Linee Guida ANAC su affidamenti in house: per il Consiglio di Stato non c’è fretta
Dopo neanche un mese, la Sezione Consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato ha riscontrato la richiesta di parere (facoltativo) che ANAC aveva formulato sullo schema delle Linee guida (non vincolanti) relative alle «Indicazioni in materia di affidamenti in house di contratti aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture disponibili sul mercato in regime di concorrenza ai sensi dell’articolo 192, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i.» (di cui avevamo dato notizia qui).
E lo ha fatto con un parere – il n.1614 pubblicato lo scorso 07.10.2021 – che, effettivamente, è un “non parere”, nel senso che la Sezione, sia pure “nell’ottica di proficua cooperazione instauratasi da tempo” con l’Autorità Anticorruzione, ha ritenuto di sospendere (e rinviare) ogni ulteriore valutazione e considerazione nel merito contenutistico delle proposte Linee Guida e chiedere un ulteriore approfondimento preliminare da parte di ANAC.
La necessità d’un tale previo ed ulteriore approfondimento, ad avviso della Sezione Consultiva, deriva anzitutto da un sopravvenuto dato normativo che ANAC non avrebbe considerato né nel contesto delle proprie consultazioni (d’altronde svoltesi nel periodo febbraio-marzo 2021), né nelle successive relazioni e nelle Linee Guida sottoposte all’esame del Consiglio di Stato.
Si tratta, in particolare della disposizione speciale introdotta – dopo la chiusura delle consultazioni ANAC – dall’art. 10 del secondo decreto semplificazioni (DL 77/2021, convertito con modificazioni dalla legge 108/2021) e la quale, rileva la Sezione, «ha per un verso ampliato l’area applicativa del ricorso all’in house providing, autorizzando le amministrazioni interessate, al fine di “sostenere la definizione e l’avvio delle procedure di affidamento ed accelerare l’attuazione degli investimenti pubblici, in particolare di quelli previsti dal PNRR e dai cicli di programmazione nazionale e dell’Unione europea 2014-2020 e 2021-2027”, ad avvalersi, mediante apposite convenzioni, “del supporto tecnico-operativo di società in house qualificate ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, e, per l’altro verso, ha introdotto, nel comma 3, una disciplina ad hoc della motivazione del ricorso alla formula dell’in house in deroga al mercato, di cui all’art. 192, comma 2, in trattazione (“Ai fini dell’articolo 192, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la valutazione della congruità economica dell’offerta ha riguardo all’oggetto e al valore della prestazione e la motivazione del provvedimento di affidamento dà conto dei vantaggi, rispetto al ricorso al mercato, derivanti dal risparmio di tempo e di risorse economiche, mediante comparazione degli standard di riferimento della società Consip S.p.A. e delle centrali di committenza regionali”, testo così modificato dalla legge di conversione n. 108 del 2021)».
Ebbene, ad avviso della Sezione Consultiva, tale disposizione avrebbe meritato di essere tenuta presente da ANAC nel contesto delle adottande Linee Guida, tanto più che esse – proponendo, in una prospettiva volutamente sostanzialista, anche interpretazioni estensive del previgente dato normativo di riferimento – si innestano “in un contesto giuridico e istituzionale molto dinamico, soprattutto sotto la spinta urgente dello sviluppo e dell’attuazione del PNRR, del Piano nazionale per gli investimenti complementari e del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, ma anche, più in generale, sotto la spinta della ripresa economica seguente alla pandemia da covid-19”.
Al contempo, nota la Sezione, va considerato che “l’intero scenario normativo riferito alla materia dei contratti pubblici”, “pare in evoluzione”, come dimostrato “dalle numerose riforme, tutte rivolte nella direzione della semplificazione e dell’accelerazione delle procedure, succedutesi dal 2019 in avanti: dal decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, al decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, fino al già citato decreto-legge n. 77 del 2021, che reca un apposito Titolo IV dedicato ai Contratti pubblici”.
Aggiungendosi, “de jure condendo”, la necessità di tener conto del «recente disegno di legge AS 2330 di Delega al Governo in materia di contratti pubblici, presentato dal Governo al Senato in data 21 luglio 2021, con l’obiettivo (tra gli altri) di “assicurare il perseguimento di obiettivi di stretta aderenza alle direttive europee mediante l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse” (come recita il primo periodo della relazione a corredo di disegno di legge, corrispondente al primo dei principi e criteri direttivi di cui all’art. 1, comma 2)», ed il quale rende “verosimile” una ulteriore riforma, “in tempi ravvicinati”, delle stesse “prassi amministrative che ci si propone di cambiare con lo schema in oggetto, rinvenendo magari ancora un altro, diverso punto di equilibrio tra le esigenze di speditezza, celerità, efficienza ed efficacia operativa delle pubbliche amministrazioni nella realizzazione degli investimenti pubblici e le esigenze di promozione del mercato e della concorrenza, nonché di garanzia della trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa, assume, pertanto, in questo preciso momento storico, un rilievo del tutto strategico e centrale”.
D’altronde, osserva ancora la Sezione, va considerato anche – e per un verso – il carattere non obbligatorio, non imposto (e non vincolante) delle proposte Linee Guida, pur animate dalla condivisibile esigenza di “operare una messa a punto o un riassetto dello status quo dell’in house providing”; e per altro verso, il fatto che comunque “allo stato”, “l’istituto giuridico in questione appare piuttosto stabilizzato nell’elaborazione giurisprudenziale” (avendo, da ultimo, sia la Corte di giustizia sia la Corte costituzionale sostanzialmente confermato il vigente regime giuridico, senza evidenziare, nell’attuale disciplina, “problematiche talmente rilevanti da indurre inevitabilmente all’introduzione urgente di indirizzi non normativi ampliativi del campo applicativo dell’obbligo motivazionale”).
Insomma, non c’è fretta e c’è anzi il rischio di ingenerare una sorta di “corto circuito”, nell’impatto concreto che possa darsi sulla operatività delle amministrazioni.
A fronte di ciò, la Sezione ha quindi auspicato un ripensamento ed un approfondimento da parte di ANAC sulle questioni fatte oggetto di segnalazione, e sospeso – nelle more – l’iter per il rilascio del parere richiesto, suggerendosi anche l’eventuale acquisizione di informazioni “sulle prossime prospettive de iure condendo del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e della Presidenza del consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (che potrà se del caso consultare anche gli appositi organismi introdotti con il predetto decreto-legge n. 77 del 2021, quali la Segreteria tecnica presso la Presidenza del consiglio dei ministri e la “Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione”, costituita nell’ambito del predetto DAGL)”.