Mutamento di destinazione d'uso: è necessario il permesso di costruire?

Published On: 4 Settembre 2018Categories: Edilizia, Urbanistica ed Espropriazioni

Il Tribunale Amministrativo del Lazio si è pronunciato, con la sentenza numero 9074 del 30 agosto 2018, sulla necessità del permesso di costruire in caso di mutamento di destinazione d’uso di rilevanza urbanistica.
Nel caso di specie la società ricorrente aveva destinato il complesso soffitta-lavatoio-stenditoio ad uso abitativo, ritenendo che, ove non si verifichi il passaggio da una categoria urbanistica all’altra, di cui all’articolo 23 – bis del T.U. Ed., sarebbe sufficiente una semplice DIA (ora SCIA).
Il Tribunale  ha tuttavia rinvenuto la necessità del previo rilascio del permesso di costruire, facendo leva sulla nozione di destinazione d’uso, intesa come l’elemento che qualifica la connotazione del bene immobile e risponde a precisi scopi di interesse pubblico, di pianificazione o di attuazione della pianificazione.
Il mutamento di destinazione di uso di un immobile attuato attraverso la realizzazione di opere edilizie,  qualora  venga realizzato dopo l’ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza, va inquadrato come un’ipotesi di ristrutturazione edilizia secondo la definizione fornita dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), in quanto l’esecuzione dei lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di “un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente“.
Nel caso di mutamento da locale accessorio o pertinenza a vano abitabile, il mutamento è del tutto assimilabile a un cambio di categoria rilevante ai sensi dell’art. 23 – ter, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001 e come tale avente rilevanza urbanistica ai sensi del punto 38 della Tabella A – Edilizia allegata al decreto SCIA 2 (D. Lgs. 222/2016).
Nell’ambito di una unità immobiliare ad uso residenziale, vanno infatti distinti i locali abitabili in senso stretto dagli spazi “accessori” o adibiti a servizi che, secondo lo strumento urbanistico vigente, non hanno valore di superficie edificabile e non sono presi in considerazione come superficie residenziale all’atto del rilascio del permesso di costruire: autorimesse, cantine, soffitte e locali di servizio rientrano, di norma, in questa categoria.
Va quindi ritenuto urbanisticamente rilevante la trasformazione di un garage, di un magazzino o di una soffitta in un locale abitabile; anche tenendo conto dei profili igienico-sanitari di abitabilità del vano, in ogni caso si configura un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’originario permesso di costruire.
Il Collegio ha infine ritenuto irrilevante il profilo di cui all’art. 23 – ter, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 secondo il quale la destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile, poichè l’accertamento sulla prevalenza della destinazione d’uso del fondo riguarda solamente il caso di una destinazione mista, allo scopo di stabilire quale sia la destinazione d’uso da considerare prevalente, per verificare se vi sia stato un mutamento rispetto ad essa; mentre nel caso dei locali accessori non si discute della destinazione residenziale complessiva dell’opera, che è certa ed è unitaria, ma della diversa questione della ripartizione dei volumi principali e accessori.
 

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Mutamento di destinazione d'uso: è necessario il permesso di costruire?

Published On: 4 Settembre 2018

Il Tribunale Amministrativo del Lazio si è pronunciato, con la sentenza numero 9074 del 30 agosto 2018, sulla necessità del permesso di costruire in caso di mutamento di destinazione d’uso di rilevanza urbanistica.
Nel caso di specie la società ricorrente aveva destinato il complesso soffitta-lavatoio-stenditoio ad uso abitativo, ritenendo che, ove non si verifichi il passaggio da una categoria urbanistica all’altra, di cui all’articolo 23 – bis del T.U. Ed., sarebbe sufficiente una semplice DIA (ora SCIA).
Il Tribunale  ha tuttavia rinvenuto la necessità del previo rilascio del permesso di costruire, facendo leva sulla nozione di destinazione d’uso, intesa come l’elemento che qualifica la connotazione del bene immobile e risponde a precisi scopi di interesse pubblico, di pianificazione o di attuazione della pianificazione.
Il mutamento di destinazione di uso di un immobile attuato attraverso la realizzazione di opere edilizie,  qualora  venga realizzato dopo l’ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza, va inquadrato come un’ipotesi di ristrutturazione edilizia secondo la definizione fornita dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), in quanto l’esecuzione dei lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di “un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente“.
Nel caso di mutamento da locale accessorio o pertinenza a vano abitabile, il mutamento è del tutto assimilabile a un cambio di categoria rilevante ai sensi dell’art. 23 – ter, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001 e come tale avente rilevanza urbanistica ai sensi del punto 38 della Tabella A – Edilizia allegata al decreto SCIA 2 (D. Lgs. 222/2016).
Nell’ambito di una unità immobiliare ad uso residenziale, vanno infatti distinti i locali abitabili in senso stretto dagli spazi “accessori” o adibiti a servizi che, secondo lo strumento urbanistico vigente, non hanno valore di superficie edificabile e non sono presi in considerazione come superficie residenziale all’atto del rilascio del permesso di costruire: autorimesse, cantine, soffitte e locali di servizio rientrano, di norma, in questa categoria.
Va quindi ritenuto urbanisticamente rilevante la trasformazione di un garage, di un magazzino o di una soffitta in un locale abitabile; anche tenendo conto dei profili igienico-sanitari di abitabilità del vano, in ogni caso si configura un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’originario permesso di costruire.
Il Collegio ha infine ritenuto irrilevante il profilo di cui all’art. 23 – ter, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 secondo il quale la destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile, poichè l’accertamento sulla prevalenza della destinazione d’uso del fondo riguarda solamente il caso di una destinazione mista, allo scopo di stabilire quale sia la destinazione d’uso da considerare prevalente, per verificare se vi sia stato un mutamento rispetto ad essa; mentre nel caso dei locali accessori non si discute della destinazione residenziale complessiva dell’opera, che è certa ed è unitaria, ma della diversa questione della ripartizione dei volumi principali e accessori.
 

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