Decorrenza del temine di impugnazione della aggiudicazione di contratti pubblici
Il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 1710 del 2019, ha affermato che il termine di impugnazione della aggiudicazione da parte dei concorrenti non aggiudicatari, decorre dal momento in cui essi hanno ricevuto dalla stazione appaltante la comunicazione della “aggiudicazione senza efficacia” ai sensi della lettera a) del comma 5 dell’articolo 76 del codice degli appalti.
In particolare, i Giudici di Palazzo Spada approdano a tale soluzione, dopo aver anzitutto ricordato che il nuovo codice dei contratti (d.lgs 50 del 2016) – al fine di assicurare con la massima celerità la certezza delle situazioni giuridiche ed imprenditoriali – ha del tutto eliminato la tradizionale categoria della “aggiudicazione provvisoria”, distinguendo solo tra:
– la “proposta di aggiudicazione”, che è quella adottata dal seggio di gara, ai sensi dell’art. 32, co.5, e che ai sensi dell’art. 120, co. 2-bis ultimo periodo del codice del processo amministrativo non costituisce provvedimento impugnabile;
– la “aggiudicazione” tout court che è il provvedimento conclusivo di aggiudicazione e che diventa efficace dopo la verifica del possesso dei requisiti di cui all’art. 33, co. 1 del cit. d.lgs. n. 50 della predetta proposta da parte della Stazione Appaltante.
In tale sistematica, la verifica dei requisiti di partecipazione è dunque una mera condizione di efficacia dell’aggiudicazione e non di validità in quanto attiene sotto il profilo procedimentale alla “fase integrativa dell’efficacia” di un provvedimento esistente ed immediatamente lesivo, la cui efficacia è sottoposta alla condizione della verifica della proposta di aggiudicazione di cui al cit. art. 33 circa il corretto espletamento delle operazioni di gara e la congruità tecnica ed economica della relativa offerta.
Sicché, il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione da parte dei concorrenti non aggiudicatari (30 giorni) “..inizia a decorrere dal momento in cui essi hanno ricevuto la comunicazione di cui all’art.76, co. 5, lett. a), d.lgs. n.50/2016 (e cioè la comunicazione dell’aggiudicazione sebbene ancora “non efficace”) e non dal momento, eventualmente successivo, in cui la Stazione Appaltante abbia concluso con esito positivo la verifica del possesso dei requisiti di gara in capo all’aggiudicatario…”.
Tale seconda comunicazione, peraltro, non è astrattamente inutile, in quanto “..è diretta ad assicurare la possibilità che, successivamente alla verifica dell’aggiudicazione, il ricorrente che abbia già impugnato l’aggiudicazione faccia luogo all’impugnazione della mancata esclusione dell’aggiudicatario, necessaria a pena di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dell’art. 35, co. 1, lett. c), c.p.a. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 01.02.2019, n. 815; Cons. Stato, sez. V, 03.04. 2018, n. 2039; id., 28.03.2018, n. 1935; id., 23.12.2016, n. 5445; id., 25.02.2016, n. 754; id., 01.04.2015, n. 1714; id., 23.04.2014, n. 2063; id., 19.07.2013, n. 3940)..”. Sicché, una volta intervenuta essa deve essere comunque impugnata per contestare la mancata esclusione dell’aggiudicatario.
Il Consiglio di Stato peraltro precisa che la ratio cui è ricollegata la decorrenza del termine di impugnazione fin dalla comunicazione dell’aggiudicazione “non ancora efficace”, deriva dal fatto che quest’ultima “..da un lato fa sorgere in capo all’aggiudicatario un’aspettativa alla stipulazione del contratto di appalto ex lege subordinata all’esito positivo della verifica del possesso dei requisiti, dall’altro produce nei confronti degli altri partecipanti alla gara un effetto immediato, consistente nella privazione definitiva, salvo interventi in autotutela della Stazione Appaltante o altre vicende comunque non prevedibili né controllabili, del “bene della vita” rappresentato dall’aggiudicazione della gara…”.