Iscrizione nel casellario informatico e sanzioni pecuniarie ANAC: quando sono illegittime ?

Published On: 25 Luglio 2018Categories: Appalti Pubblici e Concessioni, Tutele

Il Consiglio di Stato, con la decisione del 23 luglio 2018 n.4427, ha chiarito quali sono i rapporti fra l’esclusione disposta in gara per “falsa/omessa dichiarazione” (vertente sull’esistenza di alcuni pregiudizi penali) ed il successivo provvedimento sanzionatorio di competenza dell’ANAC, che dovesse essere emesso all’esito della segnalazione effettuata dalla Stazione appaltante.
Nella vicenda sottoposta all’esame del Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa – soggetta alla previgente disciplina normativa (artt. 6 e 38, comma 1 ter del decreto legislativo n. 163 del 2006 ed art. 8, comma 2, lett. s) del Regolamento di cui al d.P.R. n. 207 del 2010 – era avvenuto che la concorrente avesse omesso di menzionare la condanna in via definitiva a carico del legale rappresentante e del direttore tecnico (l’una ai sensi dell’art. 444 Cod. proc. pen., per violenza privata, l’altra un decreto penale per molestie telefoniche), venendo pertanto esclusa dalla gara.
A seguito della segnalazione effettuata dalla Stazione appaltante, l’ANAC riteneva di irrogare a carico della concorrente sanzione pecuniaria ed interdittiva (tenendo comunque conto, in sede di quantificazione della sanzione pecuniaria, “..della non incidenza sulla moralità professionale della condanna pretermessa e la definitività recente della condanna…”).
L’impugnativa spiegata avverso tale provvedimento dell’ANAC, respinta in  primo grado dal TAR Lazio, è stata infine accolta dal Consiglio di Stato il quale, con la sentenza qui segnalata, – dato “..per assunto l’obbligo dei concorrenti di allegare le condanne penali subite dagli amministratori delle società che presentano domanda di gara, perché non spetta loro il diritto di unilateralmente vagliarle: invero, incombe poi alla stazione appaltante vagliare gli illeciti commessi e riscontrarne l’entità, la gravità e soprattutto l’attinenza con la moralità professionale…”, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (ed oggi dell’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) e precisato che “..la segnalazione alle stazioni appaltanti delle condanne penali a carico di soggetti esponenziali delle concorrenti è per queste obbligatoria…” – ha poi chiarito che “..la legge .. non prevede un automatismo nell’esercizio dei conseguenti poteri dell’ANAC, tale per cui questa, ricevuta la segnalazione, debba sempre e comunque procedere all’irrogazione di sanzioni, soprattutto se di natura “reale” ovverosia inibitorie dell’attività di impresa…”.
Sul punto, il Consiglio di Stato ha invero precisato come, anche in tale procedimento sanzionatorio di competenza dell’ANAC, occorra “..– come del resto nello Stato di diritto è proprio di ogni procedimento autoritativo restrittivo – un’autonoma e motivata attività valutativa, di ordine tecnico-discrezionale, che – sulla base delle caratteristiche del fatto come accertato in sede penale in rapporto alla mancata sua esternazione in sede di gara – stimi se ciò debba comportare verso ogni pubblica amministrazione appaltante l’inaffidabilità morale dell’impresa: e su tale seria stima, stabilisca proporzionatamente i termini in cui applicare la misura…”.
