Sulla possibilità (o meno) per un regolamento comunale di imporre una distanza minima tra discoteca e sala da gioco

Published On: 30 Ottobre 2023Categories: Enti locali

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza del 18 ottobre 2023 numero 9071, si è pronunciata circa la possibilità per un Comune di imporre una distanza minima tra centri scommesse o altri spazi di gioco lecito e attività commerciali ritenute “sensibili”.

Il Collegio, ribaltando la decisione di primo grado, ha ritenuto che tali vincoli possano essere legittimamente imposti solo ove limitino l’autorizzazione di nuovi centri scommesse e non dispongano, invece, analoghe prescrizioni per l’autorizzazione di nuove attività commerciali ritenute “sensibili”, laddove siano già legittimamente preesistenti a distanza inferiore sale giochi o spazi assimilati.

La vicenda e il giudizio di primo grado

Nella fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 9071 del 18 ottobre 2023, una imprenditrice toscana, intenzionata ad aprire un locale di pubblico spettacolo, ha presentato al S.U.A.P. del Comune competente regolare istanza ai sensi degli articoli 69 e 80 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.).

Il Comune in riscontro, dopo aver  in un primo momento inviato un preavviso di rigetto ex art. 10 bis l. n. 241/90 e non tenendo conto delle controdeduzioni protocollate dalla ricorrente, ha rigettato la richiesta sul presupposto che il Comune avesse “approvato il Regolamento per l’esercizio del gioco lecito” stabilendo che “…tra le attività di sale giochi e discoteche/sale da ballo dovesse sussistere una distanza non inferiore a 500 m…”.

In particolare, il Regolamento aveva disposto che “…Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, della L.R. 57/2013, sono individuati i seguenti altri luoghi sensibili, dai quali i centri di scommesse e gli spazi per il gioco devono mantenere una distanza non inferiore a 500 metri, misurata in base al percorso pedonale più breve: […] discoteche…”.

Avverso il provvedimento di diniego, l’imprenditrice ha proposto ricorso dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, affidando le proprie difese a due articolate censure.

Per un primo aspetto, la ricorrente ha dedotto che il Regolamento comunale “…non sarebbe stato applicabile alle attività di pubblico spettacolo e intrattenimento di cui agli artt. 69 e 80 Tulps, bensì soltanto alle “attività imprenditoriali connesse all’intrattenimento mediante tutte le tipologie di gioco lecito che prevedono vincite in denaro” (ex art. 5, comma 1)…” e ciò poiché “…ai sensi dell’art. 5, comma 3 dello stesso Regolamento, infatti, sarebbero espressamente escluse dal suo campo di applicazione “le forme di intrattenimento […] in cui è prevalente l’attività di intrattenimento mediante forme di spettacolo, le quali si svolgano senza la contestuale offerta di gioco lecito”, attività corrispondenti a quella di pubblico spettacolo di cui agli artt. 69 e 80 Tulps, alla quale dovrebbe essere ricondotta la nozione comune di “discoteca”, “dancing” o “sala da ballo”…”, con la conseguenza che la sua applicazione a una discoteca non può che ritenersi illegittima.

Parimenti e sul medesimo, la ricorrente ha rilevato che il Regolamento intendeva evitare che nuovi centri scommesse o spazi assimilati potessero aprire a una distanza inferiore a 500 metri da luoghi ritenuti sensibili, non già che anche questi ultimi dovessero essere onerati di mantenere una distanza superiore rispetto a spazi da gioco già presenti sul territorio e legittimamente assentiti.

Per un secondo aspetto, la ricorrente ha dedotto l’illegittima del Regolamento ove effettivamente ostativo dell’accoglimento della domanda di licenza proposta, chiedendone l’annullamento “…nella parte in cui, in modo irragionevole e in difetto di una congrua istruttoria e di un’adeguata motivazione, individuava le “discoteche” tra i “luoghi sensibili” (essendo piuttosto queste ultime dei locali di pubblico spettacolo a frequentazione totalmente indifferenziata…)”.

Il Tribunale Amministrativo adito ha respinto il ricorso, sul presupposto che “a) l’amministrazione non avrebbe potuto imporre al gestore della sala giochi, che aveva in precedenza ottenuto l’autorizzazione, di spostare la propria attività per consentire l’insediamento della discoteca, venendo altrimenti irragionevolmente pregiudicato il diritto costituzionalmente tutelato del primo di svolgere liberamente la propria attività imprenditoriale già in precedenza assentita; b) che l’inclusione delle discoteche nell’elenco dei luoghi sensibili di cui al Regolamento impugnato fosse giustificata, coerente col dettato legislativo di riferimento e ragionevole…”.

Il giudizio di secondo grado e la decisione del Consiglio di Stato

L’imprenditrice, a tal punto, ha appellato dinnanzi il Consiglio di Stato tale sentenza, articolando due motivi di appello sostanzialmente riepilogativi delle censure già rese nel giudizio di prime cure.

