Gravi illeciti professionali atipici in caso di mera pendenza di un procedimento penale
La mera pendenza di un procedimento penale a carico dell’amministratore del concorrente, ancorchè poi cessato dalla carica, può integrare la fattispecie escludente di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 dei gravi illeciti professionali.
In tal senso si è espressa la Quinta Sezione del Consiglio di Stato la quale, con la decisione del 27 febbraio 2019 n. 1367, ha ritenuto – in linea con quanto statuito in prime cure giudice e dunque respingendo l’appello della concorrente – come “…la revoca dell’aggiudicazione provvisoria e l’esclusione della società appellante dalla gara si fondano legittimamente sul venir meno dell’affidabilità in considerazione degli eventi giudiziari che avevano convolto il suo amministratore con l’emissione da parte del GIP del Tribunale di … di un’ordinanza cautelare applicativa di misura coercitiva degli arresti domiciliari, perché indagato in concorso con altro soggetto per il reato di istigazione alla corruzione, circostanza di indubbia gravità…”.
E ciò, richiamandosi a “..consolidata e condivisibile giurisprudenza ..” per la quale non è indispensabile che i gravi illeciti professionali che devono essere posti a supporto della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma “..è sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi, atteso che l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella disposizione normativa succitata è meramente esemplificativa e la stazione appaltante ha la possibilità di fornirne la dimostrazione con mezzi adeguati; è stato evidenziat(o) infatti che “Ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, è consentito alle stazioni appaltanti escludere da una procedura di affidamento di contratti pubblici i concorrenti in presenza di pregressi gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la loro integrità o affidabilità. In tali ipotesi, la valutazione in ordine alla rilevanza in concreto ai fini dell’esclusione dei comportamenti accertati è rimessa alla stazione appaltante” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2018, n. 6786; 23 agosto 2018, n. 5040; sez. V, 11 giugno 2018, n. 3592; 3 aprile 2018, n. 2063; 2 marzo 2018, n. 1299; 4 dicembre 2017, n. 5704) e che “Il legislatore, quindi, ha voluto riconoscere a quest’ultima (stazione appaltante) un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell’affidabilità dell’appaltatore. Ne consegue che il sindacato che il g.a. è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa” (cfr. Cass. Civ., S.U., 17 febbraio 2012, n. 2312), mentre “L’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione <<con mezzi adeguati>>, sia dall’incipit del secondo inciso (<<Tra questi (id est, gravi illeciti professionali) rientrano: […]>>) che precede l’elencazione” (Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299)…”.
Sulla scorta del delineato quadro giurisprudenziale nonché dei pareri resi dallo stesso Consiglio di Stato (pareri del 3 novembre 2016, n. 2286 e del 25 settembre 2017, n. 2042), il Collegio ha inoltre ritenuto di ricavare “..l’utilità, ma non la decisività, delle linee guida ANAC n. 6, approvate con la delibera del 16 novembre 2016, n. 1293 ed aggiornate con la delibera dell’11 ottobre 2017, n. 1008 (recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice”, emanate in attuazione dell’art. 80, comma 13, del d.lgs. n. 50 del 2016), al fine della soluzione interpretativa da fornire della disposizione normativa più volte citata..”, osservando inoltre come le stesse “.. peraltro, non smentiscono la suddetta esegesi in base alla quale il pregresso inadempimento, anche se non abbia prodotto gli effetti tipizzati, rileva ai fini dell’esclusione qualora, sulla base del discrezionale giudizio della stazione appaltante, sia idoneo ad integrare il “grave illecito professionale”, e sia in grado dunque di ledere l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico…”
Quanto poi alla motivazione dei provvedimenti impugnati, “…che si correla ai più rigorosi oneri posti a carico dell’amministrazione rispetto alle ipotesi esemplificate nel testo di legge e nelle linee guida..” e di cui parte appellante aveva censurato l’insufficienza, il Collegio ha ritenuto determinante la circostanza che “…la stessa appellante ha dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, di aver pienamente compreso le ragioni poste alla base dei medesimi, costituite dall’ordinanza cautelare emessa nei confronti dell’amministratore della società e dal conseguente venir meno dell’affidamento (il cosiddetto “deficit di fiducia”) in capo alla società da parte della stazione appaltante..”.
Infine, insufficienti sono state ritenute le misure di self-cleaning adottate dalla società appellante e consistite nel semplice mutamento dell’amministratore, sostituito – all’epoca dell’esclusione/revoca – col coniuge del medesimo “… senza che fosse mutata, dunque, la porzione maggioritaria delle quote societarie che il medesimo deteneva, circostanza che gli garantiva comunque una posizione di rilevante influenza, in considerazione del fatto che la società era composta da soli due soci…”.