Annullamento di titolo edilizio per complesso turistico-ricettivo
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Palermo, con la decisione del 20 marzo 2019 n.802 che qui si segnala, ha ritenuto illegittimo il provvedimento di annullamento in autotutela di titoli abilitativi edilizi relativi ad un complesso turistico-ricettivo denominato intervenuto a distanza di oltre 10 anni dal loro rilascio, per violazione del principio del termine ragionevole di cui all’art. 21 nonies della legge n.241/1990, nonchè per la mancata considerazione delle ragioni di interesse pubblico all’annullamento dell’atto.
Il TAR palermitano, in particolare, quanto al profilo del termine ragionevole, rilevato come nel caso concreto non fosse rationae temporis applicabile la modifica normativa apportata all’art. 21 nonies L. n. 241/1990 con la novella del 2015 (cfr. art. 6 l. 7 agosto 2015 n. 124, cd. legge Madia), relativamente alla introduzione del limite massimo di diciotto mesi, decorrente dall’adozione dei provvedimenti di autorizzazione e di attribuzione di vantaggi economici (inclusi i casi di silenzio-assenso) – ha ritenuto di poter e dover valutare se l’atto di autotutela intervenuto a dieci anni di distanza dai titoli abilitativi edilizi violi il termine ragionevole di cui all’art. 21 nonies L. n. 241/1990.
“Secondo i principi fissati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (17 ottobre 2017 n 8)“, osserva dunque il TAR palermitano, “.. l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio (in quel caso però rilasciato in sanatoria) è in linea di principio possibile anche ad una distanza di tempo considerevole dal rilascio dello stesso; richiede però una congrua motivazione sulla “sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole”…”.
Orbene, nel caso deciso, è apparso al TAR Palermo che “..il termine di dieci anni – in rapporto all’assenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione dell’atto – non appare ragionevole, essendosi nel frattempo ben consolidato un assetto di interessi in capo ai privati, che hanno realizzato la struttura ricettiva, gestito la stessa e compiuto investimenti confidando nel continuo ritorno economico della stessa..”.
E ciò, in quanto la motivazione dell’annullamento è apparsa sostanzialmente tautologica “…poiché non esprime alcun interesse pubblico concreto e attuale – ulteriore al mero ripristino della legalità violata – che giustifichi, a distanza di dieci anni, un intervento in autotutela quale quello in esame...”, difettando in particolare una congrua motivazione sugli interessi contrapposti (nella specie correlati alla rilevanza dell’attività turistico-ricettiva svolta nell’immobile ed al collegamento con immediate necessità di vita dei proprietari).
E ciò, in uno contesto nel quale, non ricorre nè “la fattispecie in cui, sempre secondo l’Adunanza plenaria, la prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato si ha per definizione, perché nemmeno è stato dedotto che i privati abbiano offerto all’amministrazione una “non veritiera prospettazione […] delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo” a loro favorevole..”, nè “…il caso in cui l’interesse pubblico tutelato sia autoevidente al punto che, ancora secondo l’insegnamento dell’Adunanza plenaria, per darne conto è sufficiente il mero richiamo alle disposizioni di tutela che si assumono violate..”.