Limiti all'annullamento in autotutela (in materia edilizia)

Published On: 14 Settembre 2018Categories: Edilizia, Urbanistica ed Espropriazioni, Tutele, Varie

Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 7 settembre 2018 numero 5277, torna a pronunciarsi, in aderenza al precedente orientamento già espresso dall’Adunanza Plenaria (sentenza 17 ottobre 2017, numero 8), sull’ambito di operatività e sui limiti che incontra il potere di annullamento in autotutela riservato all’amministrazione (con particolare riferimento alla materia edilizia).
I Giudici di Palazzo Spada, in particolare, hanno ribadito da un lato che tale potere non può essere meramente subordinato alla sussistenza di un generale interesse pubblico al “ripristino della legalità violata” (dovendo al contrario il suo esercizio essere espressamente circostanziato) e per altro verso negato la sussistenza di un “sempiterno potere di annullamento” (c.d. teoria dell’inconsumabilità del potere), che abiliti l’amministrazione ad agire in autotutela in ogni momento.
Stante la necessità di rispettare, nell’esercizio del potere di annullamento in autotutela, i limiti di cui si è detto, ne consegue che maggiore sarà il lasso temporale intercorrente tra il rilascio del provvedimento e l’esercizio dell’autotutela e più stringente sarà l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione medesima, dovendo essere puntualmente valutato se l’annullamento risponda ancora a un effettivo e prevalente interesse pubblico di carattere concreto e attuale.
In conclusione ed in applicazione dei suddetti principi, ad avviso del Supremo Consesso, i presupposti per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela, anche ove si tratti di intervenire – come nella fattispecie esaminata – su titoli edilizi, sono costituiti: a) dall’originaria illegittimità del provvedimento, b) dall’interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), c) da valutarsi tenendo conto delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari (anche alla luce dell’eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l’Amministrazione: cfr. Consiglio di Stato sentenza 29 marzo 2018, n. 1991).
Nel caso specifico, il Collegio ha ritenuto il comportamento della società appellata improntato a criteri di lealtà e chiarezza, e per converso negligente la condotta del Comune appellante che aveva lasciato decorrere un notevole lasso temporale – circa 10 anni – tra il rilascio dei titoli edilizi (nella specie due) oggetto della determinazione repressiva ed il loro annullamento, ed altri tre anni tra la comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento di annullamento in autotutela ed il successivo provvedimento finale. Il tutto senza peraltro fornire alcuna congrua motivazione e senza valutare la possibilità di annullare soltanto parzialmente i titoli edilizi, rilasciati al fine di contemperare le contrapposte esigenze recando il minore sacrificio possibile alla posizione giuridica del privato (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 816; sez. VI, 18 luglio 2017, n. 3524; sez. III, 28 luglio 2017, n. 3780).
 
 

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Limiti all'annullamento in autotutela (in materia edilizia)

Published On: 14 Settembre 2018

Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 7 settembre 2018 numero 5277, torna a pronunciarsi, in aderenza al precedente orientamento già espresso dall’Adunanza Plenaria (sentenza 17 ottobre 2017, numero 8), sull’ambito di operatività e sui limiti che incontra il potere di annullamento in autotutela riservato all’amministrazione (con particolare riferimento alla materia edilizia).
I Giudici di Palazzo Spada, in particolare, hanno ribadito da un lato che tale potere non può essere meramente subordinato alla sussistenza di un generale interesse pubblico al “ripristino della legalità violata” (dovendo al contrario il suo esercizio essere espressamente circostanziato) e per altro verso negato la sussistenza di un “sempiterno potere di annullamento” (c.d. teoria dell’inconsumabilità del potere), che abiliti l’amministrazione ad agire in autotutela in ogni momento.
Stante la necessità di rispettare, nell’esercizio del potere di annullamento in autotutela, i limiti di cui si è detto, ne consegue che maggiore sarà il lasso temporale intercorrente tra il rilascio del provvedimento e l’esercizio dell’autotutela e più stringente sarà l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione medesima, dovendo essere puntualmente valutato se l’annullamento risponda ancora a un effettivo e prevalente interesse pubblico di carattere concreto e attuale.
In conclusione ed in applicazione dei suddetti principi, ad avviso del Supremo Consesso, i presupposti per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela, anche ove si tratti di intervenire – come nella fattispecie esaminata – su titoli edilizi, sono costituiti: a) dall’originaria illegittimità del provvedimento, b) dall’interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), c) da valutarsi tenendo conto delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari (anche alla luce dell’eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l’Amministrazione: cfr. Consiglio di Stato sentenza 29 marzo 2018, n. 1991).
Nel caso specifico, il Collegio ha ritenuto il comportamento della società appellata improntato a criteri di lealtà e chiarezza, e per converso negligente la condotta del Comune appellante che aveva lasciato decorrere un notevole lasso temporale – circa 10 anni – tra il rilascio dei titoli edilizi (nella specie due) oggetto della determinazione repressiva ed il loro annullamento, ed altri tre anni tra la comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento di annullamento in autotutela ed il successivo provvedimento finale. Il tutto senza peraltro fornire alcuna congrua motivazione e senza valutare la possibilità di annullare soltanto parzialmente i titoli edilizi, rilasciati al fine di contemperare le contrapposte esigenze recando il minore sacrificio possibile alla posizione giuridica del privato (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 816; sez. VI, 18 luglio 2017, n. 3524; sez. III, 28 luglio 2017, n. 3780).
 
 

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