclusione dalla gara” dell’operatore la precedente vicenda.

E, per altro verso, un provvedimento di risoluzione contrattuale, disposto “per asserita sopravvenuta carenza dei requisiti generali di cui all’art. 38 del d. lgs. 163 del 2006, a causa del venir meno del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) del d. lgs. 163 del 2006”, che era stato oggetto di impugnazione e sospensione, in sede cautelare, da parte dello stesso Giudice Amministrativo (essendo anche in tal caso la relativa controversa ancora “sub judice”, quanto alla definizione del merito).

E’ incontestabile”, osserva il CGA, “che ci si trova dinanzi a due risoluzioni per inadempimento pronunciate dalle stazioni appaltanti in assenza di una definizione giudiziale delle controversie che ne sono scaturite”, rammentandosi anche come la “giurisprudenza più recente” abbia tratto “il principio che al giudice amministrativo spetta solamente verificare se le gravi infrazioni siano «debitamente accertate» negli atti addotti dalla stazione appaltante con mezzi di prova adeguati ovvero se sia riscontrabile in essi la plausibile affermazione di responsabilità a carico dell’impresa per fatti specificamente individuati. Si tratta, dunque, come di regola per gli atti delle procedure di gara contenenti una valutazione dell’amministrazione procedente, di un sindacato estrinseco e motivazionale, dovendosi necessariamente preservare non solamente il merito della decisione amministrativa, ma anche la competenza propria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale gli stessi atti siano impugnati in via principale (Cons. Stato, V, 6 luglio 2020 n. 4304)”.

Si è anche affermato – continua il CGA – che la stazione appaltante può ritenere la sussistenza dei gravi errori professionali nell’attività pregressa esercitata dall’impresa, anche in mancanza di un accertamento definitivo dei precedenti rapporti da parte di altra amministrazione, purché il relativo provvedimento sia sorretto da adeguata motivazione ed indichi puntualmente le circostanze di fatto che supportano la valutazione espressa (Cons. Stato, V, 11 dicembre 2017 n. 5818; Id., IV, 4 settembre 2013, n. 4455; Id., V, 4 aprile 2016, n. 1412)”.

Sennonchè, ad avviso del Supremo Consesso, “nel caso di specie appare evidente che nulla possa essere rimproverato” alla stazione appaltante circa la mancata esclusione dalla procedura dell’operatore, proprio alla luce delle due concrete vicende occorse, giacchè “nel secondo dei casi abbiamo un provvedimento di riscontro di inadempienza professionale la cui efficacia è stata sospesa da questo Giudice; nel primo caso vi è un complesso giudizio civile tuttora in fase di iniziale istruttoria con contestazioni reciproche e conseguentemente, se pur (la Stazione appaltante) non era tenuta comunque ad attendere la definizione giurisdizionale della vicenda, non si può affermare che sia caduta in gravi illogicità o in patenti errori di fatto nel non considerare «grave inadempienza professionale» quanto occorso” fra l’operatore ed altra Stazione appaltante.

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Gravi illeciti professionali dichiarati in gara e non valutati dalla Stazione appaltante

Published On: 29 Giugno 2021

L’interpretazione e l’applicazione della causa di esclusione dalle procedure d’appalto pubblico relativa ai c.d. gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, comma 5, lettere c) e c-bis) del decreto legislativo 50/2016, è oggetto di costante attenzione da parte della giurisprudenza amministrativa.

Da ultimo, in materia, si è pronunciato – nuovamente – il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana il quale, con la decisione del 24.06.2021 n.614, ha ritenuto legittimo l’operato della Stazione appaltante che ha ammesso in gara l’operatore il quale aveva a sua volta in sede di gara (debitamente) dichiarato due pregresse risoluzioni contrattuali, senza compiere al riguardo alcuna particolare valutazione (discrezionale) e senza attivare alcuna specifica istruttoria, “finalizzata a verificare se esistevano i presupposti per l’esclusione”.

Il Supremo Consesso, in particolare, è arrivato ad una tale conclusione – confermativa della sentenza di prime cure e reiettiva delle censure di parte ricorrente e poi appellante – osservando anzitutto, in punto di diritto, che “il riscontro a carico della stazione appaltante di quelle che possono in teoria ritenersi gravi inadempienze professionali del concorrente rientra comunque nella discrezionalità della stessa stazione appaltante. La Corte di cassazione ha con chiarezza stabilito che in tema di contenzioso per l’esclusione da gara di appalto per pregressa negligenza professionale, la decisione di esclusione (e di non esclusione) per «deficit di fiducia», è frutto di una valutazione discrezionale della stazione appaltante, alla quale il legislatore riserva la individuazione del «punto di rottura dell’affidamento»” nel pregresso e/o futuro contraente. Pertanto il controllo del giudice amministrativo su tale valutazione discrezionale deve essere svolto ab estrinseco, ed è diretto ad accertare il ricorrere di seri indici, ma non è mai sostitutivo”.

