Riesame in autotutela dei giudizi di inidoneità alla Abilitazione Scientifica Nazionale
La Terza Sezione interna del TAR Lazio di Roma, con la decisione del 27 settembre 2018 n.9583 che qui si segnala, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto “contra silentium” ai sensi dell’art. 117 c.p.a., diretto ad ottenere la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione resistente (MIUR) sull’istanza tramite cui parte ricorrente aveva chiesto l’annullamento in autotutela dei giudizi, collegiale e individuali, con cui era stata negata l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di seconda fascia ed i quali, non tempestivamente impugnati in sede giurisdizionale, erano divenuti definitivi.
Il Collegio giudicante, rifacendosi ad una consolidata giurisprudenza formatasi in materia (cfr. C.G.A.R.S. 6 settembre 2017, n. 380, che richiama Consiglio di Stato, Sez. V, 17.6.2014 n.3095; Sez. III, 22.10.2009 n.1658; Sez.VI, 12.11.2003 n.7250; Sez. V, 14.4.2008 n.1610; Sez. VI, 5.9.2005 n.4504; Sez. V, 7.11.2016 n.4642; Id., 22.1.2015 n.273; Sez. V^, 3.10.2012 n.5199; Sez. V, 30.12.2011 n.6995; TAR Lombardia, Sez. II, 17 ottobre 2017, n. 1983), ha infatti riaffermato come l’azione sul silenzio, di cui agli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., non può essere utilmente esperita quando:
a) la richiesta del privato riguardi l’esercizio del potere di autotutela, posto che l’Amministrazione gode in materia di ampia discrezionalità anche in ordine all’an e che l’obbligo di emissione di un nuovo provvedimento avrebbe effetto elusivo sui termini decadenziali previsti per la proposizione del ricorso giurisdizionale contro il provvedimento di primo grado, potendo l’interessato – che abbia omesso di agire tempestivamente – rimettersi in termini impugnando l’atto di secondo grado (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 6 luglio 2010, n. 4308; id., sez. IV, 24 maggio 2010, n. 3270; id., sez. V, 30 dicembre 2011, n. 6995; id., 3 ottobre 2012, n. 5199; id., sez. IV, 24 settembre 2013, n. 4714; id., 7 luglio 2014, n. 3426; id., 26 agosto 2014, n. 4309; id., VI, 26 maggio 2015, n. 2651; id, 14 maggio 2016, n. 1012);
b) l’istanza abbia ad oggetto, non già l’emissione di un provvedimento amministrativo che costituisca espressione di un pubblico potere, ma un comportamento dell’amministrazione (come ad. es. il versamento di una somma di denaro) volto al soddisfacimento di una posizione giuridica del richiedente avente consistenza di diritto soggettivo, salva la possibilità per il giudice di convertire l’azione sul silenzio in azione di condanna (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 6 febbraio 2017, n. 513; id., sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 860);
c) nel caso in cui sia manifesta l’assenza dei presupposti che impongono all’amministrazione di provvedere sull’istanza presentata dal privato (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 273).
Nello specifico caso concreto, il Collegio ha ritenuto la ricorrenza tanto della prima ipotesi, giacchè l’istanza di riesame afferiva a provvedimenti (i giudizi individuali e collegiale resi in sede di abilitazione scientifica nazionale) non tempestivamente impugnati in sede giurisdizionale, qualificandosi in termini di sollecitazione di un potere di auto-annullamento officioso ai sensi dell’art. 21 – nonies Legge n. 241 del 1990; tanto della terza ipotesi (manifesta carenza di un presupposto che imponga all’Amministrazione di provvedere), avendo il Collegio ritenuto a tal fine insufficienti gli “elementi fattuali” che l’istante aveva esposto con la sua richiesta, alla luce di una successiva e complessa vicenda giudiziaria penale (che aveva coinvolto anche i Commissari che l’avevano giudicata inidonea all’abilitazione), la quale tuttavia si trovava ancora in una fase “embrionale”.