Gravi illeciti professionali per fatti oggetto di rinvio a giudizio
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia di Milano, con la decisione della Prima Sezione del 18 aprile 2019 n. 897, ha ritenuto illegittimo il provvedimento di esclusione dalla gara disposto nei confronti della Società concorrente, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c) del decreto legislativo 50/2016, e dunque per “gravi illeciti professionali”, motivandolo sulla base del mero ed apodittico richiamo alla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal Pubblico Ministero a carico dell’operatore economico, sia pure per un grave reato contro la Pubblica Amministrazione, in assenza di ulteriori ed autonome verifiche e valutazioni da parte della Stazione Appaltante.
Nello specifico, era avvenuto che l’operatore economico – già rinviato a giudizio su richiesta del PM, per una vicenda risalente al 2012 ed ascritta, con riferimento ai delitti previsti dagli artt. 319, 319 bis, 321 e 353 c. 1 c.p. (corruzione e turbata libertà degli incanti), all’ex socio ed amministratore della società, accusato di aver messo a disposizione le proprie maestranze per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione di un centro estetico di proprietà della figlia di un funzionario comunale, al fine di essere favorito nella procedura per l’affidamento d’una commessa pubblica – partecipava ad una nuova gara, indetta dalla medesima Stazione Appaltante e ne veniva escluso, impugnando dinanzi al TAR Lombardia il provvedimento di esclusione (e la consequenziale aggiudicazione disposta in favore di una impresa terza).
Il Tribunale Amministrativo, con la decisione in rassegna, ha accolto il ricorso della concorrente esclusa, ritenendo preliminarmente che, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c), posto a fondamento dell’esclusione, “…in linea generale, anche i fatti oggetto di accertamento in un procedimento penale ancora in corso possano essere considerati “mezzi adeguati” da parte di un’amministrazione aggiudicatrice, per dimostrare che un operatore economico si sia reso responsabile di gravi illeciti professionali…”.
In tal senso, d’altronde, rammenta il Tribunale, la stessa Corte di Giustizia ha recentemente affermato Giustizia che “…nell’ambito delle “ricerche e verifiche” che le stazioni appaltanti possono condurre per accertare l’integrità di un operatore economico, laddove esista “una procedura specifica disciplinata dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale per perseguire determinate violazioni, e in cui particolari organismi sono incaricati di effettuare indagini al riguardo, l’amministrazione aggiudicatrice, nell’ambito della valutazione delle prove fornite, deve basarsi in linea di massima sull’esito di siffatta procedura” (C-124/17 del 24.10.2018, punti 24-25)…”, precisando altresì come, in tali evenienze, “…occorre tener conto delle funzioni rispettive, da un lato, delle amministrazioni aggiudicatrici e, dall’altro, delle autorità investigative. Mentre queste ultime hanno il compito di stabilire la responsabilità di determinati agenti nel commettere una violazione a una norma di diritto, accertando con imparzialità la realtà di fatti che possono costituire una siffatta violazione, nonché punendo il comportamento illecito pregresso di detti agenti, le amministrazioni aggiudicatrici devono valutare i rischi cui potrebbero essere esposte aggiudicando un appalto a un offerente la cui integrità o affidabilità sia dubbia” (v. punto 26)…”.
Ed “…ad analoghe conclusioni è giunta la giurisprudenza amministrativa, ritenendo che, in linea generale, l’art. 80, c. 5, lett. c) cit., rimetta alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un “grave illecito professionale”, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità, anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo (C.S., Sez. V, 3.9.2018 n. 5142)…”, non risultando comunque necessario che “…i gravi illeciti professionali posti a fondamento della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, essendo infatti sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi (C.S., Sez. V, 27.2.2019 n. 1367, 20.3.2019 n. 1846)…”.
Sempre in termini generali, ancora il Tribunale ha evidenziato come “…l’ampiezza della formulazione utilizzata dall’art. 57 c. 4 lett. c) della Direttiva 2014/24, consentendo di escludere i partecipanti che abbiano commesso “gravi illeciti professionali”, riconosce un ampio potere discrezionale alle amministrazioni aggiudicatrici, ciò che ha indotto la giurisprudenza a dubitare della legittimità degli automatismi previsti dall’art. 80 c. 5 lett. c) cit., e più recentemente, lo stesso legislatore, a modificare tale norma…” (cfr. T.A.R. Campania, ordinanza n. 5893 del 13.12.2017 e conclusioni rese dall’Avvocato Generale nella causa C-41/18; C.S., 3.5.2018 n. 2639 ed art. 5, c. 1, del D.L. 14.12.2018, n. 135, convertito con L. 11.2.2019 n. 12, che ha modificato l’art. 80 c. 5 cit., introducendo un nuovo comma c-ter).
Alla luce di ciò, il Tribunale ha quindi anzitutto dato atto che, “…ai fini dell’individuazione dei “gravi illeciti professionali”, si assiste ad una tendenziale riduzione delle fattispecie generali e astratte normativamente previste, venendo tale onere direttamente demandato alle amministrazioni aggiudicatrici…” e che “..il punto di equilibrio tra la tutela della concorrenza e le esigenze delle stazioni appaltanti, è conseguentemente spostato in favore di queste ultime, che essendo chiamate ad individuare in concreto le condotte suscettibili ad integrare un “grave illecito professionale”, devono perciò giustificare l’esercizio dei più ampi poteri discrezionali loro attribuiti, mediante congrua motivazione…”.
