Sanzione interdittiva ANAC irrogata "a cavallo" delle operazioni di gara
Il TAR Campania di Napoli, con la decisione del 4 febbraio 2019 n. 598 che qui si segnala, ha affermato importanti principi in tema di obblighi dichiaratori e verifica sul possesso dei requisiti (generali) di partecipazione alle gare pubbliche per il caso dell’irrogazione da parte dell’ANAC di una sanzione interdittiva, intervenuta “a cavallo” delle operazioni di gara (ovvero dopo la conclusione delle operazioni di gara, ma prima della aggiudicazione).
Nella fattispecie esaminata dal TAR Campano, era infatti avvenuto che l’aggiudicataria era stata attinta, alcuni mesi dopo la conclusione della gara, ma prima che venisse dichiarata l’aggiudicazione “definitiva” della commessa, da una sanzione interdittiva di due mesi, medio tempore emessa dall’ANAC (ed i cui effetti, non ancora prodottisi al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte ed a quello dell’approvazione della graduatoria, erano ormai cessati alla data della aggiudicazione).
Il TAR campano, nell’accogliere il ricorso proposto contro l’aggiudicazione dalla seconda graduata, ha ritenuto che in un siffatto caso sussista uno specifico obbligo dichiaratorio in capo alla concorrente, la cui violazione giustifica l’esclusione dalla gara.
L’art. 80 del d.lgs.50/2016, rammenta preliminarmente il Collegio, “..prevede cause di esclusione dalla gara, obbligatorie o facoltative, fondate sul presupposto che l’operatore economico non dichiari, o dichiari falsamente, alcune condizioni o presupposti specificamente indicati ai commi 1, 2, 4 e 5.
La previsione della cause di esclusione per mancata dichiarazione (o falsa dichiarazione) presuppone, dunque, l’emersione, in capo all’operatore economico, di determinati obblighi dichiarativi, il cui contenuto si definisce e si modella alla luce proprio delle citate cause di esclusione.
Il legislatore pretende, dunque, dall’operatore economico che partecipa ad un gara pubblica una serie di informazioni per valutarne l’affidabilità morale e professionale.
Si tratta di un’applicazione dei principi di buona fede e correttezza che da tempo sono entrati nel tessuto connettivo dell’ordinamento giuridico (cfr., Cass., 18/09/2009 n. 20106) e che fanno dell’obbligo di buona fede oggettiva un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, la cui costituzionalizzazione è ormai pacifica (v. in questo senso, fra le altre, Cass. 15.2.2007 n. 3462).
La giurisprudenza ha, peraltro, chiarito che il principio di buona fede informa tutte le fasi della procedura di gara al punto che, in tema di responsabilità precontrattuale della p.a., l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 5/2018) ha affermato, superando il contrario prevalente orientamento, che la responsabilità precontrattuale della p.a. possa perfezionarsi anche prima dell’aggiudicazione, perché la p.a. è tenuta al dovere di buona fede in tutte la fasi della procedura di gara.
La latitudine applicativa del principio di buona fede nelle gare pubbliche è tale che è pacifica anche la sua rilevanza bilaterale: opera nei confronti della p.a., così come nei confronti dei partecipanti alle gare pubbliche.
Del resto, la Relazione ministeriale al codice civile, sul punto, evidenziava che il principio di correttezza e buona fede “richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore”, operando, quindi, come un criterio di reciprocità.
Ne consegue, dunque, che, così come la stazione appaltante deve comportarsi secondo buona fede in tutte le fasi della procedura di gara, così devono fare anche i partecipanti alle gare pubbliche che devono fornire all’amministrazione tutte le informazioni necessarie affinché questa possa scegliere nel modo più consapevole possibile l’impresa più affidabile…”.
Ciò posto, ad avviso del Collegio, nel caso concreto, “..l’aggiudicataria ha omesso un’informazione avente ad oggetto una misura limitativa emessa dall’Anac che ha comportato l’interdizione dalla partecipazione alle gare pubbliche; misura che, dunque, ha comportato un congelamento, una sospensione, della capacità di partecipare alle gare indette dalla p.a.
L’art. 80, comma 5, lett. f), dispone, peraltro, che le stazioni appaltanti escludono un operatore economico che sia stato soggetto alla sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 o ad altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, compresi i provvedimenti interdittivi di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
La sanzione Anac in parola, comportando l’interdizione dalla partecipazione alle gare pubbliche, comporta, come effetto automatico, l’incapacità a contrarre con la p.a. nel periodo temporale di efficacia della sanzione…”.
“Né – continua il Collegio – è possibile ritenere tale misura applicabile solo se interviene entro la scadenza del termine di presentazione delle offerte e reputarla, invece, irrilevante se emessa successivamente. Il Consiglio di Stato ha, infatti, chiarito che l’interdizione dalla partecipazione alle gare pubbliche rappresenta “una misura restrittiva che riguarda non il micro-mercato della singola gara e del figurato conseguente contratto, dove l’omissione è avvenuta (e rispetto alla quale già l’esclusione disposta dalla stazione appaltante ha raggiunto l’effetto impeditivo), bensì il ben più ampio mercato generale di tutte le gare per contratti pubblici”. Tale misura ha un effetto dirompente “sulla capacità settoriale di agire dell’impresa, perché comunque presunta sospettabile di inaffidabilità morale in tema di gare pubbliche”. E’, quindi, una “seria misura di prevenzione settoriale e generale de futuro, non già – malgrado l’invalso uso del termine – una vera e propria “sanzione” che va comminata dall’Anac nel rigoroso rispetto del principio di proporzionalità, proprio in considerazione degli effetti restrittivi che produce sulla capacità dell’impresa.
“Si tratta, dunque, di applicare una misura restrittiva che riguarda non il micro-mercato della singola gara e del figurato conseguente contratto, dove l’omissione è avvenuta (e rispetto alla quale già l’esclusione disposta dalla stazione appaltante ha raggiunto l’effetto impeditivo), bensì il ben più ampio mercato generale di tutte le gare per contratti pubblici, in atto o future e per quel certo stabilito tempo (cfr., Cons. Stato, 23 luglio 2018 n.4427).
Tale misura restrittiva operando, quindi, per tutte le gare per contratti pubblici anche in atto, trova immediata applicazione anche nel caso di specie, senza che abbia rilevanza la circostanza che siano scaduti i termini per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara…”.
Ne consegue, ad avviso del Collegio, che “…qualunque operatore economico è tenuto a informare la stazione appaltante dell’intervenuta emanazione di una sanzione Anac avente ad oggetto l’incapacità a partecipare alle gare pubbliche anche se intervenuta successivamente alla scadenza determini per la presentazione dell’offerta…” e che in mancanza di una siffatta dichiarazione, il concorrente possa e debba essere escluso dalla gara.
Ad identica soluzione, peraltro, ad avviso del Collegio, “…si giunge anche in considerazione del fatto che la sanzione Anac ha comportato, sia pur temporaneamente, la perdita dei requisiti di partecipazione, così violando il principio, secondo cui i partecipanti alle gare pubbliche devono possedere i requisiti di partecipazione lungo tutto l’arco della procedura di gara. In tal senso, sin dall’Adunanza Plenaria n. 8/2015, è stato ripetutamente affermato che i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dagli offerenti, senza soluzione di continuità, dal giorno di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla gara, per tutta la durata di questa, fino all’aggiudicazione definitiva, alla stipula del contratto, nonché durante la sua esecuzione (cfr. anche Consiglio di Stato, sez. VI, 25/09/2017, n. 4470)…”