Quindi, il Giudice d’Appello siciliano ha precisato che “il sindacato sulla motivazione deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della «non pretestuosità» della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante e non può avvalersi, al fine di ritenere esistente il vizio di eccesso di potere, di criteri che portano ad evidenziare la mera «non condivisibilità» della valutazione stessa (Cass., sez. un., 17.2.2012 nn. 2312 e 2313)”.

Sulla scorta di tali coordinate, dunque, si è ritenuto che il “silenzio” mantenuto nella specie dalla Stazione appaltante sulle due pregresse risoluzioni contrattuali, comunque enunciate dalla concorrente in sede di dara “non appare ad un primo esame esprimere violazioni della discrezionalità della P.A., né comunque irrazionalità o illogicità o ancora errori di fatto del tutto palesi, così come si può desumere dall’esame delle due vicende” concretamente occorse alla concorrente stessa.

Venendo in rilievo – per un verso – una vicenda risolutoria (per inadempimento contrattuale) con altra Stazione appaltante oggetto di una articolata controversia ancora sub iudice” in sede civile, nella quale vi era una pluralità di contestazioni reciproche e che si trovava ancora “alle origini”, in relazione alla quale il CGA ha, con la sentenza in rassegna, ritenuto di non ravvisare “a carico” della Stazione appaltante procedente alcun “comportamento contra legem”, giacchè non emergevano “dall’intero contesto della vicenda” “sufficienti elementi” per contestare alla Stazione appaltante medesima “una mancanza di esercizio di discrezionalità tecnica o ancor più l’esercizio di una cattiva discrezionalità tecnica nell’assumere quale ragioni di esclusione dalla gara” dell’operatore la precedente vicenda.

E, per altro verso, un provvedimento di risoluzione contrattuale, disposto “per asserita sopravvenuta carenza dei requisiti generali di cui all’art. 38 del d. lgs. 163 del 2006, a causa del venir meno del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) del d. lgs. 163 del 2006”, che era stato oggetto di impugnazione e sospensione, in sede cautelare, da parte dello stesso Giudice Amministrativo (essendo anche in tal caso la relativa controversa ancora “sub judice”, quanto alla definizione del merito).

E’ incontestabile”, osserva il CGA, “che ci si trova dinanzi a due risoluzioni per inadempimento pronunciate dalle stazioni appaltanti in assenza di una definizione giudiziale delle controversie che ne sono scaturite”, rammentandosi anche come la “giurisprudenza più recente” abbia tratto “il principio che al giudice amministrativo spetta solamente verificare se le gravi infrazioni siano «debitamente accertate» negli atti addotti dalla stazione appaltante con mezzi di prova adeguati ovvero se sia riscontrabile in essi la plausibile affermazione di responsabilità a carico dell’impresa per fatti specificamente individuati. Si tratta, dunque, come di regola per gli atti delle procedure di gara contenenti una valutazione dell’amministrazione procedente, di un sindacato estrinseco e motivazionale, dovendosi necessariamente preservare non solamente il merito della decisione amministrativa, ma anche la competenza propria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale gli stessi atti siano impugnati in via principale (Cons. Stato, V, 6 luglio 2020 n. 4304)”.

Si è anche affermato – continua il CGA – che la stazione appaltante può ritenere la sussistenza dei gravi errori professionali nell’attività pregressa esercitata dall’impresa, anche in mancanza di un accertamento definitivo dei precedenti rapporti da parte di altra amministrazione, purché il relativo provvedimento sia sorretto da adeguata motivazione ed indichi puntualmente le circostanze di fatto che supportano la valutazione espressa (Cons. Stato, V, 11 dicembre 2017 n. 5818; Id., IV, 4 settembre 2013, n. 4455; Id., V, 4 aprile 2016, n. 1412)”.

Sennonchè, ad avviso del Supremo Consesso, “nel caso di specie appare evidente che nulla possa essere rimproverato” alla stazione appaltante circa la mancata esclusione dalla procedura dell’operatore, proprio alla luce delle due concrete vicende occorse, giacchè “nel secondo dei casi abbiamo un provvedimento di riscontro di inadempienza professionale la cui efficacia è stata sospesa da questo Giudice; nel primo caso vi è un complesso giudizio civile tuttora in fase di iniziale istruttoria con contestazioni reciproche e conseguentemente, se pur (la Stazione appaltante) non era tenuta comunque ad attendere la definizione giurisdizionale della vicenda, non si può affermare che sia caduta in gravi illogicità o in patenti errori di fatto nel non considerare «grave inadempienza professionale» quanto occorso” fra l’operatore ed altra Stazione appaltante.

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