Quindi, ha sottolineato che – come espressamente affermato da C.S., Sez. III, 23.11.2017, n. 5467 – “…l’art. 80 c. 5 lett. c) cit. ha … esteso il potere discrezionale delle amministrazioni aggiudicatrici di escludere i concorrenti da una gara d’appalto, correlandone l’esercizio ad un “concetto giuridico indeterminato”, e consentendo loro di declinare, caso per caso, la condotta dell’operatore economico “colpevole di gravi illeciti professionali”.
“Come noto”, continua il Tribunale “…la categoria dei concetti giuridici a contenuto indeterminato, attiene ad una particolare tecnica legislativa nella quale, per individuare il fatto produttivo di effetti, la norma non descrive la fattispecie astratta in maniera tassativa ed esaustiva, ma rinvia, per la sussunzione del fatto concreto nell’ipotesi normativa, all’integrazione dell’interprete, mediante l’utilizzo di concetti che vanno completati e specificati con elementi o criteri extragiuridici (C.S. n. 5467/17 cit.). A fronte di concetti giuridici indeterminati, l’Amministrazione dispone pertanto di un più ampio potere discrezionale, ciò che è potenzialmente suscettibile di pregiudicare il principio di legalità, dovendo pertanto richiedersi l’adempimento di un onere motivazione rafforzato.
Sicchè, la Stazione appaltante “…quando …esclude dalla partecipazione alla gara un operatore economico perché considerato colpevole di un grave illecito professionale non compreso nell’elenco dell’art. 80, c. 5 lett. c) cit., deve adeguatamente motivare l’esercizio di siffatta discrezionalità, ed in maniera ben più rigorosa ed impegnativa rispetto a quanto avviene a fronte delle particolari ipotesi esemplificate dal testo di legge (C.S., Sez. V, 2.3.2018 n. 1299)...”.
Sulla scorta di tali coordinate, quindi, il Tribunale, è entrato nel merito della motivazione del provvedimento di esclusione in quel caso impugnato, “al fine di vagliarne l’adeguatezza…”, giungendo alla conclusione che essa si esaurisse in una mera ed apodittica affermazione della rilevanza dei fatti oggetto del rinvio a giudizio, sulla scorta delle sole valutazioni espresse dal pubblico ministero nel procedimento penale, in ordine al rilievo dei fatti in quella sede evidenziati.
Valutazioni che la Stazione appaltante aveva in specie ritenuto di condividere, senza peraltro minimamente indicarne le motivazioni, e senza compiere alcuna autonoma valutazione né dei fatti che avrebbero dato luogo ad un grave illecito professionale (mancandone finanche la loro descrizione), né degli elementi di prova raccolti nel procedimento penale (non essendovi alcun riferimento alle risultanze delle annotazioni, intercettazioni telefoniche, verbali di interrogatorio, ecc., su cui è fondata la richiesta di rinvio a giudizio).
Per ciò, il Tribunale, “…pur comprendendo il disagio di un’Amministrazione che si trovi di fronte ad un aggiudicatario indagato in una vicenda penale che l’ha vista coinvolta…”, ha infine annullato il provvedimento di esclusione impugnato, rilevando come “..una richiesta di rinvio a giudizio non è certamente ostativa all’adozione di un provvedimento di esclusione da una gara d’appalto, non essendo infatti a tal fine necessario che il procedimento penale avviato a carico di un concorrente si sia concluso con una sentenza di condanna a suo carico. Tuttavia, una richiesta di rinvio a giudizio, sebbene per gravi reati, in assenza di un autonomo accertamento dei fatti idonei a configurare un grave illecito professionale da parte della stazione appaltante, e di una congrua motivazione sul punto, non può di per sé essere sufficiente a giustificare un provvedimento amministrativo di esclusione, spesso suscettibile di arrecare gravissimi pregiudizi all’operatore economico, e in taluni casi, la cessazione della sua attività…”.
Peraltro, osserva ancora il Tribunale “…in assenza di un’autonoma valutazione dei fatti posti a fondamento della richiesta di rinvio a giudizio, a cui il provvedimento impugnato ha invece sostanzialmente rinviato, lo stesso deve essere annullato, avvallandosi in contrario il principio secondo cui, a fronte di un atto proveniente dal solo p.m., prima ancora che il g.i.p. si sia potuto pronunciare sulla sufficienza ed idoneità degli elementi acquisiti, e prima ancora di potersi difendere nel dibattimento dalle accuse rivoltegli, un operatore economico si vedrebbe preclusa la possibilità di partecipare alle gare d’appalto, ciò che violerebbe i principi fondamentali dell’ordinamento (artt. 27 c. 2 Cost. e 6 c. 2 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo)…”.
Da ciò, dunque la conclusione che “…il mero richiamo alla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero, posta a fondamento del provvedimento impugnato, in assenza di ulteriori ed autonome valutazioni da parte della stazione appaltante, non costituisca “mezzo adeguato” di prova della sussistenza di un grave illecito professionale di cui all’art. 80 c. 5 lett. c) cit….” (cfr. in senso analogo, T.A.R. Toscana, Sez. I, 1.8.2017 n. 1011; T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 5.10.2018, n. 955; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4.3.2019 n. 2771).