“Teoria del contagio” e Self-Cleaning in corso di gara

Published On: 26 Giugno 2023Categories: Appalti Pubblici e Concessioni, Pubblica Amministrazione, Tutele

La Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza numero 5897 del 15 giugno 2023, in riforma della decisione di primo grado, ha reso interessanti indicazioni in materia di gravi illeciti professionali, avuto riguardo alla c.d. “teoria del contagio” e alle misure di self-cleaning adottate “in corso di gara”, superando il precedente orientamento che propendeva per l’irrilevanza delle predette misure adottate in tale fase, poiché destinate a valere solo per il futuro.

La fattispecie esaminata

La vicenda sottoposta all’attenzione del Supremo Consesso riguarda l’esclusione da una gara d’appalto, disposta in danno di un Consorzio Stabile, già peraltro dichiarato aggiudicatario della commessa, per gravi illeciti professionali ai sensi dell’80, c. 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, prefigurati dalla Stazione appaltante nei confronti di due imprese consorziate, al momento della domanda di partecipazione, i cui legali rappresentanti rivestivano altresì la carica di Presidente e Vicepresidente del Consorzio concorrente.

Ciò, benché in corso di gara il Consorzio concorrente avesse cambiato presidente, vicepresidente e compagine societaria, estromettendo anche le due consorziate, le quali risultavano coinvolte in contenziosi con la medesima Stazione appaltante (relativi al mancato pagamento di fatture per lavorazioni che non risultavano agli atti dell’ufficio e nei quali erano stati prodotti certificati di consegna lavori, ultimazioni lavori e/o di regolare esecuzione ritenuti falsi).

Il ricorso e l’esito di prime cure

Col ricorso introduttivo, presentato al TAR Napoli, il Consorzio escluso ha impugnato i provvedimenti adottati in suo danno dalla Stazione appaltante, contestandoli sotto svariati profili, compreso quello del mancato contraddittorio endoprocedimentale sulle misure di self cleaning, adottate in corso di gara (come detto, consistenti nell’allontanamento del Presidente e Vicepresidente e nell’esclusione dalla compagine consortile di una delle consorziate interessate dagli illeciti).

Il TAR Napoli, tuttavia, con la sentenza n. 7599 del 5 dicembre 2022,  ha respinto e ritenuto infondato il ricorso, richiamandosi al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui: “il giudizio su gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da Parte della P.A. cui il legislatore ha voluto riconoscere un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell’affidabilità dell’appaltatore; ne consegue che il sindacato che il Giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa” (cfr., Cons. Stato, IV, 8 ottobre 2020, n. 5867).

E inoltre, osservando sulle misure di self cleaning invocate dal Consorzio ricorrente, come al contrario e secondo consolidata giurisprudenza, “risponde a logica, prima che a norme, che le predette misure abbiano effetto pro-futuro, ovvero per la partecipazione a gare successive all’adozione delle misure stesse. È infatti inimmaginabile un loro effetto retroattivo, con la conseguenza che qualsivoglia misura di “dissociazione” fosse stata o venga presa, mai potrebbe realizzare una sanatoria dell’ormai definitivamente integrata causa di esclusione dalla gara” (cfr., T.A.R. Roma, (Lazio) sez. III, 05/04/2022, n.3942).

Col che, il Tar ha ritenuto legittimo e adeguatamente motivato il provvedimento d’esclusione impugnato, sia perché l’invocata sostituzione delle figure apicali avrebbe potuto produrre effetti solo ex post; sia perché le dichiarazioni false rese dalle consorziate avevano fatto venir meno rapporto di fiducia con la resistente (rendendo evidente l’incompatibilità con l’instaurazione di un rapporto contrattuale con la Pubblica Amministrazione); sia perché nella specie non v’era stata alcuna “esclusione automatica”, ma “l’esclusione disposta dalla stazione appaltante è stata il frutto di una valutazione meditata e motivata, rispettosa delle coordinate ermeneutiche tracciate sul punto dall’Adunanza plenaria n. 16 del 2020”.

Quanto all’omesso contraddittorio il TAR ha infine rilevato come il ricorrente non avesse “evidenziato alcun ragionevole elemento suscettibile di far mutare la valutazione, peraltro discrezionale, dell’amministrazione”, pertanto tale omissione non aveva inficiato il provvedimento.

