Legittimazione all'impugnazione degli atti di gara secondo la Corte di Giustizia UE

Published On: 13 Dicembre 2018Categories: Appalti Pubblici e Concessioni, Europa, Normativa, Pubblica Amministrazione, Tutele

La Terza Sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza resa il 28 novembre 2018, causa C-328/17, pronunziandosi sulla questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, ha affermato che la normativa europea in materia di tutela giurisdizionale degli operatori economici interessati ad una gara di appalto, non osta alla normativa nazionale che, limitando la legittimazione all’impugnazione, consente solo a coloro che hanno partecipato alla gara di proporre ricorso avverso le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice.
In specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale ha interessato l’interpretazione dell’articolo 1, paragrafi da 1 a 3, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, nonché l’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni.
La Corte – mantenendo la stessa linea interpretativa già confermata dal Consiglio di Stato e dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 245/2016) – con la decisione in rassegna, ha rileva che “…la partecipazione a un procedimento di aggiudicazione di un appalto può, in linea di principio, validamente costituire, riguardo l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, una condizione che deve essere soddisfatta per dimostrare che il soggetto coinvolto ha interesse all’aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi o rischia di subire un danno a causa dell’asserita illegittimità della decisione di aggiudicazione di detto appalto. Se non ha presentato un’offerta, tale soggetto può difficilmente dimostrare di avere interessi a opporsi a detta decisione o di essere leso o rischiare di esserlo dall’aggiudicazione di cui trattasi (sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C-230/02)…”.
Tuttavia, la Corte ha temperato la propria posizione, confermando che “… nell’ipotesi in cui un’impresa non abbia presentato un’offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero per l’appunto impedito di essere in grado di fornire l’insieme delle prestazioni richieste, sarebbe tuttavia eccessivo esigere che tale impresa, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un’offerta nell’ambito del procedimento di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi, quando le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell’esistenza di dette specifiche.” (sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C-230/02)”.
Pertanto, la Corte ha concluso, affermando che “..sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione…” e che “..tuttavia, spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati…”.
 

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Legittimazione all'impugnazione degli atti di gara secondo la Corte di Giustizia UE

Published On: 13 Dicembre 2018

La Terza Sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza resa il 28 novembre 2018, causa C-328/17, pronunziandosi sulla questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, ha affermato che la normativa europea in materia di tutela giurisdizionale degli operatori economici interessati ad una gara di appalto, non osta alla normativa nazionale che, limitando la legittimazione all’impugnazione, consente solo a coloro che hanno partecipato alla gara di proporre ricorso avverso le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice.
In specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale ha interessato l’interpretazione dell’articolo 1, paragrafi da 1 a 3, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, nonché l’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni.
La Corte – mantenendo la stessa linea interpretativa già confermata dal Consiglio di Stato e dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 245/2016) – con la decisione in rassegna, ha rileva che “…la partecipazione a un procedimento di aggiudicazione di un appalto può, in linea di principio, validamente costituire, riguardo l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, una condizione che deve essere soddisfatta per dimostrare che il soggetto coinvolto ha interesse all’aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi o rischia di subire un danno a causa dell’asserita illegittimità della decisione di aggiudicazione di detto appalto. Se non ha presentato un’offerta, tale soggetto può difficilmente dimostrare di avere interessi a opporsi a detta decisione o di essere leso o rischiare di esserlo dall’aggiudicazione di cui trattasi (sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C-230/02)…”.
Tuttavia, la Corte ha temperato la propria posizione, confermando che “… nell’ipotesi in cui un’impresa non abbia presentato un’offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero per l’appunto impedito di essere in grado di fornire l’insieme delle prestazioni richieste, sarebbe tuttavia eccessivo esigere che tale impresa, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un’offerta nell’ambito del procedimento di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi, quando le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell’esistenza di dette specifiche.” (sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C-230/02)”.
Pertanto, la Corte ha concluso, affermando che “..sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione…” e che “..tuttavia, spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati…”.
 

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