Gravi illeciti professionali commessi durante la gara
Il Tribunale Amministrativo Regionale di Salerno, con la decisione del 4 ottobre 2018 n.1376, ha puntualmente ricostruito i tratti caratterizzanti la causa di esclusione dalla pubbliche gara di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, relativa alla commissione di “gravi illeciti professionali”, soffermandosi sugli odierni nodi problematici che innervano la ridetta regolazione.
A tal fine, il Collegio ha anzitutto rammentato come la citata disposizione normativa, per come ormai largamente condiviso dalla giurisprudenza amministrativa, abbia una portata più ampia rispetto a quella contenuta nel previgente art. 38, comma 2, lett. f), D.Lgs. n. 163/2006, “…atteso che essa, da un lato, non opera alcuna distinzione tra precedenti rapporti contrattuali con la medesima o con diversa stazione appaltante, dall’altro, non fa riferimento alla sola “negligenza” ovvero all’ “errore professionale”, ma più in generale all'”illecito professionale”, che abbraccia molteplici fattispecie, anche diverse dall’errore o negligenza, includendo condotte che intervengono non solo in fase di esecuzione contrattuale, ma anche di gara.
Segnatamente, osserva ancora il Collegio, tra i “gravi illeciti professionali” si annoverano oggi, per effetto della elencazione meramente esemplificativa contenuta al citato art. 80, comma 5, lett. c), “…le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo a una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione…”, avendo al riguardo ritenuto il Legislatore “…di evitare l’approntamento di un rigido catalogo, verosimilmente nella consapevolezza che lo stesso avrebbe finito per rappresentare più che un argine all’indeterminatezza delle categorie escludenti, un agevole strumento per la messa in atto di condotte elusive, vulnerative dell’esigenza di selezione di un contraente affidabile e “integro” sotto il profilo soggettivo-reputazionale…”.
Il Collegio quindi osserva come, al di là della specifica fenomenologia degli illeciti, ai fini dell’esclusione, essi non rilevano ex se, ma solo in quanto incidenti eziologicamente sull’integrità o sull’affidabilità dell’operatore economico in ordine alla specifica attività contrattuale che è chiamato a svolgere.
In tal senso, continuano i Giudici amministrativi salernitani, risulta significativa la stessa formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), laddove, nel prevedere che l’operatore economico possa essere escluso ove si sia reso “colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità“, si avvale di un “concetto giuridico indeterminato” (cfr. – Commissione del Consiglio di Stato, parere n. 2042/2016).
“La categoria dei concetti giuridici a contenuto indeterminato pertiene, del resto, a una particolare tecnica legislativa nella quale, al fine di individuare il fatto produttivo di effetti giuridici, (la norma) non descrive la fattispecie astratta in modo tassativo ed esaustivo, bensì rinvia, per la sussunzione del fatto concreto nell’ipotesi astratta normativa, all’integrazione dell’interprete, mediante l’utilizzo di concetti che vanno completati e specificati con elementi o criteri extragiuridici…”.
A fronte di ciò, continua il Collegio “…è in particolare … il requisito della “gravità” a (dover) essere appurato con riferimento all’idoneità causale del fatto sul corretto svolgimento della prestazione e, quindi, sulla protezione dell’interesse della stazione appaltante a negoziare efficacemente con l’operatore economico. Tale valutazione ascende all’esercizio del potere discrezionale della P.A. appaltante e va effettuata con riferimento alle circostanze fattuali, alla tipologia di violazione, alle conseguenze sanzionatorie, al tempo trascorso e alle eventuali recidive, in relazione, infine, all’oggetto e alle caratteristiche nel complesso dell’appalto da affidarsi. In altri termini, se l’esclusione per grave illecito costituisce atto “vincolato”, l’accertamento del suo presupposto importa un’adeguata ponderazione e, così, una esaustiva motivazione da parte della stazione appaltante…”.
In un tale contesto, ad avviso del Collegio, se per un verso, “..la descritta riferibilità dell’effetto escludente a una particolare manifestazione dei fatti (tali da rendere “l’integrità o affidabilità” dell’operatore economico), piuttosto che alla loro riconducibilità a un concetto giuridico predefinito, sembra coniugarsi con la finalità mirata dal legislatore mediante l’introduzione di questa causa di esclusione: assicurare al committente pubblico un aggiudicatario affidabile e corretto, secondo un giudizio espresso dalla medesima non in chiave sanzionatoria, ma per rime fiduciarie(ved. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 23 aprile 2018, n. 4452; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 6 aprile 2018, n. 712; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 31 gennaio 2018, n. 703 e Cons. Stato, Sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192)…”, per altro e correlato verso, “…l’esclusione automatica, sottratta al filtro valutativo della Amministrazione, si rivela in realtà “sanzione” sproporzionata rispetto al cennato obiettivo, ogni volta il comportamento illecito di cui l’operatore economico si è macchiato non risulti (in virtù delle circostanze concrete) ostativo alla considerazione positiva del suo contegno…”.
Quanto poi agli ulteriori comportamenti inficianti l’affidabilità del concorrente posti in essere durante la procedura di gara nell’ambito della quale i requisiti vengono valutati, il Collegio osserva come in tal caso rivesta “…preponderante rilevanza la discrezionalità della stazione appaltante che deve essere guidata a individuare fatti oggettivamente e specificamente idonei a falsare la concorrenza, con conseguente necessità di una rigorosa motivazione al riguardo da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. La motivazione del provvedimento di esclusione dovrà, dunque, essere valutata con particolare puntualità in modo tale da non riconvertire la discrezionalità riconosciuta alla P.A. in una sorta di delega in bianco contraria, prima di tutto, all’animus che ha ispirato il Legislatore riformista europeo e italiano…”.
Alla luce delle superiori coordinate, il Collegio ha infine ritenuto di accogliere l’impugnazione sottoposta al suo esame, ritenendo illegittima l’esclusione della ricorrente disposta dall’Amministrazione resistente, per aver omesso di dichiarare una precedente esclusione disposta a suo carico, “per assenza dai requisiti di partecipazione”.
E ciò in quanto, ad avviso del Collegio, l’Amministrazione resistente, nel motivare sia pure diffusamente l’impugnato provvedimento di esclusione, “… non ha affatto chiarito le ragioni per cui ritenesse che la mancata dichiarazione, da parte della ricorrente ed all’atto della partecipazione alla gara, di tale precedente controversia integrasse un’ipotesi di informazioni false o fuorvianti suscettibili “di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omissione di “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” …” (cfr. in termini, Cons. Stato Sez. III, 23-11-2017, n. 5467; T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 01-08-2017, n. 1011; e le linee guide adottate dall’ANAC ai sensi del medesimo art. 80 co. 13 cod. appalti, ed in particolare, i punti 6.3 e 6.4; ma anche Corte giustizia UE, sez. IV, 14/12/2016, n. 171).