Concludendo, il Tribunale ha rimarcato che “la estromissione delle imprese consorziate non avrebbe potuto comunque sanare la circostanza che a capo del Consorzio ricorrente vi erano i legali rappresentanti delle imprese resesi responsabili di un grave illecito professionale.

La sostituzione del Presidente e del Vice Presidente del Consorzio, implicando una misura di self cleaning, non avrebbe potuto che rilevare solo per le gare successive e non per quella in corso, come già sopra evidenziato”.

I motivi di appello e la decisione del Consiglio di Stato:

Il primo motivo d’appello e la “Teoria del Contagio”

Avverso la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale, il Consorzio ha proposto appello davanti al Consiglio di Stato il quale, con la decisione in rassegna, lo ha parzialmente accolto.

In particolare, con il primo motivo, l’appellante ha lamentato il mancato esame da parte del primo giudice dell’estraneità del Consorzio agli illeciti professionali ascritti alle imprese consorziate, lamentando l’erronea applicazione della cosiddetta “teoria del contagio”, ai fini dell’applicazione dell’articolo 80, comma 5, lettera c), del Decreto Legislativo del 18 aprile 2016, n. 50.

Detto motivo è stato respinto dal Collegio il quale ha, invece, ritenuto corretto l’operato dell’Amministrazione, allorché ha fatto richiamo al c.d. “principio del contagio”, poiché “il dato che nella specie davvero rileva è che al momento di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il Presidente e il Vicepresidente, erano i legali rappresentanti rispettivamente delle due consorziate sopra indicate.

In altri termini, se la persona fisica – che, nella compagine sociale, ha rivestito un ruolo direttivo o, comunque, influente per le scelte della società – è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni, restando del tutto irrilevante stabilire se la condotta in questione sia stata commessa dalla persona fisica per interesse proprio ovvero per avvantaggiare la società di appartenenza, in quanto quel che conta è che essa abbia avuto luogo nell’esercizio dell’attività professionale (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2023, n. 1786; id., 22 aprile 2022, n. 3107; id., 4 giugno 2020, n. 3507; id., 3 dicembre 2018, n. 6866)”.

Quanto al vaglio della dedotta erronea applicazione della c.d. “teoria del contagio”, il Collegio ha ribadito il principio secondo cui: “…allorché una persona fisica, titolare di carica rilevante, sia coinvolta in procedimenti penali, anche non definiti, ma per condotte tenute nella qualità di organo di un operatore economico diverso da quello che partecipa alla gara o addirittura per conto proprio, trova piena giustificazione, a tale specifico riguardo, la teoria c.d. del contagio”. Dunque, “la presenza stessa, in determinate cariche, di una persona fisica non dotata in sé della necessaria affidabilità/integrità, trasmetterebbe tale caratteristica all’operatore economico” (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 22 aprile 2022, n. 3107).

Sul punto, infine il Collegio ha chiarito, secondo un altro granitico orientamento, che la nozione di “grave illecito professionale” ex articolo 80, comma 5, lett. c), ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 503; id., sez. V, 24 gennaio 2019, n. 591)”.

Il secondo motivo d’appello e l’affermazione di un nuovo orientamento sul Self-Cleaning

Con il secondo motivo di impugnazione l’appellante ha contestato la decisione di prime cure, nella parte in cui aveva ritenuto che le misure di self-cleaning adottate in corso di gara, avrebbero potuto avere efficacia solo per il futuro, senza retroagire al momento della presentazione della domanda di partecipazione.

Tale motivo è stato accolto dal Collegio, il quale ha rilevato come la giurisprudenza più recente “ha, in effetti, superato l’impostazione per cui le misure di self-cleaning sono irrilevanti se adottate nel corso della gara, in quanto destinate a valere solo per il futuro, in favore di una lettura maggiormente in linea con i princìpi europei per cui le predette misure vanno sempre valutate dalla stazione appaltante(cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 febbraio 2023, nn. 1700 e 1719).

Ciò, osservando altresì come, “pur in presenza di cause di esclusione obbligatorie, l’art. 80, comma 7, del codice dei contratti consente all’operatore economico di provare di “aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”. È stato anche chiarito in giurisprudenza che tale interpretazione è maggiormente conforme alla ratio dell’istituto del ravvedimento operoso, di cui all’art. 80, comma 7, del codice dei contratti, che ha “finalità conservativa e al tempo stesso mira a garantire il committente pubblico rispetto all’affidabilità professionale del contraente privato” (cfr. sentenza n. 9782/2022). Analogamente, la giurisprudenza nazionale più recente (cfr. CGA, 13 luglio 2022, n. 829), facendo, invero, applicazione della sentenza della Corte di Giustizia UE 14 gennaio 2021 (causa C-387/19), ha affermato che le misure di ravvedimento operoso possono essere poste in essere “in qualunque fase della procedura che proceda l’adozione della decisione di aggiudicazione” (cfr. § 29 della sentenza)”.

