Cambio della destinazione d’uso di vani accessori e pertinenziali
Il Tar capitolino, con la sentenza del 22 ottobre 2018 numero 10234 – nel sanzionare la realizzazione di interventi edilizi abusivi – ha ribadito, conformemente ad altri precedenti giurisprudenziali anche dello stesso Tribunale Amministrativo Laziale, il principio secondo cui la realizzazione di opere ed il consequenziale cambio della destinazione d’uso di un vano annesso e pertinenziale rispetto all’immobile principale, va inquadrato nell’ambito della ristrutturazione edilizia cd. “pesante” o “maggiore”, alla quale fanno riferimento l’art. 33 del D.P.R. n. 380/2001, (oltre che l’articolo 16 della Legge Regionale numero 15/2008), con conseguente necessità del rilascio di apposita concessione edilizia.
Ciò in quanto la destinazione d’uso è un elemento che qualifica la connotazione del bene immobile e risponde a precisi scopi di interesse pubblico, di pianificazione o di attuazione della pianificazione, individuando il bene sotto il suo aspetto funzionale, anche al fine di evitare che modifiche non consentite incidano negativamente sull’organizzazione dei servizi, alterando il complessivo assetto territoriale.
Gli interventi di ristrutturazione edilizia, in sostanza, alla stessa stregua degli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo necessiteranno pertanto di permesso di costruire, qualora comportino mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico.
Di tal ché non potrà ritenersi urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage, di un magazzino o di una soffitta – o comunque più in generale di uno spazio “accessorio” adibito a servizio – in un locale abitabile, configurandosi in questi casi un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’originario permesso di costruire, senza peraltro considerare anche i profili igienico-sanitari di abitabilità del vano.