Appalti ad alta intensità di manodopera per prestazioni standardizzate
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione del 21 maggio 2019 n.8, si é pronunziata sulla questione controversa, deferita dalla III Sezione dello stesso Consiglio di Stato con ordinanza del 5 febbraio 2019 n.882, relativa al criterio di aggiudicazione applicabile per le procedure di affidamento di appalti pubblici di servizi, nel caso in cui questi contratti abbiano contemporaneamente caratteristiche di alta intensità di manodopera – ovvero il cui costo per tale voce dell’offerta sia «pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto» (art. 50, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, sopra richiamato) – e siano standardizzate.
§ – Ricostruzione del quadro normativo di riferimento che ha originato la questione controversa.
La questione controversa, ha preliminarmente rilevato l’Adunanza Plenaria, si colloca nel contesto delle disposizioni di cui si compone l’art. 95 del codice dei contratti pubblici, relativo ai «Criteri di aggiudicazione dell’appalto» (così la rubrica), venendo in rilievo le seguenti disposizioni:
– il comma 2, “…il quale enuncia la regola secondo cui le stazioni appaltanti aggiudicano gli appalti («procedono all’aggiudicazione», recita la norma) «sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa», individuato secondo l’alternativa «del miglior rapporto qualità/prezzo» – corrispondente al tradizionale criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui al previgente quadro normativo (cfr. il considerando 89 della direttiva 2014/24/UE) – o «sulla base dell’elemento prezzo o del costo», quest’ultimo integrato dalla «comparazione costo/efficacia», sulla base degli elementi previsti nel successivo art. 96…”;
– il comma 3, per il quale «Sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo» i servizi ivi previsti, tra cui quelli «ad alta intensità di manodopera» (lettera a);
– il comma 4, “…che invece facoltizza le stazioni appaltanti («Può essere utilizzato») a ricorrere al «criterio del minor prezzo»per aggiudicare i contratti ivi elencati, tra cui «i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate» (lettera b)…”;
– il comma 5, che per quest’ultima ipotesi onera le stazioni appaltanti a dare un’«adeguata motivazione».
§ – Ratio e fondamento della preferenza normativa per il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Ciò chiarito, l’Adunanza Plenaria ha proceduto in primo luogo a ricostruire la ratio della preferenza normativa accordata in favore del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, osservando come, dal contesto normativo dato dalle disposizioni sopra riportate – e come pure rilevato dalla Sezione rimettente – si ricavi come “…nell’ambito della generale facoltà discrezionale nella scelta del criterio di aggiudicazione, a sua volta insita nell’esigenza di rimettere all’amministrazione la definizione delle modalità con cui soddisfare nel miglior modo l’interesse pubblico sotteso al contratto da affidare, le stazioni appaltanti sono nondimeno vincolate alla preferenza accordata dalla legge a criteri di selezione che abbiano riguardo non solo all’elemento prezzo, ma anche ad aspetti di carattere qualitativo delle offerte…”.
Più precisamente, ha ancora osservato la Plenaria, “…la preferenza in questione:
– è in primo luogo desumibile dal comma 2 dell’art. 95 del codice dei contratti, attraverso la previsione di due criteri di aggiudicazione in cui hanno rilievo aspetti di carattere qualitativo, e cioè il «miglior rapporto qualità/prezzo» e il criterio con a base il «costo» dell’opera, bene o servizio acquisito «seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita», che ai sensi del successivo art. 96 tenga conto degli oneri per l’amministrazione legati all’acquisizione, alla manutenzione, ai consumi energetici in fase di utilizzo, alle «esternalità ambientali» e a quelli connessi al “fine vita”;
– è inoltre espresso sia al comma 3 del medesimo art. 95, con l’obbligo di fare ricorso per gli appalti di servizi ivi elencati al solo criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, sia – all’opposto – attraverso l’obbligo di motivazione ai sensi del comma 5, laddove invece l’amministrazione opti per il criterio del massimo ribasso nelle ipotesi invece previste nel comma 4…”.
