Quando a ballare è anche il locatore
La Corte di Cassazione con la sentenza del 15 giugno 2018, numero 15767, ha esaminato – sotto vari profili – la richiesta risarcitoria avanzata da un condomino per ottenere la cessazione del rumore causato da una discoteca.
La sentenza si segnala in quanto suggerisce quali possano essere le opzioni che si prospettano al proprietario / locatore, per essere tenuto indenne da eventuali richieste risarcitorie avanzate dai vicini infastiditi dal rumore.
La Suprema Corte, infatti -dopo aver passato in rassegna gli orientamenti giurisprudenziali susseguitisi nel tempo -ha ritenuto che, come più di recente affermato in materia di immissioni intollerabili originate da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 c.c. per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell’immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi (cfr. Cassazione, 28 maggio 2015, n. 11125).
Ad analoghe conclusioni, peraltro, la giurisprudenza è pervenuta leggendo la fattispecie in termini di art. 2051 c.c.: il proprietario di un immobile concesso in locazione non può essere chiamato a rispondere, ex art. 2051 c.c., dei danni a terzi causati da macchinari utilizzati dal conduttore, quando non abbia avuto alcuna possibilità concreta di controllo sull’uso di essi, non potendo detta responsabilità sorgere per il solo fatto che il proprietario medesimo ometta di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi del caso al fine di impedire il verificarsi di danni a terzi, giacchè essi costituirebbero atti inidonei ad incidere sul funzionamento della cosa dannosa (cfr. Cassazione, 1 aprile 2010, n. 8006).