Sanatoria giurisprudenziale degli abusi edilizi
La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, con la decisione n.5319 dello scorso 11 settembre 2018 che qui si segnala, ha riaffermato il superamento normativo, ad opera dell’art. 36 del D.P.R. n.380/2001 dell’istituto della c.d. sanatoria giurisprudenziale.
Sulla scorta dell’ormai consolidato orientamento formatosi sull’argomento (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 24 aprile 2018, n. 2496, e 20 febbraio 2018, n. 1087, con ulteriori richiami, comprensivi di arresti della Corte costituzionale), i Giudici di Palazzo Spada hanno infatti confermato come un tale istituto, di origine pretoria, debba considerarsi ormai recessivo rispetto al chiaro disposto normativo vigente e ai principi connessi al perseguimento dell’abusiva trasformazione del territorio.
E ciò, nel senso che il permesso in sanatoria (rectius: l’accertamento di conformità) è ottenibile soltanto in presenza dei presupposti espressamente delineati dall’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, ossia a condizione che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento sia della realizzazione del manufatto, sia della presentazione della domanda, laddove invece con la ‘sanatoria giurisprudenziale’ verrebbe in rilievo un atto atipico con effetti provvedimentali praeter legem, i quali si collocherebbero al di fuori d’ogni previsione normativa.
Tale istituto – conclude il Collegio, con ciò respingendo l’appello del privato che sin dal primo grado aveva per l’appunto e vanamente invocato l’istituto della “sanatoria giurisprudenziale” – non trova, pertanto, fondamento alcuno nell’ordinamento positivo, contrassegnato invece dai principi di legalità dell’azione amministrativa e di tipicità e nominatività dei poteri esercitati dalla pubblica amministrazione, con la conseguenza che detti poteri, in assenza di espressa previsione legislativa, non possono essere creati in via giurisprudenziale, pena la violazione del principio di separazione dei poteri e l’invasione di sfere proprie di attribuzioni riservate alla pubblica amministrazione.