Una tale preferenza normativamente attribuita a criteri non basati sul solo elemento del prezzo, ha quindi osservato la Plenaria:
- è anzitutto “…coerente con i principi e criteri direttivi previsti dalla legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, per l’attuazione delle direttive sugli appalti pubblici del 2014, tra cui la direttiva europea 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, sui contratti di appalto pubblico…”. L’art. 1, comma 1, lett. ff) della legge delega, rammenta infatti la Plenaria, prevede l’«utilizzo (…) del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, seguendo un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita e includendo il «miglior rapporto qualità/prezzo» valutato con criteri oggettivi sulla base degli aspetti qualitativi, ambientali o sociali connessi all’oggetto dell’appalto pubblico», con la seguente precisazione: «regolazione espressa dei criteri, delle caratteristiche tecniche e prestazionali e delle soglie di importo entro le quali le stazioni appaltanti ricorrono al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta». Nella medesima linea, d’altronde, si colloca anche la successiva lettera gg), recante il criterio direttivo secondo cui l’aggiudicazione dei contratti pubblici «relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché a quelli di servizi ad alta intensità di manodopera» deve essere disposta «esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come definita dalla lettera ff)», con esclusione«in ogni caso»del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo«inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta». In termini analoghi, è poi formulato anche il criterio direttivo previsto dalla lettera fff) del medesimo art. 1, comma 1, della legge delega;
- costituisce, inoltre, “…attuazione dell’art. 67 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici…”, disposizione di diritto sovranazionale questa che ha “integrato” l’alternativa tradizionale tra offerta economicamente più vantaggiosa e minor prezzo, prevista dall’art. 53 della previgente direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi), “…con un ulteriore criterio di selezione delle offerte con a base il costo, secondo «un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita»…”, riconoscendo poi al legislatore nazionale – all’ultimo capoverso del paragrafo 2 del medesimo art. 67 – “…la facoltà di prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici «non possano usare solo il prezzo o il costo come unico criterio di aggiudicazione»o di «limitarne l’uso a determinate categorie di amministrazioni aggiudicatrici o a determinati tipi di appalto»…”;
- si ricollega e può farsi risalire agli indirizzi di politica generale delle istituzioni sovranazionali, “…a partire dalla «strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» denominata “Europa 2020” (di cui alla comunicazione COM/2010/2020 del 3 marzo 2010 della Commissione europea), per l’attuazione della quale gli appalti pubblici svolgono un ruolo fondamentale (cfr. considerando n. 2 della direttiva 2014/24/UE). Nella comunicazione ora richiamata la Commissione europea ha infatti formulato l’obiettivo di conseguire una «crescita inclusiva», finalizzata a promuovere «la coesione economica, sociale e territoriale», ed inoltre una crescita «intelligente», per sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione, e «sostenibile», in grado di migliorare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e che sia «più verde e più competitiva». Nell’ambito della coesione economica e sociale proprie dell’obiettivo di crescita intelligente si colloca quindi la promozione di migliori condizioni del lavoro nell’impresa, sotto il profilo della sicurezza sui luoghi di lavoro e del trattamento economico dei relativi addetti….”; trovando un suo primo riconoscimento già nella risoluzione del 25 ottobre 2011 sulla modernizzazione degli appalti pubblici (2011/2048(INI)), prodromica all’approvazione delle direttive del 2014 – nella quale il Parlamento europeo aveva “…manifestato l’avviso che il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso «non debba più essere il criterio determinante per l’aggiudicazione di appalti», ma debba essere sostituito «in via generale con quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa in termini di benefici economici, sociali e ambientali, tenendo conto dei costi dell’intero ciclo di vita dei beni, servizi o lavori di cui trattasi», salvo mantenere il primo «quale