Suddivisione dell'appalto in macro-lotti
E’ illegittima, per sviamento di potere, la suddivisione di un appalto pubblico in macro-lotti laddove integri la duplice violazione del principio della libera concorrenza in senso oggettivo (come astratta possibilità di contendersi il mercato in posizione di parità) e in senso soggettivo (per la creazione di una posizione di ingiustificato favore di un concorrente rispetto agli altri).
Così, si è da ultimo e nuovamente espresso il Consiglio di Stato, con la decisione del 4 marzo 2019 n. 1486, nella quale – richiamandosi anche Consiglio di Stato, sez. III, 13/11/2017, n. 5224 – si è anzitutto ribadito come “..l’articolazione ragionevole di un appalto in lotti diversi è .. finalizzata proprio ad assicurare la tutela della concorrenza e della non discriminazione tra i contendenti, e cioè di finalità di eminente interesse pubblico che, trascendendo le vicende della singola gara, attengono all’ordinato ed equilibrato sviluppo economico della società intera, e rilevano anche sotto il profilo processuale; infatti, “come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1038 del 6 marzo 2017)…”.
Ciò premesso, ad avviso del Collegio, “..la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (cfr. n.5224/2017 cit.)…”.
Limiti che nella specie sono apparsi, entrambi, “oggettivamente superati”.
La gara su cui il Supremo Consesso è stato chiamato a pronunziarsi, era invero divisa in sei soli macro-lotti (per complessivi € 303.510.618,83) ed erano tutti caratterizzati da un notevole valore economico e strutturati su una notevole estensione territoriale (con l’accorpamento di più Aziende sanitarie e presidi ospedalieri differenti), senza che peraltro la Stazione appaltante si fosse premurata di specificare le ragioni d’una tale articolazione della gara (nè e tanto meno di prevedere una qualche limitazione alla possibilità di un unico operatore di aggiudicarsi tutti i lotti).
In un tale contesto, il Collegio ha ritenuto in specie “…evidente la violazione del principio di cui all’art. 51, primo comma ultimo periodo ..” (secondo cui “E’ fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti”), ma anche delle norme di recepimento del diritto comunitario in materia di suddivisione dei lotti (le quali “…devono essere interpretate alla luce del principio di cui del Considerando 79, della Direttiva 2014/24/UE secondo cui le Amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero limitare il numero dei lotti che possono essere aggiudicati a uno stesso offerente “…allo scopo di salvaguardare la concorrenza”).
Nel caso in esame, il Collegio ha dunque ritenuto essersi “.. in presenza di una suddivisione in lotti e di una articolazione complessiva della gara solo apparentemente conforme ai paradigmi normativi di suddivisione ma, sostanzialmente, non rispettosa in concreto dei principi e del complesso delle disposizioni vigenti in materia di tutela della concorrenza e del libero mercato…“.
“La tendenziale preferenza dell’ordinamento per una ragionevole divisione in lotti“, rammenta ancora il Collegio, “..è fondata non solo sulla notoria esigenza di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese ex art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 (ed in precedenza l’art. 2, comma 1 bis, dell’abrogato d.lgs. n. 163/2006), ma anche, e soprattutto, nella esigenza di assicurare realmente la libera concorrenza e la massima partecipazione non solo al momento dell’effettuazione della gara ma anche in relazione a tutto il periodo successivo di svolgimento del rapporto..” (cfr.: nello stesso senso: Consiglio di Stato, Sez. III, 22 febbraio 2018 n. 1138; Sez. III n. 26 settembre 2018, n. 5534, ed in precedenza con riguardo all’art. 2 co. 1 dell’abrogato d.lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i. Consiglio di Stato Sez. VI 12 settembre 2014 n. 4669; Sez. V, 20 marzo 2007 n. 1331).
Sicchè, “sotto il profilo procedimentale, una maggiore articolazione dei lotti e l’apposizione di limiti all’aggiudicazione di tutti i lotti a un’unica impresa, costituiva nel caso di specie un’opzione tecnicamente possibile e non eccessivamente gravosa per la Pubblica Amministrazione committente”.
E ciò, fermo restando che “…la possibilità di stabilire un limite alla aggiudicazione di tutti i lotti di cui all’articolo 51 del codice dei contratti è una facoltà discrezionale il cui mancato esercizio non è – da solo e di per sé – sintomo di illegittimità..”, dovendosi tuttavia ed al contempo considerare come – “..specie relativamente alle procedure indette dalle Centrali di committenza e dai soggetti aggregatori di grandi dimensioni – la tutela della concorrenza impone una ragionevole e proporzionata determinazione dell’oggetto e della tipologia delle prestazioni, dell’importo dei lotti, della loro allocazione territoriale, della durata, delle imposizioni di clausole o di condizioni particolari che, in ogni caso, non devono finire di fatto per favorire una impresa rispetto ad un’altra…” (e ciò, ai sensi dell’art. 30 comma 2 del d.lgs. del d.lgs. n.50/2016 per cui: “Le stazioni appaltanti non possono limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori, forniture o servizi”).
La scelta della stazione appaltante, inoltre, è apparsa al Collegio censurabile anche per eccesso di potere sotto i profili della irragionevolezza, della non proporzionalità e della violazione del principio di concorrenza “…perché ha dato luogo ad un monopolio regionale di fatto fino ad un settennato nel settore della ristorazione sanitaria dovuto non solo all’individuazione di lotti di importo particolarmente rilevante e di durata notevolmente prolungata ma anche alla possibilità di conseguire tutti i lotti da parte di un solo operatore…”.