Abusi edilizi su parti comuni condominiali

Published On: 3 Settembre 2018Categories: Edilizia, Urbanistica ed Espropriazioni

E’ legittimo di diniego di permesso di costruire in sanatoria in relazione all’abuso realizzato dal singolo istante su parti comuni dell’edificio, ove manchi la prova della disponibilità degli altri condomini.
Così si è espresso il TAR Catanzaro, con la decisione del 21 agosto 2018 n.1556, il quale ha ritenuto legittimo l’operato del Comune che aveva per l’appunto negato il permesso di costruire richiesto in sanatoria, relativamente alla messa in opera di una ringhiera metallica e pavimentazione su esistenti balconi e apertura di un accesso su un parapetto al sesto piano d’un edificio – e dunque su beni ricadenti in comunione – in relazione ai quali l’istante non aveva (dato prova) del titolo di disponibilità.
E ciò, rammentandosi per u verso come, i cornicioni, “…per la loro attinenza alla facciata…”, debbono di regola considerarsi parte comune dell’edificio (cfr. C. App. Salerno, 16 marzo 1992, in Giur. Merito, 1994; ma sulla nozione di facciata cfr. anche Cass. Civ., Sez. II , 14 dicembre 2017, n. 30071).
E per altro verso come, in base all’art. 11, comma 1 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, l’Autorità comunale, prima di rilasciare un titolo edilizio, abbia sempre l’onere di verificare la legittimazione del richiedente, “…accertando che questi sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 4 aprile 2012, n. 1990)…” (cfr. anche, Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 2014, n. 4818; Cons. Stato, Sez. IV, 26 gennaio 2009, n. 437; Cons. Stato, Sez. IV, 22 giugno 2000, n. 3520).
Di talchè, conclude il TAR calabrese, deve considerarsi “…inapplicabile l’istituto del condono, laddove l’abuso sia realizzato dal singolo condomino su aree comuni, in assenza di ogni elemento di prova circa la volontà degli altri comproprietari, atteso che, diversamente opinando, l’amministrazione finirebbe per legittimare una sostanziale appropriazione di spazi condominiali da parte del singolo condomino, in presenza di una possibile volontà contraria degli altri, i quali potrebbero essere interessati all’eliminazione dell’abuso anche in via amministrativa e non solo con azioni privatistiche (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 27 giugno 2008, n. 3282)…”.

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About the Author: Valentina Magnano S. Lio

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Abusi edilizi su parti comuni condominiali

Published On: 3 Settembre 2018

E’ legittimo di diniego di permesso di costruire in sanatoria in relazione all’abuso realizzato dal singolo istante su parti comuni dell’edificio, ove manchi la prova della disponibilità degli altri condomini.
Così si è espresso il TAR Catanzaro, con la decisione del 21 agosto 2018 n.1556, il quale ha ritenuto legittimo l’operato del Comune che aveva per l’appunto negato il permesso di costruire richiesto in sanatoria, relativamente alla messa in opera di una ringhiera metallica e pavimentazione su esistenti balconi e apertura di un accesso su un parapetto al sesto piano d’un edificio – e dunque su beni ricadenti in comunione – in relazione ai quali l’istante non aveva (dato prova) del titolo di disponibilità.
E ciò, rammentandosi per u verso come, i cornicioni, “…per la loro attinenza alla facciata…”, debbono di regola considerarsi parte comune dell’edificio (cfr. C. App. Salerno, 16 marzo 1992, in Giur. Merito, 1994; ma sulla nozione di facciata cfr. anche Cass. Civ., Sez. II , 14 dicembre 2017, n. 30071).
E per altro verso come, in base all’art. 11, comma 1 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, l’Autorità comunale, prima di rilasciare un titolo edilizio, abbia sempre l’onere di verificare la legittimazione del richiedente, “…accertando che questi sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 4 aprile 2012, n. 1990)…” (cfr. anche, Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 2014, n. 4818; Cons. Stato, Sez. IV, 26 gennaio 2009, n. 437; Cons. Stato, Sez. IV, 22 giugno 2000, n. 3520).
Di talchè, conclude il TAR calabrese, deve considerarsi “…inapplicabile l’istituto del condono, laddove l’abuso sia realizzato dal singolo condomino su aree comuni, in assenza di ogni elemento di prova circa la volontà degli altri comproprietari, atteso che, diversamente opinando, l’amministrazione finirebbe per legittimare una sostanziale appropriazione di spazi condominiali da parte del singolo condomino, in presenza di una possibile volontà contraria degli altri, i quali potrebbero essere interessati all’eliminazione dell’abuso anche in via amministrativa e non solo con azioni privatistiche (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 27 giugno 2008, n. 3282)…”.

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