criterio decisivo in caso di beni o servizi altamente standardizzati», così da stimolare «l’innovazione e gli sforzi per ottenere la massima qualità e il massimo valore, promuovendo pertanto il rispetto dei criteri della strategia Europa 2020» (punto n. 13)…” – con indirizzo poi ribadito a posteriori anche “…nella risoluzione del 4 ottobre 2018 sul pacchetto sulla strategia in materia di appalti pubblici (2017/2278(INI)), in cui il Parlamento europeo ha valutato con favore il fatto che «molti Stati membri abbiano adottato misure per l’uso di criteri di qualità (compreso il miglior rapporto qualità/prezzo)», ed ha quindi incoraggiato il ricorso a «criteri diversi dal semplice prezzo più basso, tenendo conto di aspetti qualitativi, ambientali e/o sociali» (punto n. 12)…”;
- è ancora espressa nei considerando della direttiva 2014/24/UE, e precisamente: (i) al considerando 90, “…in cui al fine di conseguire l’obiettivo di «incoraggiare maggiormente l’orientamento alla qualità degli appalti pubblici» si formula la seguente raccomandazione: «dovrebbe essere consentito agli Stati membri di proibire o limitare il ricorso al solo criterio del prezzo o del costo per valutare l’offerta economicamente più vantaggiosa qualora lo ritengano appropriato» (raccomandazione poi trasfusa sul piano precettivo nella facoltà di scelta attribuita agli Stati membri dal sopra citato art. 67, paragrafo 2, ultimo capoverso, della direttiva)...”; (ii) al considerando 92, “…in cui, nel ribadire che le amministrazioni aggiudicatrici «dovrebbero essere incoraggiate a scegliere criteri di aggiudicazione che consentano loro di ottenere lavori, forniture e servizi di alta qualità che rispondano al meglio alle loro necessità», si precisa che la selezione non «dovrebbe basarsi solo su criteri che prescindono dai costi», ma anche su un «approccio costo/efficacia, come ad esempio la determinazione dei costi del ciclo di vita»…”; (iii) al considerando 93, “…in cui si afferma che anche nell’ipotesi di prezzi di beni o servizi definiti da normative nazionali dovrebbe comunque rimanere ferma la possibilità di «valutare il rapporto qualità/prezzo sulla base di fattori diversi dal solo prezzo o dalla sola remunerazione»…”.
Sicchè, ha concluso la Plenaria, “..il ricorso a criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici basati non sul solo prezzo, e quindi non orientati in via esclusiva a fare conseguire all’amministrazione risparmi di spesa, ma idonei a selezionare le offerte anche sul piano qualitativo, in funzione di un miglioramento tecnologico, di un più efficiente utilizzo delle risorse energetiche e – per venire al caso oggetto del presente giudizio – della tutela delle condizioni economiche e di sicurezza del lavoro, può dunque essere ascritto agli obiettivi di politica generale sovranazionale, poi recepiti nelle direttive del 2014 sui contratti pubblici; ed infine a livello nazionale con il codice dei contratti pubblici…”, rispondendo – avuto specifico riguardo alla tutela delle condizioni economiche e di sicurezza del lavoro – all’esigenza di “…assicurare una competizione non ristretta al solo prezzo, foriera del rischio di ribassi eccessivi e di una compressione dei costi per l’impresa aggiudicataria che possa andare a scapito delle condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro e dei costo per la manodopera, in contrasto con gli obiettivi di coesione sociale propri dell’obiettivo di crescita inclusiva enunciato dalla Commissione europea…”.
Peraltro, “…nella medesima direzione finora considerata convergono imperativi di matrice costituzionale, espressi dal principio secondo cui l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto «con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41, comma 2), finalizzato a conciliare le esigenze della crescita economica, per la quale l’intervento pubblico mediante l’affidamento di contratti d’appalto costituisce un rilevante fattore, con quelle di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e delle loro condizioni contrattuali…“.
E ciò, dovendosi pertanto affermare che “…il comma 3 dell’art. 95 si pone ad un punto di convergenza di valori espressi in sede costituzionale e facoltà riconosciute a livello europeo ai legislatori nazionali, per la realizzazione dei quali nel codice dei contratti pubblici il miglior rapporto qualità/prezzo è stato elevato ad criterio unico ed inderogabile di aggiudicazione per appalti di servizi in cui la componente della manodopera abbia rilievo preponderante….”.