Il Collegio, valutate anche le motivazioni addotte dalla Pubblica Amministrazione, ha ritenuto l’appello fondato, poiché la “…L’art. 8, comma 4 del Regolamento – che include le discoteche tra i luoghi sensibili – dispone che “Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, della L.R. 57/2013, sono individuati i seguenti altri luoghi sensibili, dai quali i centri scommesse e gli spazi per il gioco devono mantenere una distanza non inferiore a 500 metri, misurata in base al percorso pedonale più breve […]”: la norma vale pertanto a individuare una condizione ostativa (una distanza non inferiore a 500 metri) perché possa essere autorizzata la nuova apertura di un centro scommesse o di una sala giochi, ma nulla dice in ordine ad altre attività commerciali”.

La pronuncia prosegue chiarendo che, ad argomentare diversamente, si determinerebbe una grave e insuperabile limitazione al principio generale avente copertura costituzionale ed eurounitaria della libertà di iniziativa economica privata, da cui discende il corollario che ogni limitazione vada intesa come eccezionale e dunque insuscettibile di estendersi a casi non strettamente riconducibili al tenore letterale della norma.

Norma che in effetti “contempla esclusivamente una condizione per l’apertura ex novo di “centri scommesse e […] spazi per il gioco”, ma non dispone, di converso, analoghi vincoli per potersi autorizzare nuove attività commerciali (o di altra natura) riconducibili alla categoria dei cd. “luoghi sensibili”, laddove in situ già legittimamente operino delle sale giochi (o spazi assimilati). Tale conclusione trova ulteriore riscontro nella circostanza che la stessa Regione Toscana, per quanto di sua competenza, mediante l.r. n. 57 del 2013 (successivamente modificata con l.r. n. 85 del 2014 e l.r. n. 4 del 2018), si è limitata, all’art. 4, a disciplinare (con connesse condizioni preclusive) le ipotesi di “nuova apertura” di centri di scommesse e spazi per il gioco, senza invece intervenire sui locali già esistenti al momento della sua entrata in vigore. Quanto sopra è assorbente delle ulteriori questioni, dedotte dall’appellante e già considerate dal primo giudice, concernenti l’applicabilità o meno della disciplina regolamentare al caso in esame, giusta l’esclusione prevista dall’art. 5, comma 3 del suddetto Regolamento…”.

Il Consiglio di Stato, pertanto, ha accolto l’appello e l’originario ricorso proposto dall’imprenditrice, ritenendo che ogni limitazione della libertà economica debba essere considerata come ipotesi eccezionale e non suscettibile di applicazione analogica a casi non espressamente previsti dalla norma, confermando la possibilità per una discoteca di potersi posizionare a qualunque distanza dalle sale scommesse, se preesistenti.

 

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Sulla possibilità (o meno) per un regolamento comunale di imporre una distanza minima tra discoteca e sala da gioco

Published On: 30 Ottobre 2023

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza del 18 ottobre 2023 numero 9071, si è pronunciata circa la possibilità per un Comune di imporre una distanza minima tra centri scommesse o altri spazi di gioco lecito e attività commerciali ritenute “sensibili”.

Il Collegio, ribaltando la decisione di primo grado, ha ritenuto che tali vincoli possano essere legittimamente imposti solo ove limitino l’autorizzazione di nuovi centri scommesse e non dispongano, invece, analoghe prescrizioni per l’autorizzazione di nuove attività commerciali ritenute “sensibili”, laddove siano già legittimamente preesistenti a distanza inferiore sale giochi o spazi assimilati.

La vicenda e il giudizio di primo grado

Nella fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 9071 del 18 ottobre 2023, una imprenditrice toscana, intenzionata ad aprire un locale di pubblico spettacolo, ha presentato al S.U.A.P. del Comune competente regolare istanza ai sensi degli articoli 69 e 80 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.).

Il Comune in riscontro, dopo aver  in un primo momento inviato un preavviso di rigetto ex art. 10 bis l. n. 241/90 e non tenendo conto delle controdeduzioni protocollate dalla ricorrente, ha rigettato la richiesta sul presupposto che il Comune avesse “approvato il Regolamento per l’esercizio del gioco lecito” stabilendo che “…tra le attività di sale giochi e discoteche/sale da ballo dovesse sussistere una distanza non inferiore a 500 m…”.

In particolare, il Regolamento aveva disposto che “…Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, della L.R. 57/2013, sono individuati i seguenti altri luoghi sensibili, dai quali i centri di scommesse e gli spazi per il gioco devono mantenere una distanza non inferiore a 500 metri, misurata in base al percorso pedonale più breve: […] discoteche…”.

Avverso il provvedimento di diniego, l’imprenditrice ha proposto ricorso dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, affidando le proprie difese a due articolate censure.

