Gravi illeciti professionali ed avvalimento operativo
Il Consiglio di Stato, con la decisione n. 2917 del 7 maggio 2019, ha affermato una serie di importanti principi in materia di gravi illeciti professionali e di avvalimento.
Decidendo sul primo motivo dell’appello incidentale – col quale l’originaria ricorrente in prime cure contestava la mancata esclusione del RTI aggiudicatario tanto per l’omessa dichiarazione nel DGUE presentato d’una sanzione inflitta ad uno dei componenti del RTI da AGCM per la commissione di un abuso di posizione dominante contrario all’articolo 102 TFUE quanto sul presupposto che detto illecito anticoncorrenziale costituisse comportamento valutabile dalla stazione appaltante quale grave illecito professionale ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.lgs. n. 50 del 2016 (sì da assumere, a prescindere da ogni omessa e non veritiera dichiarazione, di per sé valenza escludente “in quanto tale da rendere dubbia l’integrità o affidabilità” dell’operatore economico) – il Consiglio di Stato ha ritenuto corretta e ragionevole la conclusione cui è pervenuto il primo giudice, osservando quanto appresso:
1) il concorrente, nel rendere la dichiarazione contestata, aveva utilizzato il modello di DGUE predisposto dalla Stazione appaltante il quale, in linea con la prima versione delle Linee Guida ANAC n.6 (espressamente richiamate anche dal bando), prevedeva la dichiarazione dei soli illeciti definitivi (e non anche di quelli meramente esecutivi, invero contemplati solo dalla versione aggiornata delle Linee guida di cui alla deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017);
2) a fronte di ciò, deve correttamente escludersi la possibilità di sanzionare la concorrente per la ritenuta non conformità della dichiarazione resa, tenuto conto dei consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui la circostanza che il concorrente abbia puntualmente seguito le indicazioni fornite dalla stazione appaltante, nella modulistica pubblicata insieme al bando, non può ridondare a danno del medesimo, in violazione dei principi di massima partecipazione alle gare e di tutela del legittimo affidamento delle concorrenti in buona fede; ciò anche quando la predisposta modulistica risulti non conforme alla legge di gara, in quanto l’obiettiva incertezza così ingenerata dalla stessa stazione appaltante non può pregiudicare il concorrente determinandone l’esclusione per aver compilato l’offerta in conformità al facsimile predisposto, dovendo in tal caso prevalere il favor partecipationis (Cons. di Stato, V, 28 maggio 2009, n. 3320; Cons. di Stato, V. 5 luglio 2011, n. 4029), anche in applicazione del più generale principio di tutela dell’affidamento (Cons. di Stato, Sezione V, 28 maggio 2009, n. 3320);
3) in relazione all’autonoma valutabilità quale grave illecito professionale della sanzione irrogata a prescindere dall’esistenza, nella fattispecie, di uno specifico obbligo dichiarativo e di una sua violazione nel senso prospettato dall’appellante incidentale, il Collegio ha osservato come la potenziale ascrivibilità dell’illecito anticoncorrenziale ad un’ipotesi escludente e la sua inclusione tra le condotte professionali autonomamente valutabili ai fini della possibile estromissione di un concorrente da una gara pubblica non ricorre nella procedura in oggetto ove la stazione appaltante, nell’esercizio dei legittimi poteri discrezionali, mediante il riferimento alla previgente versione delle Linee Guida ANAC (che valgono “quali elementi ermeneutici per la corretta interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), come peraltro prevede il comma 13 dello stesso art. 80”: in tal senso cfr. Cons. di Stato, III, 5 settembre 2017, n. 4192), “….per un verso, ha stabilito ex ante quale tipo di sanzione le imprese partecipanti avevano l’obbligo di segnalare con la prescritta dichiarazione (solo quelle definitive), per altro verso non ha inteso attribuire alcuna autonoma valenza escludente all’irrogazione di una sanzione meramente esecutiva, non ritenendo che fosse obbligatoria dichiararla in quanto idonea a rendere in sé dubbia l’integrità e affidabilità del concorrente….”;
4) avendo in tal modo la stazione appaltante definito “a monte”, con le previsioni della lex specialis come integrata dalla modulistica allegata e dalle indicazioni ivi rese, ciò che costituiva mezzo adeguato di prova per la dimostrazione del grave illecito professionale ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, deve parimenti e per conseguenza escludersi che la concorrente avesse in specie effettuato un’inammissibile autovalutazione circa l’irrilevanza della sanzione, omettendo di segnalarla: “…al contrario, la stazione appaltante ha provveduto a circoscrivere a monte il perimetro degli obblighi dichiarativi dei precedenti professionali incombenti sulle imprese partecipanti (obblighi invero strumentali, secondo costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, formatasi anche nella vigenza del precedente codice, rispetto alle valutazioni