Da qui, il principio, riaffermato nella decisione in rassegna, secondo cui “la direttiva 24/2014/UE non impedisce la valutazione delle misure di self-cleaning assunte in corso di gara, relative a fatti insorti, dopo la presentazione dell’offerta, come nel caso di specie. Nel caso di specie … la stazione appaltante ha del tutto omesso ogni esame e valutazione sulle misure di self-cleaning suindicate, ritenendole irrilevanti sulla base di un parere del proprio Ufficio Affari Legali, che aveva per vero fatto richiamo all’orientamento oggi superato sulla non esaminabilità delle misure adottate in corso di gara in ragione del carattere “non retroattivo” delle stesse”.

Il terzo motivo dappello e la rilevanza dellomesso contraddittorio endoprocedimentale

Sulla scorta delle superiori coordinate, il Collegio ha infine accolto anche il terzo motivo di appello, concernente l’omesso contraddittorio endoprocedimentale.

Ciò, osservandosi come, nella specie, era “stato omesso un passaggio procedimentale indefettibile sulla scorta della normativa comunitaria per come interpretata dalla richiamata giurisprudenza della Corte di giustizia, e cioè la necessaria valutazione – in contraddittorio, appunto – della rilevanza e significatività delle misure di self-cleaning”.

Ed invero, dalla documentazione prodotta emergeva che l’appellante aveva dimostrato di aver adottato, sia pure in corso di gara, dette misure senza che queste fossero state esaminate dall’appaltante.

Sicché, il Collegio, nell’accogliere anche motivo, ha conclusivamente rimesso “al dovere della stazione appaltante di esaminare le misure di self-cleaning documentate dalla appellante e pronunciarsi su di esse, previa valutazione discrezionale solo all’esito della quale dovrà decidere se adottare un nuovo provvedimento di esclusione ovvero confermare l’originaria aggiudicazione a favore della ricorrente”.

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“Teoria del contagio” e Self-Cleaning in corso di gara

Published On: 26 Giugno 2023

La Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza numero 5897 del 15 giugno 2023, in riforma della decisione di primo grado, ha reso interessanti indicazioni in materia di gravi illeciti professionali, avuto riguardo alla c.d. “teoria del contagio” e alle misure di self-cleaning adottate “in corso di gara”, superando il precedente orientamento che propendeva per l’irrilevanza delle predette misure adottate in tale fase, poiché destinate a valere solo per il futuro.

La fattispecie esaminata

La vicenda sottoposta all’attenzione del Supremo Consesso riguarda l’esclusione da una gara d’appalto, disposta in danno di un Consorzio Stabile, già peraltro dichiarato aggiudicatario della commessa, per gravi illeciti professionali ai sensi dell’80, c. 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, prefigurati dalla Stazione appaltante nei confronti di due imprese consorziate, al momento della domanda di partecipazione, i cui legali rappresentanti rivestivano altresì la carica di Presidente e Vicepresidente del Consorzio concorrente.

Ciò, benché in corso di gara il Consorzio concorrente avesse cambiato presidente, vicepresidente e compagine societaria, estromettendo anche le due consorziate, le quali risultavano coinvolte in contenziosi con la medesima Stazione appaltante (relativi al mancato pagamento di fatture per lavorazioni che non risultavano agli atti dell’ufficio e nei quali erano stati prodotti certificati di consegna lavori, ultimazioni lavori e/o di regolare esecuzione ritenuti falsi).

Il ricorso e l’esito di prime cure

Col ricorso introduttivo, presentato al TAR Napoli, il Consorzio escluso ha impugnato i provvedimenti adottati in suo danno dalla Stazione appaltante, contestandoli sotto svariati profili, compreso quello del mancato contraddittorio endoprocedimentale sulle misure di self cleaning, adottate in corso di gara (come detto, consistenti nell’allontanamento del Presidente e Vicepresidente e nell’esclusione dalla compagine consortile di una delle consorziate interessate dagli illeciti).