Per un primo aspetto, la ricorrente ha dedotto che il Regolamento comunale “…non sarebbe stato applicabile alle attività di pubblico spettacolo e intrattenimento di cui agli artt. 69 e 80 Tulps, bensì soltanto alle “attività imprenditoriali connesse all’intrattenimento mediante tutte le tipologie di gioco lecito che prevedono vincite in denaro” (ex art. 5, comma 1)…” e ciò poiché “…ai sensi dell’art. 5, comma 3 dello stesso Regolamento, infatti, sarebbero espressamente escluse dal suo campo di applicazione “le forme di intrattenimento […] in cui è prevalente l’attività di intrattenimento mediante forme di spettacolo, le quali si svolgano senza la contestuale offerta di gioco lecito”, attività corrispondenti a quella di pubblico spettacolo di cui agli artt. 69 e 80 Tulps, alla quale dovrebbe essere ricondotta la nozione comune di “discoteca”, “dancing” o “sala da ballo”…”, con la conseguenza che la sua applicazione a una discoteca non può che ritenersi illegittima.

Parimenti e sul medesimo, la ricorrente ha rilevato che il Regolamento intendeva evitare che nuovi centri scommesse o spazi assimilati potessero aprire a una distanza inferiore a 500 metri da luoghi ritenuti sensibili, non già che anche questi ultimi dovessero essere onerati di mantenere una distanza superiore rispetto a spazi da gioco già presenti sul territorio e legittimamente assentiti.

Per un secondo aspetto, la ricorrente ha dedotto l’illegittima del Regolamento ove effettivamente ostativo dell’accoglimento della domanda di licenza proposta, chiedendone l’annullamento “…nella parte in cui, in modo irragionevole e in difetto di una congrua istruttoria e di un’adeguata motivazione, individuava le “discoteche” tra i “luoghi sensibili” (essendo piuttosto queste ultime dei locali di pubblico spettacolo a frequentazione totalmente indifferenziata…)”.

Il Tribunale Amministrativo adito ha respinto il ricorso, sul presupposto che “a) l’amministrazione non avrebbe potuto imporre al gestore della sala giochi, che aveva in precedenza ottenuto l’autorizzazione, di spostare la propria attività per consentire l’insediamento della discoteca, venendo altrimenti irragionevolmente pregiudicato il diritto costituzionalmente tutelato del primo di svolgere liberamente la propria attività imprenditoriale già in precedenza assentita; b) che l’inclusione delle discoteche nell’elenco dei luoghi sensibili di cui al Regolamento impugnato fosse giustificata, coerente col dettato legislativo di riferimento e ragionevole…”.

Il giudizio di secondo grado e la decisione del Consiglio di Stato

L’imprenditrice, a tal punto, ha appellato dinnanzi il Consiglio di Stato tale sentenza, articolando due motivi di appello sostanzialmente riepilogativi delle censure già rese nel giudizio di prime cure.

Il Collegio, valutate anche le motivazioni addotte dalla Pubblica Amministrazione, ha ritenuto l’appello fondato, poiché la “…L’art. 8, comma 4 del Regolamento – che include le discoteche tra i luoghi sensibili – dispone che “Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, della L.R. 57/2013, sono individuati i seguenti altri luoghi sensibili, dai quali i centri scommesse e gli spazi per il gioco devono mantenere una distanza non inferiore a 500 metri, misurata in base al percorso pedonale più breve […]”: la norma vale pertanto a individuare una condizione ostativa (una distanza non inferiore a 500 metri) perché possa essere autorizzata la nuova apertura di un centro scommesse o di una sala giochi, ma nulla dice in ordine ad altre attività commerciali”.

La pronuncia prosegue chiarendo che, ad argomentare diversamente, si determinerebbe una grave e insuperabile limitazione al principio generale avente copertura costituzionale ed eurounitaria della libertà di iniziativa economica privata, da cui discende il corollario che ogni limitazione vada intesa come eccezionale e dunque insuscettibile di estendersi a casi non strettamente riconducibili al tenore letterale della norma.

Norma che in effetti “contempla esclusivamente una condizione per l’apertura ex novo di “centri scommesse e […] spazi per il gioco”, ma non dispone, di converso, analoghi vincoli per potersi autorizzare nuove attività commerciali (o di altra natura) riconducibili alla categoria dei cd. “luoghi sensibili”, laddove in situ già legittimamente operino delle sale giochi (o spazi assimilati). Tale conclusione trova ulteriore riscontro nella circostanza che la stessa Regione Toscana, per quanto di sua competenza, mediante l.r. n. 57 del 2013 (successivamente modificata con l.r. n. 85 del 2014 e l.r. n. 4 del 2018), si è limitata, all’art. 4, a disciplinare (con connesse condizioni preclusive) le ipotesi di “nuova apertura” di centri di scommesse e spazi per il gioco, senza invece intervenire sui locali già esistenti al momento della sua entrata in vigore. Quanto sopra è assorbente delle ulteriori questioni, dedotte dall’appellante e già considerate dal primo giudice, concernenti l’applicabilità o meno della disciplina regolamentare al caso in esame, giusta l’esclusione prevista dall’art. 5, comma 3 del suddetto Regolamento…”.

Il Consiglio di Stato, pertanto, ha accolto l’appello e l’originario ricorso proposto dall’imprenditrice, ritenendo che ogni limitazione della libertà economica debba essere considerata come ipotesi eccezionale e non suscettibile di applicazione analogica a casi non espressamente previsti dalla norma, confermando la possibilità per una discoteca di potersi posizionare a qualunque distanza dalle sale scommesse, se preesistenti.

 

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