discrezionali di competenza della stazione appaltante in ordine all’affidabilità dei partecipanti a procedure di affidamento: cfr. Cons. di Stato, V, 4 dicembre 2017, n. 5704), così riempiendo di contenuto un concetto giuridico indeterminato quale è quello di “grave errore professionale” (anche ai fini della descrizione effettiva di quale fosse la sanzione per illecito anticoncorrenziale ad esso riconducibile e perciò ex se valutabile nella gara in oggetto)…”; e ciò, conformemente all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui “…l’art. 80, comma 5, del D.lgs. n. 50 del 2016 riserva il compito del vaglio alle stazioni appaltanti e non lo lascia all’autovalutazione evidentemente non priva di rischi di conflitto di interessi- delle concorrenti per cui non è ammissibile che la relativa valutazione sia eseguita, a monte, dalla concorrente la quale autonomamente giudichi irrilevanti i propri precedenti negativi, omettendo di segnalarli con la prescritta dichiarazione” (Cons. di Stato, Sezione V, 28 marzo 2018, n. 1935; Cons. di Stato, V, 18 gennaio 2016, n. 122);
5) di talchè, se le ragioni di gravità sono rimesse al vaglio discrezionale della stazione appaltante (al quale è riservata la legittima valutazione sull’affidabilità e moralità professionale del potenziale contraente e affidatario di pubbliche commesse), in presenza di un inequivoca ed espressa volontà da parte della Stazione appaltante (mediante inequivoco rinvio alla primigenia versione delle Linee Guida ANAC n.6) di richiedere la sola dichiarazione in gara dei provvedimenti sanzionatori definitivi dell’Autorità e di attribuire, in definitiva, rilievo solo a questi ultimi anche ai fini dell’autonoma valutabilità del grave errore professionale, risulta in concreto preclusa al Giudice Amministrativo la formulazione di un proprio giudizio di inaffidabilità professionale (siccome evidentemente sostitutivo rispetto a quello dell’amministrazione, esercitandosi un sindacato di merito al di fuori dei casi tassativi previsti dall’art. 134 Cod. proc. amm.: in tal senso cfr. Cons. di Stato, V, 4 dicembre 2017, n. 5704, relativa ad un caso inerente proprio l’ammissione alla gara, con sottostante giudizio di affidabilità da parte della stazione appaltante, dell’operatore malgrado l’illecito antitrust accertato con sentenza non passata in giudicato nei suoi confronti).
Passando all’esame degli appelli principali, il Collegio ha poi affermato quanto segue.
1) il concorrente non ha l’obbligo di dichiarare in gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c) l’anticipata risoluzione d’un precedente contratto d’appalto che sia derivata da inadempimento ascrivibile ad altro operatore economico, riunito in raggruppamento con la concorrente medesima.
In tal senso, d’altronde, il Collegio ha osservato come, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale (relativo ad una gara indetta sotto la vigenza del precedente codice, ma applicabile anche nel vigore del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), “non può essere esclusa da una gara d’appalto un’impresa laddove la risoluzione contrattuale di un precedente contratto con una diversa amministrazione appaltante sia conseguente all’inadempimento imputabile ad altro operatore del raggruppamento temporaneo (Cons. Stato, V, 28 settembre 2015, n. 4512, 26 giugno 2015, n. 3241). In caso contrario il giudizio di affidabilità professionale dell’operatore economico riposerebbe irragionevolmente su fatti ad esso non ascrivibili” (Cons. di Stato, 4 dicembre 2017, n. 5704).
Soluzione questa che si impone all’interprete anche in relazione al tenore letterale della disposizione in rassegna, “…che fa specifico riferimento al comportamento dell’operatore economico che “si è reso colpevole di gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la sua integrità e affidabilità”, ciò implicando che l’illecito deve essere commesso dal concorrente e ad esso deve essere ascrivibile in quanto relativo a proprie precedenti vicende professionali…” (Cons. di Stato, V, 3 settembre 2018, 5142).
2) premessa la pacifica distinzione operata dalla giurisprudenza fra avvalimento c.d. di garanzia ed avvalimento operativo (cfr. Cons. Stato, III, 7 luglio 2015 n. 3390; 17 giugno 2014, n. 3057), nel primo caso (avvalimento di garanzia), la giurisprudenza costantemente afferma il principio secondo cui, avendo esso ad oggetto l’impegno dell’ausiliaria a garantire con proprie risorse economiche l’impresa ausiliata, non è necessario che nel contratto siano specificatamente indicati i beni patrimoniali o gli indici materiali della consistenza patrimoniale dell’ausiliaria, essendo sufficiente che essa si impegni a mettere a disposizione dell’ausiliata la sua complessiva solidità finanziaria e il suo patrimonio di esperienza (cfr. con specifico riguardo al requisito del fatturato globale o specifico, Cons. Stato, V 30 ottobre 2017, n. 4973; III, 11 luglio 2017, n. 3422; V, 22 dicembre 2016, n. 5423; III, 17 novembre 2015, n. 5703; III, 4 novembre 2015, nn. 5038 e 5041).