Il TAR Napoli, tuttavia, con la sentenza n. 7599 del 5 dicembre 2022,  ha respinto e ritenuto infondato il ricorso, richiamandosi al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui: “il giudizio su gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da Parte della P.A. cui il legislatore ha voluto riconoscere un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell’affidabilità dell’appaltatore; ne consegue che il sindacato che il Giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa” (cfr., Cons. Stato, IV, 8 ottobre 2020, n. 5867).

E inoltre, osservando sulle misure di self cleaning invocate dal Consorzio ricorrente, come al contrario e secondo consolidata giurisprudenza, “risponde a logica, prima che a norme, che le predette misure abbiano effetto pro-futuro, ovvero per la partecipazione a gare successive all’adozione delle misure stesse. È infatti inimmaginabile un loro effetto retroattivo, con la conseguenza che qualsivoglia misura di “dissociazione” fosse stata o venga presa, mai potrebbe realizzare una sanatoria dell’ormai definitivamente integrata causa di esclusione dalla gara” (cfr., T.A.R. Roma, (Lazio) sez. III, 05/04/2022, n.3942).

Col che, il Tar ha ritenuto legittimo e adeguatamente motivato il provvedimento d’esclusione impugnato, sia perché l’invocata sostituzione delle figure apicali avrebbe potuto produrre effetti solo ex post; sia perché le dichiarazioni false rese dalle consorziate avevano fatto venir meno rapporto di fiducia con la resistente (rendendo evidente l’incompatibilità con l’instaurazione di un rapporto contrattuale con la Pubblica Amministrazione); sia perché nella specie non v’era stata alcuna “esclusione automatica”, ma “l’esclusione disposta dalla stazione appaltante è stata il frutto di una valutazione meditata e motivata, rispettosa delle coordinate ermeneutiche tracciate sul punto dall’Adunanza plenaria n. 16 del 2020”.

Quanto all’omesso contraddittorio il TAR ha infine rilevato come il ricorrente non avesse “evidenziato alcun ragionevole elemento suscettibile di far mutare la valutazione, peraltro discrezionale, dell’amministrazione”, pertanto tale omissione non aveva inficiato il provvedimento.

Concludendo, il Tribunale ha rimarcato che “la estromissione delle imprese consorziate non avrebbe potuto comunque sanare la circostanza che a capo del Consorzio ricorrente vi erano i legali rappresentanti delle imprese resesi responsabili di un grave illecito professionale.

La sostituzione del Presidente e del Vice Presidente del Consorzio, implicando una misura di self cleaning, non avrebbe potuto che rilevare solo per le gare successive e non per quella in corso, come già sopra evidenziato”.

I motivi di appello e la decisione del Consiglio di Stato:

Il primo motivo d’appello e la “Teoria del Contagio”

Avverso la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale, il Consorzio ha proposto appello davanti al Consiglio di Stato il quale, con la decisione in rassegna, lo ha parzialmente accolto.

In particolare, con il primo motivo, l’appellante ha lamentato il mancato esame da parte del primo giudice dell’estraneità del Consorzio agli illeciti professionali ascritti alle imprese consorziate, lamentando l’erronea applicazione della cosiddetta “teoria del contagio”, ai fini dell’applicazione dell’articolo 80, comma 5, lettera c), del Decreto Legislativo del 18 aprile 2016, n. 50.

Detto motivo è stato respinto dal Collegio il quale ha, invece, ritenuto corretto l’operato dell’Amministrazione, allorché ha fatto richiamo al c.d. “principio del contagio”, poiché “il dato che nella specie davvero rileva è che al momento di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il Presidente e il Vicepresidente, erano i legali rappresentanti rispettivamente delle due consorziate sopra indicate.

In altri termini, se la persona fisica – che, nella compagine sociale, ha rivestito un ruolo direttivo o, comunque, influente per le scelte della società – è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni, restando del tutto irrilevante stabilire se la condotta in questione sia stata commessa dalla persona fisica per interesse proprio ovvero per avvantaggiare la società di appartenenza, in quanto quel che conta è che essa abbia avuto luogo nell’esercizio dell’attività professionale (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2023, n. 1786; id., 22 aprile 2022, n. 3107; id., 4 giugno 2020, n. 3507; id., 3 dicembre 2018, n. 6866)”.

