“One shot” provvedimentale e lode agli esami di maturità

Published On: 22 Marzo 2024Categories: Pubblica Amministrazione, Tutele

Il Tribunale Amministrativo della Campania, con sentenza del 19 febbraio 2024 numero 1176, nel decidere una controversia in materia di mancata attribuzione della lode agli esami di maturità, ha trattato il tema del cosiddetto one shot provvedimentale con una decisione che si caratterizza per una serie di ulteriori interessanti riflessioni sul tema della motivazione del provvedimento amministrativo e in particolare dei giudizi tecnico discrezionali.

Il caso concreto

Una studentessa aveva impugnato innanzi al TAR il verbale con cui la commissione per gli esami di stato di maturità gli aveva attribuito il voto finale di 100/100, senza tuttavia la lode.

Il TAR aveva accolto il ricorso, osservando che l’assolvimento dell’obbligo di motivazione, a prescindere dalla sussistenza di un’apposita norma di settore, si imponeva anche nell’adozione del provvedimento negativo di mancata concessione della lode (nella specie contrastante con un percorso scolastico contrassegnato “dal massimo dei voti assegnabili”).

La commissione esaminatrice, in esecuzione della sentenza, aveva emesso un nuovo verbale senza tuttavia attribuire la lode, così costringendo la studentessa ad adire nuovamente il TAR.

La decisione del TAR

Il TAR, con la sentenza in rassegna, accoglieva anche il secondo ricorso, sulla scorta delle seguenti considerazioni.

A) La prima riguarda gli elementi di cui si compone il giudizio e la relativa motivazione, rispetto alla quale il TAR osserva che:

  • in caso di possesso dei requisiti per ottenere la lode, il suo mancato riconoscimento deve essere sorretto da adeguata e specifica motivazione, la cui mancanza rischia di rendere ineffettivo il diritto alla tutela giurisdizionale inibendo la possibilità di sindacato, sia pure estrinseco, del giudizio con particolare riguardo ai criteri di buona fede, di trasparenza e logicità della decisione amministrativa. Pertanto non è sufficiente una negazione mera della lode, dovendo la commissione esplicitare le motivazioni che non hanno condotto all’attribuzione della lode;
  • ciò posto, secondo una indiscussa e condivisa sistemazione dottrinaria monografica sulla motivazione del provvedimento amministrativo, la motivazione deve consistere “nell’insieme dei fattori e nel discorso sui fattori”: pertanto, affinché sussista la motivazione, occorrono entrambi gli elementi ovvero “l’insieme dei fattori” che deve costituire la base, la causa ovvero la materia prima del giudizio – come di qualsivoglia giudizio – e il “discorso sui fattori”, ovvero la valutazione deduttiva degli elementi fattoriali costituenti la materia prima dalla quale, per effetto dell’intermediazione dell’elaborazione dianoetica, si forma il prodotto, in cui consiste il giudizio;

  • pertanto in presenza del prodotto ma non della materia prima da cui origina il giudizio, emerge una “grave patologia che affligge la motivazione del provvedimento, ossia la sua natura monca e claudicante, siccome orfana dei suoi fondamenti fattoriali (l’insieme dei fattori) costituenti la materia prima da cui solo può scaturire il prodotto, in cui consiste il giudizio”.

B) La seconda riguarda il rapporto tra giudicato di annullamento e divieto di integrazione postuma della motivazione, a tal proposito osservandosi che:

  • il perimetro fattuale e processuale del principio del divieto di motivazione postuma ha ad oggetto un giudizio pendente, atteso che tale divieto inibisce all’Amministrazione di introdurre ex post nel corso di un giudizio vertente su una già assunta determinazione, elementi e fattori motivazionali di quella determinazione, per giustificarne le ragioni a lite pendente, in tal guisa integrando il carente corredo motivazionale della determinazione sub iudice;
  • tuttavia, allorché il giudice abbia già pronunciato sulla determinazione amministrativa impugnata, annullandola – nella specie per difetto di motivazione – e quindi allorquando il giudizio non sia più pendente ma sia stato definito, si fuoriesce dal raggio operativo del divieto di motivazione postuma, il quale è temporalmente circoscritto al giudizio in corso e, oggettivamente, al provvedimento fatto oggetto del giudizio stesso con la proposizione del ricorso;
  • pertanto, non può parlarsi di motivazione postuma, invocandone il divieto, allorché sussista un giudicato che comporti il doveroso riesercizio della funzione amministrativa giudicata viziata per patologie della motivazione del provvedimento impugnato.