Già per effetto del previgente art. 38, comma 1-ter, si tratta, dunque, “..di applicare una misura restrittiva che riguarda non il micro-mercato della singola gara e del figurato conseguente contratto, dove l’omissione è avvenuta (e rispetto alla quale già l’esclusione disposta dalla stazione appaltante ha raggiunto l’effetto impeditivo), bensì il ben più ampio mercato generale di tutte le gare per contratti pubblici, in atto o future e per quel certo stabilito tempo…Il che è come dire che si incide sulla capacità settoriale di agire dell’impresa perché comunque presunta sospettabile di inaffidabilità morale in tema di gare pubbliche…”.
“A ben vedere”, continua il Supremo Consesso, viene in rilievo “.. una seria misura di prevenzione settoriale e generale de futuro, non già – malgrado l’invalso uso del termine – una vera e propria “sanzione” e de praeterito (che si aggiunge a quella irrogata nella giusta sede penale): in quanto tale, è coerente e proporzionato – e condizione di legittimità della stessa misura – che l’ANAC, in relazione alle sue funzioni istituzionali, valuti in concreto i ponderati termini per cui, in forza dei fatti accertati correlati all’omissione e in genere alle finalità proprie degli appalti pubblici, l’impresa va collocata in condizione presuntiva di indegnità a competere per ottenere comunque commesse pubbliche…”.
Ed ancora, “..proprio perché è misura de futuro e in via generale, non si tratta della medesima valutazione che presiede all’omissione in sede di gara, dove opera l’automatismo escludente dell’art. 38, comma 1, lett. c); ma di distinta fattispecie, benché conseguenziale, cioè quella dell’art. 38, comma 1-ter. Nel primo caso le conseguenze dell’omissione sono relative a quella singola gara; nel secondo al mercato in generale delle gare pubbliche. E se alla luce del primo aspetto l’omissione comporta senz’altro l’esclusione dalla gara (es. Cons. Stato, IV, 29 febbraio 2016, n. 834; V, 12 ottobre 2016, n. 4219), non è detto anche che alla luce del secondo debba sempre e comunque comportare l’iscrizione nel casellario informatico con le inerenti conseguenze escludenti…”.
Alla luce di tali coordinate, pertanto, il Collegio ha ritenuto che, nello specifico, le condanne non menzionate in sede di gara dalla concorrente non integrassero nessuno dei reati specifici indicati dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, né fossero riconducibili alla clausola di chiusura, contenuta nella medesima disposizione, con riferimento ai reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidano sulla moralità professionale (potendosi financo dubitare che esse fossero ex se causa escludente dalla pubbliche gare).
E che in ogni caso, sia dalle disposizioni di cui all’art. 6, comma 5, d.lgs. n. 163 del 2006, all’art. 8 d.P.R. n. 207 del 2010 ed all’art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163, sia “..da quelle in generale sui compiti dell’ANAC..”, nonché dalla sua stessa ratio istitutiva, “..si desume che essa irroga le misure di iscrizione sul casellario dinanzi a comportamenti, nel caso specifico di omesse dichiarazioni, in considerazione della gravità e della rilevanza dei fatti che hanno distinto la falsa dichiarazione: ma non può limitarsi ad adottare tali misure comunque in tutti i casi di omissioni quasi in via automatica, indipendentemente da un apprezzamento in concreto in riferimento a quelle finalità..”.
Questo implica che l’irrogazione della misura ad effetto generale in questione, vada sempre “…concretamente apprezzata e motivata in relazione alle inosservanze e al loro intrinseco, e non solo formale, rilievo: sicché vi si deve dar corso solo se ragionatamente si individua una relazione con l’effetto interdittivo nella gravità e rilevanza dei fatti in rapporto all’omissione…”.
In mancanza di una puntuale motivazione sui superiori elementi, il provvedimento sanzionatorio adottato dall’ANAC è illegittimo.