Quanto al vaglio della dedotta erronea applicazione della c.d. “teoria del contagio”, il Collegio ha ribadito il principio secondo cui: “…allorché una persona fisica, titolare di carica rilevante, sia coinvolta in procedimenti penali, anche non definiti, ma per condotte tenute nella qualità di organo di un operatore economico diverso da quello che partecipa alla gara o addirittura per conto proprio, trova piena giustificazione, a tale specifico riguardo, la teoria c.d. del contagio”. Dunque, “la presenza stessa, in determinate cariche, di una persona fisica non dotata in sé della necessaria affidabilità/integrità, trasmetterebbe tale caratteristica all’operatore economico” (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 22 aprile 2022, n. 3107).

Sul punto, infine il Collegio ha chiarito, secondo un altro granitico orientamento, che la nozione di “grave illecito professionale” ex articolo 80, comma 5, lett. c), ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 503; id., sez. V, 24 gennaio 2019, n. 591)”.

Il secondo motivo d’appello e l’affermazione di un nuovo orientamento sul Self-Cleaning

Con il secondo motivo di impugnazione l’appellante ha contestato la decisione di prime cure, nella parte in cui aveva ritenuto che le misure di self-cleaning adottate in corso di gara, avrebbero potuto avere efficacia solo per il futuro, senza retroagire al momento della presentazione della domanda di partecipazione.

Tale motivo è stato accolto dal Collegio, il quale ha rilevato come la giurisprudenza più recente “ha, in effetti, superato l’impostazione per cui le misure di self-cleaning sono irrilevanti se adottate nel corso della gara, in quanto destinate a valere solo per il futuro, in favore di una lettura maggiormente in linea con i princìpi europei per cui le predette misure vanno sempre valutate dalla stazione appaltante(cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 febbraio 2023, nn. 1700 e 1719).

Ciò, osservando altresì come, “pur in presenza di cause di esclusione obbligatorie, l’art. 80, comma 7, del codice dei contratti consente all’operatore economico di provare di “aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”. È stato anche chiarito in giurisprudenza che tale interpretazione è maggiormente conforme alla ratio dell’istituto del ravvedimento operoso, di cui all’art. 80, comma 7, del codice dei contratti, che ha “finalità conservativa e al tempo stesso mira a garantire il committente pubblico rispetto all’affidabilità professionale del contraente privato” (cfr. sentenza n. 9782/2022). Analogamente, la giurisprudenza nazionale più recente (cfr. CGA, 13 luglio 2022, n. 829), facendo, invero, applicazione della sentenza della Corte di Giustizia UE 14 gennaio 2021 (causa C-387/19), ha affermato che le misure di ravvedimento operoso possono essere poste in essere “in qualunque fase della procedura che proceda l’adozione della decisione di aggiudicazione” (cfr. § 29 della sentenza)”.

Da qui, il principio, riaffermato nella decisione in rassegna, secondo cui “la direttiva 24/2014/UE non impedisce la valutazione delle misure di self-cleaning assunte in corso di gara, relative a fatti insorti, dopo la presentazione dell’offerta, come nel caso di specie. Nel caso di specie … la stazione appaltante ha del tutto omesso ogni esame e valutazione sulle misure di self-cleaning suindicate, ritenendole irrilevanti sulla base di un parere del proprio Ufficio Affari Legali, che aveva per vero fatto richiamo all’orientamento oggi superato sulla non esaminabilità delle misure adottate in corso di gara in ragione del carattere “non retroattivo” delle stesse”.

Il terzo motivo dappello e la rilevanza dellomesso contraddittorio endoprocedimentale

Sulla scorta delle superiori coordinate, il Collegio ha infine accolto anche il terzo motivo di appello, concernente l’omesso contraddittorio endoprocedimentale.

Ciò, osservandosi come, nella specie, era “stato omesso un passaggio procedimentale indefettibile sulla scorta della normativa comunitaria per come interpretata dalla richiamata giurisprudenza della Corte di giustizia, e cioè la necessaria valutazione – in contraddittorio, appunto – della rilevanza e significatività delle misure di self-cleaning”.

Ed invero, dalla documentazione prodotta emergeva che l’appellante aveva dimostrato di aver adottato, sia pure in corso di gara, dette misure senza che queste fossero state esaminate dall’appaltante.

Sicché, il Collegio, nell’accogliere anche motivo, ha conclusivamente rimesso “al dovere della stazione appaltante di esaminare le misure di self-cleaning documentate dalla appellante e pronunciarsi su di esse, previa valutazione discrezionale solo all’esito della quale dovrà decidere se adottare un nuovo provvedimento di esclusione ovvero confermare l’originaria aggiudicazione a favore della ricorrente”.

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