§ – Ricostruzione del rapporto esistente fra i commi 2 e 5 dell’art. 95 del codice dei contratti pubblici ed individuazione del criterio di aggiudicazione applicabile nel caso in cui l’appalto da aggiudicare riguardi prestazioni ad alta intensità di manodopera, aventi contemporaneamente “caratteristiche standardizzate”.
Sulla base delle superiori coordinate, la Adunanza Plenaria ha quindi ricostruito il rapporto tra i commi da 2 a 5 dell’art. 95 in esame, nel senso seguente:
– ai sensi del comma 2 le amministrazioni possono aggiudicare i contratti di appalto pubblico secondo il criterio (ora denominato in generale) dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata dal miglior rapporto qualità/prezzo o che abbia a base il prezzo o il costo, seguendo un “criterio di comparazione costo/efficacia“;
– in attuazione della facoltà riconosciuta agli Stati membri dalla direttiva 2014/24/UE di escludere o limitare per determinati tipi di appalto il solo prezzo o il costo (art. 67, par. 2, ultimo cpv., sopra citato), e in conformità ai criteri direttivi della legge delega n. 11 del 2016, il comma 3 pone invece una regola speciale, relativa tra l’altro ai servizi ad alta intensità di manodopera, “…derogatoria di quella generale, in base alla quale per essi è obbligatorio il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo…”
– “…per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate si riespande invece la regola generale posta dal comma 2, con il ritorno alla possibilità di impiegare un criterio di aggiudicazione con a base l’elemento prezzo, e precisamente il «minor prezzo», purché questa scelta sia preceduta da una «motivazione adeguata»…”.
Orbene, “…nell’ipotesi in cui un servizio ad alta intensità di manodopera abbia contemporaneamente caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo art. 95, come nel caso che ha dato origine alla rimessione..”, l’Adunanza plenaria ha ritenuto ravvisarsi un concorso di disposizioni di legge tra loro contrastanti, “…derivante dal diverso ed antitetico criterio di aggiudicazione rispettivamente previsto per l’uno o l’altro tipo di servizio e dal diverso grado di precettività della norma…”, ponendosi quindi “….un conflitto (o concorso apparente) di norme, che richiede di essere risolto con l’individuazione di quella prevalente..”.
Il conflitto così prospettato, ad avviso della Plenaria, “.. non può che essere risolto a favore del criterio di aggiudicazione del miglior rapporto qualità/prezzo previsto dal comma 3, rispetto al quale quello del minor prezzo invece consentito in base al comma 4 è subvalente…”.
Una tale soluzione (peraltro, rammenta l’Adunanza Plenaria, di recente riaffermata dalla V Sezione di questo Consiglio di Stato, con sentenza 24 gennaio 2019, n. 605) è infatti “…conseguenza diretta di quanto rilevato in precedenza, e cioè del carattere speciale e derogatorio di quest’ultima regola rispetto a quella generale, laddove il criterio del minor prezzo ai sensi del comma 4 ne segna invece il ritorno, con la riaffermazione della facoltà di scelta discrezionale dell’amministrazione di aggiudicare l’appalto secondo un criterio con a base il (solo) prezzo. Il ritorno alla regola generale incontra tuttavia un ostacolo insuperabile nella deroga prevista nel comma 3, che impone alle amministrazioni un obbligo anziché una mera facoltà, per cui per effetto di essa in tanto è possibile aggiudicare i contratti di appalto di servizi con caratteristiche standardizzate al massimo ribasso in quanto il servizio non abbia nel contempo abbia caratteristiche di alta intensità di manodopera….”.
§ – Principio di diritto.
L’Adunanza Plenaria, quindi – dopo aver peraltro respinto le argomentazioni poste a base dell’appello – ha composto il contrasto di giurisprudenza venutosi a creare, risolvendo la questione di diritto deferitale, nei termini seguenti: «gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera ai sensi degli artt. 50, comma 1, e 95, comma 3, lett. a), del codice dei contratti pubblici sono comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, quand’anche gli stessi abbiano anche caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo codice».