C) La terza riguarda il cosiddetto one shot provvedimentale, osservando il TAR a tal proposito che:

  • l’Amministrazione, investita dell’esercizio di un’attività rinnovatoria dal giudice, è titolata a porre in essere il riesercizio della funzione una sola volta, rieditando il potere amministrativo con adozione ex novo del provvedimento annullato ed esercitando una volta per tutte, ancora, la funzione amministrativa discrezionale regolatoria della fattispecie (c.d. one shot provvedimentale);
  • da ciò discende per un primo aspetto che rimane preclusa all’Amministrazione, durante tale nuova propaggine provvedimentale, la possibilità di sollevare profili non ancora esaminati, nonché per un secondo aspetto, che l’Amministrazione – allorquando pone in essere l’attività rinnovatoria conseguente al giudicato di annullamento – consuma definitivamente il proprio potere;
  • la ratio di tale assetto risiede nel “perseguimento delle istanze, di rilievo costituzionale, di certezza del diritto e di speditezza dell’azione amministrativa nonché di dovuta considerazione delle pronunce giurisdizionali, scongiurando il «rimpallo» della medesima vicenda provvedimentale tra giudice e P.A.”;
  • oggi, la teorica del c.d. one shot, trova il proprio fondamento anche a livello normativo nel disposto dell’art. 10-bis l. n. 241/1990, nella nuova formulazione risultante dopo le modifiche del decreto‐legge 16 luglio 2020 n. 76, conv. in l. 11 settembre 2020, n. 120, a tenore del quale “In caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato”;
  • seppure tale norma è dettata relativamente al provvedimento di diniego assunto dall’amministrazione per effetto del mancato accoglimento delle osservazioni presentate dall’interessato a seguito della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della sua istanza (c.d. preavviso di rigetto) purtuttavia essa, secondo il TAR, deve ritenersi espressiva del principio generale…che permea la teorica del one shot.

Il TAR, dunque, sulla base di tali princìpi, ha concluso che, avendo la commissione di esami ormai consumato il proprio potere, in esecuzione della ulteriore sentenza, “dovrà attribuire la lode alla candidata”.

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“One shot” provvedimentale e lode agli esami di maturità

Published On: 22 Marzo 2024

Il Tribunale Amministrativo della Campania, con sentenza del 19 febbraio 2024 numero 1176, nel decidere una controversia in materia di mancata attribuzione della lode agli esami di maturità, ha trattato il tema del cosiddetto one shot provvedimentale con una decisione che si caratterizza per una serie di ulteriori interessanti riflessioni sul tema della motivazione del provvedimento amministrativo e in particolare dei giudizi tecnico discrezionali.

Il caso concreto

Una studentessa aveva impugnato innanzi al TAR il verbale con cui la commissione per gli esami di stato di maturità gli aveva attribuito il voto finale di 100/100, senza tuttavia la lode.

Il TAR aveva accolto il ricorso, osservando che l’assolvimento dell’obbligo di motivazione, a prescindere dalla sussistenza di un’apposita norma di settore, si imponeva anche nell’adozione del provvedimento negativo di mancata concessione della lode (nella specie contrastante con un percorso scolastico contrassegnato “dal massimo dei voti assegnabili”).

La commissione esaminatrice, in esecuzione della sentenza, aveva emesso un nuovo verbale senza tuttavia attribuire la lode, così costringendo la studentessa ad adire nuovamente il TAR.

La decisione del TAR

Il TAR, con la sentenza in rassegna, accoglieva anche il secondo ricorso, sulla scorta delle seguenti considerazioni.

A) La prima riguarda gli elementi di cui si compone il giudizio e la relativa motivazione, rispetto alla quale il TAR osserva che:

  • in caso di possesso dei requisiti per ottenere la lode, il suo mancato riconoscimento deve essere sorretto da adeguata e specifica motivazione, la cui mancanza rischia di rendere ineffettivo il diritto alla tutela giurisdizionale inibendo la possibilità di sindacato, sia pure estrinseco, del giudizio con particolare riguardo ai criteri di buona fede, di trasparenza e logicità della decisione amministrativa. Pertanto non è sufficiente una negazione mera della lode, dovendo la commissione esplicitare le motivazioni che non hanno condotto all’attribuzione della lode;
  • ciò posto, secondo una indiscussa e condivisa sistemazione dottrinaria monografica sulla motivazione del provvedimento amministrativo, la motivazione deve consistere “nell’insieme dei fattori e nel discorso sui fattori”: pertanto, affinché sussista la motivazione, occorrono entrambi gli elementi ovvero “l’insieme dei fattori” che deve costituire la base, la causa ovvero la materia prima del giudizio – come di qualsivoglia giudizio – e il “discorso sui fattori”, ovvero la valutazione deduttiva degli elementi fattoriali costituenti la materia prima dalla quale, per effetto dell’intermediazione dell’elaborazione dianoetica, si forma il prodotto, in cui consiste il giudizio;

  • pertanto in presenza del prodotto ma non della materia prima da cui origina il giudizio, emerge una “grave patologia che affligge la motivazione del provvedimento, ossia la sua natura monca e claudicante, siccome orfana dei suoi fondamenti fattoriali (l’insieme dei fattori) costituenti la materia prima da cui solo può scaturire il prodotto, in cui consiste il giudizio”.

B) La seconda riguarda il rapporto tra giudicato di annullamento e divieto di integrazione postuma della motivazione, a tal proposito osservandosi che:

  • il perimetro fattuale e processuale del principio del divieto di motivazione postuma ha ad oggetto un giudizio pendente, atteso che tale divieto inibisce all’Amministrazione di introdurre ex post nel corso di un giudizio vertente su una già assunta determinazione, elementi e fattori motivazionali di quella determinazione, per giustificarne le ragioni a lite pendente, in tal guisa integrando il carente corredo motivazionale della determinazione sub iudice;
  • tuttavia, allorché il giudice abbia già pronunciato sulla determinazione amministrativa impugnata, annullandola – nella specie per difetto di motivazione – e quindi allorquando il giudizio non sia più pendente ma sia stato definito, si fuoriesce dal raggio operativo del divieto di motivazione postuma, il quale è temporalmente circoscritto al giudizio in corso e, oggettivamente, al provvedimento fatto oggetto del giudizio stesso con la proposizione del ricorso;
  • pertanto, non può parlarsi di motivazione postuma, invocandone il divieto, allorché sussista un giudicato che comporti il doveroso riesercizio della funzione amministrativa giudicata viziata per patologie della motivazione del provvedimento impugnato.

C) La terza riguarda il cosiddetto one shot provvedimentale, osservando il TAR a tal proposito che:

  • l’Amministrazione, investita dell’esercizio di un’attività rinnovatoria dal giudice, è titolata a porre in essere il riesercizio della funzione una sola volta, rieditando il potere amministrativo con adozione ex novo del provvedimento annullato ed esercitando una volta per tutte, ancora, la funzione amministrativa discrezionale regolatoria della fattispecie (c.d. one shot provvedimentale);
  • da ciò discende per un primo aspetto che rimane preclusa all’Amministrazione, durante tale nuova propaggine provvedimentale, la possibilità di sollevare profili non ancora esaminati, nonché per un secondo aspetto, che l’Amministrazione – allorquando pone in essere l’attività rinnovatoria conseguente al giudicato di annullamento – consuma definitivamente il proprio potere;
  • la ratio di tale assetto risiede nel “perseguimento delle istanze, di rilievo costituzionale, di certezza del diritto e di speditezza dell’azione amministrativa nonché di dovuta considerazione delle pronunce giurisdizionali, scongiurando il «rimpallo» della medesima vicenda provvedimentale tra giudice e P.A.”;
  • oggi, la teorica del c.d. one shot, trova il proprio fondamento anche a livello normativo nel disposto dell’art. 10-bis l. n. 241/1990, nella nuova formulazione risultante dopo le modifiche del decreto‐legge 16 luglio 2020 n. 76, conv. in l. 11 settembre 2020, n. 120, a tenore del quale “In caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato”;
  • seppure tale norma è dettata relativamente al provvedimento di diniego assunto dall’amministrazione per effetto del mancato accoglimento delle osservazioni presentate dall’interessato a seguito della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della sua istanza (c.d. preavviso di rigetto) purtuttavia essa, secondo il TAR, deve ritenersi espressiva del principio generale…che permea la teorica del one shot.

Il TAR, dunque, sulla base di tali princìpi, ha concluso che, avendo la commissione di esami ormai consumato il proprio potere, in esecuzione della ulteriore sentenza, “dovrà attribuire la lode alla candidata”.

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