E ciò, diversamente da quanto avviene per l’avvalimento operativo, in relazione al quale è imposto alle parti di indicare nel contratto i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto con la precisazione, di cui a Cons. Stato, Ad. plen., 4 novembre 2016, n. 23, per cui: “l’articolo 88 del d.P.R. 207 del 2010, per la parte in cui prescrive che il contratto di avvalimento debba riportare “in modo compiuto, esplicito ed esauriente […] le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”, non legittim[a] né un’interpretazione volta a sancire la nullità del contratto a fronte di un oggetto che sia stato esplicitato in modo (non determinato, ma solo) determinabile, né un’interpretazione volta a riguardare l’invalidità del contratto connessa alle modalità di esplicitazione dell’oggetto sulla base del c.d. ‘requisito della forma-contenuto’.”.
3) la questione della determinabilità dell’oggetto del contratto – oggi ai sensi dell’art. 89 d.lgs. n. 50 del 2017 e succ. mod.- va risolta evitando di incorrere in aprioristici schematismi concettuali e considerando che “la messa a disposizione della capacità tecnica richiesta, in caso di avvalimento c.d. tecnico od operativo, avviene attraverso lo strumento contrattuale di diritto civile, la cui determinatezza o determinabilità, ai sensi dell’art. 1346 cod. civ., va valutata tenendo conto che per oggetto del contratto deve intendersi l’insieme delle prestazioni dedotte in contratto, non (solo) l’oggetto (materiale) di queste prestazioni” (in tal senso Cons. di Stato, V, 19 luglio 2018, n. 4396) e che, come chiarito dalla Adunanza plenaria (con sentenza 4 novembre 2016, n. 23), l’indagine in ordine agli elementi essenziali di questa tipologia di avvalimento “deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale” e in particolare secondo i canoni enunciati dal codice civile di interpretazione complessiva e secondo buona fede delle clausole contrattuali (artt. 1363 e 1367 cod. civ.);
4) ciò chiarito, il Collegio – ritenuto che nel caso di specie ricorresse un’ipotesi di avvalimento c.d. di garanzia, essendo corretta la qualificazione operata dal primo giudice di avvalimento c.d. operativo (avendo l’avvalimento ad oggetto il requisito di capacità tecnica relativo allo svolgimento di “servizi analoghi effettuati negli ultimi tre anni decorrenti dalla data di pubblicazione del bando, come da specifico elenco prodotto, tali che la somma dei relativi importi sia non inferiore ad un valore pari a euro 6.000.000,00”, richiesto dal disciplinare di gara, a dimostrazione dell’esperienza necessaria per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità, secondo quanto previsto dall’art. 83, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016) – ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui (proprio con riferimento al requisito del fatturato specifico pregresso per rapporti analoghi, inteso come requisito di capacità tecnica), “..l’avvalimento di un tale requisito di natura tecnica non può essere generico (e cioè non si può limitare, come nella specie, ad un richiamo ‘meramente cartaceo o dichiarato’ allo svolgimento da parte dell’ausiliaria di attività che evidenzino le sue precedenti esperienze), ma deve comportare il trasferimento, dall’ausiliario all’ausiliato, delle competenze tecniche acquisite con le precedenti esperienze (trasferimento che, per sua natura, implica l’esclusività di tale trasferimento, ovvero delle relative risorse, per tutto il periodo preso in considerazione dalla gara). Ragionando diversamente, il contratto di avvalimento avrebbe, nel caso di specie, un contenuto totalmente astratto. […]. In sostanza, ritiene il Collegio che il “prestito” del requisito in esame ha un significato solo se il relativo contratto prevede i modi – che possono essere diversi, a seconda delle circostanze, dall’affitto d’azienda alla messa a disposizione della dirigenza tecnica, ovvero alla predisposizione di un programma di formazione del personale o altro elemento comunque valutabile dalla stazione appaltante – perché l’esperienza dell’impresa ausiliaria si possa considerare effettivamente trasferita all’impresa ausiliata” (così testualmente Cons. Stato, V, 23 febbraio 2015, n. 864; cfr. anche Cons. Stato, III, 5 luglio 2017, n. 3328).
E ciò, rammentandosi altresì come, proprio con riguardo all’avvalimento di requisiti di capacità tecnica e professionale, è stato anche più volte precisato che la specifica indicazione dei mezzi aziendali messi a disposizione per l’esecuzione dell’appalto è necessaria a pena di esclusione: i mezzi, il personale, il know-how, la prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti in relazione all’oggetto dell’appalto ed ai requisiti per esso richiesti dalla stazione appaltante sono indispensabili per rendere determinato l’impegno dell’ausiliario tanto nei confronti di quest’ultima che del concorrente aggiudicatario (cfr., tra le altre, Cons. Stato, III, 3 maggio 2017, n. 2022; id., V, 4 novembre 2016, n. 4630), risultando l’indicazione contrattuale degli elementi in questione necessaria per definire l’oggetto dell’avvalimento ai sensi dell’art. 1346 cod. civ.; donde la nullità (strutturale) del contratto medesimo in base alla comminatoria dell’art. 1418, comma 2, cod. civ., laddove risulti impossibile individuare un’obbligazione assunta dall’ausiliario su un oggetto puntuale e che sia coercibile per l’aggiudicatario.