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Published On: 25 Luglio 2018

Il Consiglio di Stato, con la decisione del 23 luglio 2018 n.4427, ha chiarito quali sono i rapporti fra l’esclusione disposta in gara per “falsa/omessa dichiarazione” (vertente sull’esistenza di alcuni pregiudizi penali) ed il successivo provvedimento sanzionatorio di competenza dell’ANAC, che dovesse essere emesso all’esito della segnalazione effettuata dalla Stazione appaltante.
Nella vicenda sottoposta all’esame del Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa – soggetta alla previgente disciplina normativa (artt. 6 e 38, comma 1 ter del decreto legislativo n. 163 del 2006 ed art. 8, comma 2, lett. s) del Regolamento di cui al d.P.R. n. 207 del 2010 – era avvenuto che la concorrente avesse omesso di menzionare la condanna in via definitiva a carico del legale rappresentante e del direttore tecnico (l’una ai sensi dell’art. 444 Cod. proc. pen., per violenza privata, l’altra un decreto penale per molestie telefoniche), venendo pertanto esclusa dalla gara.
A seguito della segnalazione effettuata dalla Stazione appaltante, l’ANAC riteneva di irrogare a carico della concorrente sanzione pecuniaria ed interdittiva (tenendo comunque conto, in sede di quantificazione della sanzione pecuniaria, “..della non incidenza sulla moralità professionale della condanna pretermessa e la definitività recente della condanna…”).
L’impugnativa spiegata avverso tale provvedimento dell’ANAC, respinta in  primo grado dal TAR Lazio, è stata infine accolta dal Consiglio di Stato il quale, con la sentenza qui segnalata, – dato “..per assunto l’obbligo dei concorrenti di allegare le condanne penali subite dagli amministratori delle società che presentano domanda di gara, perché non spetta loro il diritto di unilateralmente vagliarle: invero, incombe poi alla stazione appaltante vagliare gli illeciti commessi e riscontrarne l’entità, la gravità e soprattutto l’attinenza con la moralità professionale…”, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (ed oggi dell’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) e precisato che “..la segnalazione alle stazioni appaltanti delle condanne penali a carico di soggetti esponenziali delle concorrenti è per queste obbligatoria…” – ha poi chiarito che “..la legge .. non prevede un automatismo nell’esercizio dei conseguenti poteri dell’ANAC, tale per cui questa, ricevuta la segnalazione, debba sempre e comunque procedere all’irrogazione di sanzioni, soprattutto se di natura “reale” ovverosia inibitorie dell’attività di impresa…”.
Sul punto, il Consiglio di Stato ha invero precisato come, anche in tale procedimento sanzionatorio di competenza dell’ANAC, occorra “..– come del resto nello Stato di diritto è proprio di ogni procedimento autoritativo restrittivo – un’autonoma e motivata attività valutativa, di ordine tecnico-discrezionale, che – sulla base delle caratteristiche del fatto come accertato in sede penale in rapporto alla mancata sua esternazione in sede di gara – stimi se ciò debba comportare verso ogni pubblica amministrazione appaltante l’inaffidabilità morale dell’impresa: e su tale seria stima, stabilisca proporzionatamente i termini in cui applicare la misura…”.
Già per effetto del previgente art. 38, comma 1-ter, si tratta, dunque, “..di applicare una misura restrittiva che riguarda non il micro-mercato della singola gara e del figurato conseguente contratto, dove l’omissione è avvenuta (e rispetto alla quale già l’esclusione disposta dalla stazione appaltante ha raggiunto l’effetto impeditivo), bensì il ben più ampio mercato generale di tutte le gare per contratti pubblici, in atto o future e per quel certo stabilito tempo…Il che è come dire che si incide sulla capacità settoriale di agire dell’impresa perché comunque presunta sospettabile di inaffidabilità morale in tema di gare pubbliche…”.
“A ben vedere”, continua il Supremo Consesso, viene in rilievo “.. una seria misura di prevenzione settoriale e generale de futuro, non già – malgrado l’invalso uso del termine – una vera e propria “sanzione” e de praeterito (che si aggiunge a quella irrogata nella giusta sede penale): in quanto tale, è coerente e proporzionato – e condizione di legittimità della stessa misura – che l’ANAC, in relazione alle sue funzioni istituzionali, valuti in concreto i ponderati termini per cui, in forza dei fatti accertati correlati all’omissione e in genere alle finalità proprie degli appalti pubblici, l’impresa va collocata in condizione presuntiva di indegnità a competere per ottenere comunque commesse pubbliche…”.
Ed ancora, “..proprio perché è misura de futuro e in via generale, non si tratta della medesima valutazione che presiede all’omissione in sede di gara, dove opera l’automatismo escludente dell’art. 38, comma 1, lett. c); ma di distinta fattispecie, benché conseguenziale, cioè quella dell’art. 38, comma 1-ter. Nel primo caso le conseguenze dell’omissione sono relative a quella singola gara; nel secondo al mercato in generale delle gare pubbliche. E se alla luce del primo aspetto l’omissione comporta senz’altro l’esclusione dalla gara (es. Cons. Stato, IV, 29 febbraio 2016, n. 834; V, 12 ottobre 2016, n. 4219), non è detto anche che alla luce del secondo debba sempre e comunque comportare l’iscrizione nel casellario informatico con le inerenti conseguenze escludenti…”.
Alla luce di tali coordinate, pertanto, il Collegio ha ritenuto che, nello specifico, le condanne non menzionate in sede di gara dalla concorrente non integrassero nessuno dei reati specifici indicati dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, né fossero riconducibili alla clausola di chiusura, contenuta nella medesima disposizione, con riferimento ai reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidano sulla moralità professionale (potendosi financo dubitare che esse fossero ex se causa escludente dalla pubbliche gare).
E che in ogni caso, sia dalle disposizioni di cui all’art. 6, comma 5, d.lgs. n. 163 del 2006, all’art. 8 d.P.R. n. 207 del 2010 ed all’art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163, sia “..da quelle in generale sui compiti dell’ANAC..”, nonché dalla sua stessa ratio istitutiva, “..si desume che essa irroga le misure di iscrizione sul casellario dinanzi a comportamenti, nel caso specifico di omesse dichiarazioni, in considerazione della gravità e della rilevanza dei fatti che hanno distinto la falsa dichiarazione: ma non può limitarsi ad adottare tali misure comunque in tutti i casi di omissioni quasi in via automatica, indipendentemente da un apprezzamento in concreto in riferimento a quelle finalità..”.
Questo implica che l’irrogazione della misura ad effetto generale in questione, vada sempre “…concretamente apprezzata e motivata in relazione alle inosservanze e al loro intrinseco, e non solo formale, rilievo: sicché vi si deve dar corso solo se ragionatamente si individua una relazione con l’effetto interdittivo nella gravità e rilevanza dei fatti in rapporto all’omissione…”.
In mancanza di una puntuale motivazione sui superiori elementi, il provvedimento sanzionatorio adottato dall’ANAC è illegittimo.

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